Un sacramento è per sempre di G.Borghi

Gilberto Borghi
www.vinonuovo.it

È entrato in classe con il foglio in mano, l’ha messo sulla cattedra e mi ha detto: “Visto prof? Non sono più cristiano”

Ecco. L’anno scorso me lo aveva accennato. Ma io, un po’ forse con sufficienza, l’avevo presa come una battuta. Anche perché non ero al corrente che invece alcune volte era già successo. Poi ieri si è presentato con il foglio in mano, con tanto di timbro della parrocchia e firma del parroco. Ovviamente fiero di poterlo esibire sotto il mio naso.

Era nato tutto da una frase che mi era uscita, non so come, in una lezione sui sacramenti e la Chiesa, ancora a maggio scorso. “Un sacramento è per sempre”, avevo detto, quasi a farlo come uno slogan. A dire il vero ora non ricordo bene dentro a quale contesto la frase mi era sembrata un modo per indicare che i sacramenti non sono solo riti esteriori, ma lasciano un segno, lasciano una traccia nell’anima della persona. Però forse agli orecchi di Gianluca la cosa non suonava molto bene. “No prof. – mi rispose allora -. Io ho chiesto al mio parroco di sbattezzarmi. E lui mi ha detto che si può fare”.

Ieri è entrato in classe col foglio in mano, l’ha messo sulla cattedra e ha detto: “Visto prof? Non sono più cristiano”. Gli ho sorriso, ho preso il foglio e ho letto: parrocchia tal dei tali. Su richiesta dell’interessato Gianluca Pincopallo (con relative generalità) si attesta la presa d’atto della sua intenzione di rinunciare ad appartenere alla Chiesa cattolica. Tale scelta viene pertanto trascritta nei libri verbali dei battesimi di questa comunità parrocchiale e si rilascia all’interessato copia certificata del presente atto, per ogni effetto di legge.

“Giangi – gli dico – è la prima volta che vedo una cosa del genere. Sono sorpreso”. “Beh prof. se uno diventa cristiano per scelta (frase mia, che gli riconosco in bocca!), potrà anche decidere di non esserlo più. O no?” “Certo, sono d’accordo – ribatto – ma essere cristiani non è appartenere ad un club a cui ci si iscrive o no. È coltivare una relazione con una persona, Dio. Nel momento in cui la relazione non la coltivi più non c’è neanche bisogno che qualcun’altro ti dichiari non cristiano, lo sei già di fatto”. “Eh no prof., mica vero. Io voglio che sia chiaro che con certa gente non ci voglio avere a che fare. Per questo ho chiesto il certificato”. “Vuoi dire che la tua scelta è legata al fatto che nella Chiesa ci sono persone, secondo te indegne, con cui non ti vuoi confondere? Questo lo posso capire. Ma essere di Chiesa vuol dire credere nel Dio di Gesù Cristo e cercare una relazione con Lui. Di questo a te frega nulla?”.

“Non è questa la faccenda prof. Io posso anche continuare a sperare che qualcuno o qualcosa ci sia di là. Ma di sicuro, se c’è, non può avere a che fare con persone così false e doppie come i preti che ho conosciuto io. E se una Chiesa, qualunque sia, tiene dentro di sé queste persone non può certo essere quella che parla di Dio. Insomma io credo che Dio sia una cosa molto seria. Forse molto più seria di quanto i preti di solito lo fanno sembrare”. “Ah, quindi te ne vai dalla Chiesa perché i peccati di alcuni, la loro poca fede e bassa testimonianza, non si addicono all’idea così alta che tu hai di Dio?” “Non lo so – risponde – se ho un’idea così alta di Dio. Ma lei prof. ci sta così bene dentro ad una Chiesa che fa delle robe così terribili?” “Tipo che?”, gli chiedo. ” Ma si, lo sa prof., i preti con bambini, i soldi, dire una cosa e farne un’altra, cercare di sfruttare la politica, pretendere che tutti stiano con delle regole di duemila anni fa. Dai lo sa anche lei!”

“Io sto bene con Gesù – rispondo – il resto è una conseguenza”. “Che cosa vuol dire una conseguenza?”. “Vuol dire, Giangi, che io quando prego e cerco un rapporto con Dio, mi sento io per primo di non essere perfetto. E di dover dirgli tutte le volte: Signore, sono un bestia! Perdonami. È questo che mi fa sentire bene con Dio, perché so che se sono sincero, lui davvero mi prende come sono. Anche io le vedo quelle cose che tu dici, nella Chiesa, anzi, potrei anche dirtene di più. Ma proprio perché mi riconosco anche io un mezzo delinquente davanti a Dio non credo di essere così perfetto da potermi permettere di decidere chi può stare dentro e chi no, nella Chiesa.

La chiesa è la casa di tutti quelli che provano a credere nel Dio che Cristo ci ha raccontato, nonostante tutto. Ma chi è davvero che può dire io sono meglio degli altri? In fondo, Gianluca, anche dentro di te resta la voglia di essere perfetto come la Chiesa chiede a tutti di esserlo, anzi dici di andartene proprio per questo!”. “No prof. non rigiri la frittata”. “Non rigiro nulla, lo dici tu stesso. Se la Chiesa fosse più vera non te ne saresti andato. Perciò tu continui a credere a quella verità, più di quanto vuoi lasciare intendere!”

Perché se ne vanno? Quelli come Gianluca, dico. E se fosse che Dio ce li mette sul cammino come forma impazzita di testimonianza? Non so perché, ma quando sono uscito dall’aula avevo in testa Salmo 68,10: “Mi divora lo zelo per la tua casa”.