Italia cattolica e incivile di M.Vigli

Marcello Vigli
www.italialaica.it

I gravi episodi di illegalità di queste ultime settimane, pur diversi e di diversa gravità, suggeriscono una riflessione sulle reazioni della pubblica opinione, la cui conoscenza, diretta e priva di ogni mediazione giornalistica, è resa possibile dall’uso sempre più diffuso degli strumenti informatici che ne favoriscono la rapida e ampia esternazione.

Pur nella consapevolezza del loro valore limitato, per i “piccoli numeri” di dati così raccolti, le impressioni che se ne derivano si possono assumere come sintomi e testimonianze abbastanza attendibili della sensibilità sociale

Qualcuno, alla notizia che a Napoli un clandestino, sbarcato da poco, ha stuprato una volontaria in un centro di accoglienza per immigrati e che solo l’intervento della polizia lo ha salvato dal linciaggio, reagisce scrivendo su face book : dovevano lasciarlo alla folla inferocita, cosi anche gli altri avrebbero capito che qui al Sud non si scherza con queste cose. Poi aggiunge un consiglio se volete abusare andate a Montecitorio o palazzo Madama la ci sono le signorine avvenenti del PD hai voglia di abusare. A seguire un altro scrive Io gli darei gratis un biglietto sul frecciarossa per andare a Montecitorio a scoparsi la Boldrini.

Più “politico” il commento di un professionista-avvocato: Se ci fosse stato lui, li avrebbe affondati tutti i barconi. Purtroppo gente lui non c’è in giro.

Altrettanto indicative le centinaia, per di più in continuo aumento, di “mi piace” immediatamente seguiti al post apparso sulla pagina Facebook di Cosimo Pagnani, che aveva ucciso a coltellate l’ex moglie: Sei morta troia. Possono essere letti come : Un coro di approvazione a conferma che la logica del delitto d’onore è ancora viva e radicata.

Una colpevole indisponibilità dei cittadini a collaborare è, invece, denunciata dai magistrati che stanno indagando sia sulla scomparsa a Sora dell’insegnante d’inglese Gilberta Palleschi, sia sull’efferata uccisione del piccolo Andrea Loris Stival a Santa Croce Camerina in provincia di Ragusa. Il procuratore di questa città, Carmelo Petralia, ha dichiarato: Abbiamo lanciato diversi segnali alla popolazione e con mio stupore non è arrivata alcuna segnalazione”.

Il silenzio omertoso, certo meno grave che congratularsi con un assassino, è anch’esso sintomo di asocialità.

Lo è ancor più l’apertura della “cupola” tra politica, mafia ed ex pezzi dell’eversione di destra e della criminalità che costituiva una holding di affari sporchi nella capitale: 37 persone sono state arrestate nell’ambito di una inchiesta su un vero e proprio sodalizio di stampo mafioso a Roma.

Oltre i cento indagati nella maxi inchiesta, sono responsabili anche le migliaia di cittadini che hanno a suo tempo votato i politici coinvolti facendo conto, in cuor loro, sulla disponibilità degli stessi a piegare la legalità anche a loro favore. Certo ben pochi di loro erano consapevoli dell’ampiezza della cupola sotto la quale andavano a rifugiarsi e quindi sincero è lo scandalo dei più dopo la sua apertura.

Anni di malgoverno, svilimento del Parlamento, delegittimazione della magistratura, asservimento dei media, degrado della funzione formativa della scuola, difficoltà del sistema sanitario, possono essere invocati a spiegare la crisi di quel sistema istituzionale che della legalità deve essere promotore e custode.

Ma in democrazia la crisi delle Istituzioni ha le sue radici nella cosiddetta società civile, tanto invocata come alternativa ad esse, in cui non mancano cittadini-sovrani che solidarizzano con gli assassini o si rifugiano nell’omertà.

C’è quindi un intreccio di responsabilità che coinvolge anche gruppi, associazioni, media e istituzioni che ne esprimono le istanze, ma al tempo stesso ne influenzano e condizionano i comportamenti.

Molte di queste realtà associative, dalle Chiese ai Centri culturali, dalle cooperative ai Centri sociali, dalle associazioni di volontariato sociale a quelle assistenziali costituiscono, in verità, sull’intero territorio nazionale un tessuto vitale di coesione e solidarietà in grado di resistere alle spinte eversive costituendo di fatto quello zoccolo duro che impedisce la disgregazione.

C’è da interrogarsi sull’insufficienza del loro contrasto alla pretesa di privilegi, alle prevaricazioni degli interessi costituiti, alle chiusure corporative.

In particolare, perché non si afferma quel primato della solidarietà che trova le sue radici nell’evangelico amore del prossimo in un Paese che a grande maggioranza si riconosce nel comandamento che lo propone? C’è una responsabilità di chi lo predica?

Senza ovviamente pretendere di offrire una comoda soluzione al problema della diffusione dell’illegalità, si può ipotizzare che potrebbe contribuire a cercarla una gerarchia cattolica meno protesa a qualificarsi per la difesa dei valori irrinunciabili e più impegnata a predicare onestà, rispetto delle leggi, solidarietà.

L’interrogativo ha oggi un suo fondamento di realtà perché papa Francesco sfida i vescovi, italiani e non solo, a intraprendere la seconda via.

Gli si offre in questi giorni una buona occasione per render più efficace la sua proposta.

È a tutti noto che per la prima volta lo Stato italiano, attraverso i magistrati della Corte dei conti, ha messo in discussione la parte più aberrante della normativa sull’otto per mille: la ri-distribuzione della parte per la quale dai contribuenti non sono state espresse opzioni.

Il papa, vescovo di Roma, potrebbe autorevolmente proporre alla Conferenza episcopale italiana di rinunciare spontaneamente, come da tempo chiedono i cattolici di base, a quella ri-distribuzione.

La rinuncia alla cospicua parte di milioni, che ne ha fin qui ricavato, renderebbe la Chiesa italiana avviata più concretamente sulla via di quella povertà, che lui stesso da tempo indica come essenziale per il suo rinnovamento.