La laicità nel discorso di Mattarella, la denuncia della cultura laicista e il silenzio sui preti pedofili nel Consiglio Episcopale Permanente di V.Bellavite

Vittorio Bellavite
coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa”

Nello stordimento mediatico di questi giorni sono stati praticamente ignorati fatti che interessano da vicino chi si occupa, come noi, da vicino delle cose che interessano la nostra Chiesa, anche per quanto riguarda i loro riflessi con la situazione politica e sociale del paese.

Discorso di Mattarella

Il primo fatto riguarda il discorso di insediamento di Mattarella. Chi si ricordava il profluvio di belle ed enfatiche parole di Napolitano, nei suoi interventi, a proposito della Chiesa e dei rapporti Stato/Chiesa era in attesa di sapere con una qualche ansia quanto il nuovo Presidente avrebbe detto in proposito. Trascuro l’evidente presenza nel discorso della sua sensibilità cattolico- democratica nel sottolineare i tanti aspetti progressisti della Costituzione. Di ciò non si può dire che bene. Mi aspettavo però una qualche enfasi, magari sottotono, sul ruolo della Chiesa e sulla bontà degli accordi concordatari, un qualche riconoscimento e un qualche appello a collaborare nella crisi. Niente di niente di tutto questo. Mattarella , parlando della corruzione, ha solo citato papa Francesco “che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi”. Punto e basta. Diciamolo pure, è stato un modello di laicità che dobbiamo apprezzare, espresso sobriamente secondo uno stile che pare caratterizzarlo. Dopo tante sbornie clericoconsociative del lontano e recente passato, dopo tante invasioni di campo, protagoniste entrambe le due sponde del Tevere, non si può che essere contenti. Qualsiasi laico non avrebbe fatto meglio. Ma gli esponenti della cultura laica di ciò non si sono accorti. Ci sono ora le premesse per una nuova laicità in cui discutere serenamente di questioni aperte. Ne ricordo solo una: la mancanza di una legge sulla libertà religiosa per tutte le religioni.

I vescovi riuniti a Roma

Il secondo fatto passato sotto silenzio è stato, settimana scorsa, la riunione trimestrale del Consiglio Episcopale Permanente. E’ composto dalla trentina di vescovi che dovrebbero guidare la CEI, fortemente diretti prima da Ruini ed ora, poco di meno, da Bagnasco. Vi sono state discusse le prossime tappe del mondo cattolico italiano, dall’assemblea dei vescovi di maggio al rinnovo delle Commissioni episcopali, al questionario per il sinodo di ottobre, all’ Incontro ecclesiale di Firenze di novembre fino alla convocazione per il 2017 a Cagliari della settimana sociale. Sono scadenze e iniziative importanti che forse riusciranno a indicare se qualcosa si muove nel vertice ecclesiastico nella direzione del magistero di papa Francesco o se, invece , continuerà, come mi sembra sia avvenuto in questi ultimi due anni, lo stordimento, spesso infastidito, per le novità del nuovo corso in Vaticano e quindi la continuità dell’ordinaria amministrazione quando non una sorda ostilità al cambiamento di chi non vuole capire.

Il gender

Senza entrare ora nel merito di tutte queste iniziative mi sembra necessario ragionare sul rilancio della campagna contro la cosidetta ideologia del gender. Sulla base di una improvvisazione di papa Francesco di ritorno dalle Filippine, essa è stata ripresa dal Card. Bagnasco, il quale non è andato troppo per il sottile ed ha, ancora una volta, demonizzato esplicitamente i fascicoli dell’Istituto A.T.Becker sponsorizzati a suo tempo dall’Ufficio Antidiscriminazione del Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio in funzione antiomofoba e antibullismo. Ho letto questi fascicoletti che sono destinati agli insegnanti e che dovrebbero essere utilizzabili nelle scuole con le modalità che i genitori e gli insegnanti ritengano più opportune. Mi sono sembrati corretti e- suppongo-anche efficaci. La campagna contro il gender è attivata da tutta l’area più arretrata e conservatrice del mondo cattolico. La questione è molto seria e “Noi Siamo Chiesa” vuole affrontarla a breve con molto impegno e prudenza. Mi sembra che i vescovi-alcuni vescovi-abbiano sempre bisogno di qualche avversario per crearsi identità e per coltivare il proprio comodo vittimismo.

La cultura “laicista”all’attacco della Chiesa

Voglio infine segnalare una cosa stupefacente contenuta nel comunicato finale del Consiglio Permanente diffuso venerdì 30. Dopo aver parlato del gender esso continua affermando che una tale cultura “non riconosce i benefici derivanti alla collettività dalla presenza e dalle opere della Chiesa, una cultura che mette in discussione il sistema dei rapporti istituzionali, tendendo a ricondurre il fenomeno religioso al diritto comune”. Mi domando se i vescovi-almeno quelli del Consiglio Permanente- si rendono conto di quello che scrivono e se rileggono quello che hanno scritto. Essi, in sostanza, accusano la solita “cultura laicista”di non riconoscere la presenza sociale delle opere ecclesiastiche e di voler incrinare i rapporti tra Stato e Chiesa.
Ma siamo seri, c’è forse ora in Italia chi vuole davvero abolire il Concordato e mortificare la Chiesa, disconoscendo quanto fa per le nuove povertà, per gli immigrati ecc…? Mentre un cattolico dichiarato viene eletto Presidente della Repubblica con vasto consenso? E mentre c’è un cattolico Presidente del Consiglio che non fa mistero che l’ipotizzato “partito della nazione” debba tenere in gran conto il senso comune cattolico? E tutto ciò nel paese dell’ottopermille, anche questo da nessuno messo in discussione !
La convinzione che ci sia un complotto laicista (o qualcosa del genere) è rassicurante, identitaria, facile e comoda, fondata su un vittimismo costruito sul niente. Più difficile è guardare al proprio interno, cercare di autoriformarsi pensando, per esempio, a cosa potrebbe essere una Chiesa povera e dei poveri oggi in Italia, cercare di affrontare i difficili temi etici imposti dai progressi della scienza con spirito di dialogo e di mediazione. Ciò non si fece ai tempi del divorzio e della 194, spaccando il mondo cattolico. C’è proprio bisogno di rilanciare qualcosa che richiama i famosi “valori non negoziabili”? E intanto il vertice dei nostri vescovi , che giustamente denuncia la crisi sociale, non sembra in alcun modo predisporsi, nell’incontro di tutta la Chiesa italiana del prossimo novembre a Firenze, a discutere a fondo in modo autocritico delle compiacenze ecclesiastiche (é un eufemismo!) nei confronti di chi ha governato il paese per vent’anni.

La pedofilia in Italia

Ultimo punto. “Noi Siamo Chiesa” tre o quattro volte all’anno dice la sua sul silenzio dei vescovi sui casi di pedofilia dei preti in Italia. Ogni volta per ripetere in modo monotono che la situazione da noi non è diversa da quella degli altri paesi, che i vescovi non vogliono riconoscere ciò, che non fanno niente di simile a quanto stanno cercando di fare i vescovi nel nordeuropea istituendo dei soggetti indipendenti che ascoltino le vittime e che si rapportino poi con le curie diocesane e la magistratura. La cronaca riporta con intensità crescente notizie su situazioni di clero pedofilo diffuse in tutta Italia. Va sempre tutto bene? Dopo le troppe esperienze negative del passato, l’unica cosa possibile per le vittime è solo e sempre quella di rivolgersi, come dicono i documenti della CEI, al proprio vescovo per sentirsi dire di stare zitti e vedere poi il prete pedofilo trasferito in un’altra parrocchia o riciclato in altro modo? Mi sembra che il Consiglio Episcopale di queste cose scomode preferisca non parlare, convinto che ormai tutto è stato detto. L’altro ieri papa Francesco ha inviato su questa questione una lettera ai vescovi e agli ordini religiosi di tutto il mondo, in cui parla chiaro e non nasconde una certa insoddisfazione per come vanno le cose. Per esempio: “Non potrà, pertanto , venire accordata priorità ad altro tipo di considerazioni, di qualunque natura esse siano, come ad esempio il desiderio di evitare lo scandalo”. Appunto, il timore dello scandalo è ciò che ha indotto i vescovi a chiedere il silenzio alle vittime. Questo è quanto è avvenuto dovunque nel nostro paese e per decenni. L’ “Avvenire” apre ieri la prima pagina con “Lotta alla pedofilia. La Chiesa non si ferma” e in un editoriale si parla di “silenzio complice di chi doveva intervenire”. Parole ipocrite ancora una volta?

Roma, 7 febbraio 2015