Questa chiesa non s’ha da fare di C.Geymonat

Claudio Geymonat
www.riforma.it

Proprio il 27 gennaio, Giorno della Memoria, la Lombardia diventa la prima regione italiana ad approvare una legge che limita, con disposizioni urbanistiche particolarmente rigide, l’edificazione di nuovi luoghi di culto. Un tuffo nel passato più scuro, che va a ledere diritti costituzionali in nome di motivazioni per lo più di ordine pubblico, proprio in tempi in cui il dialogo e lo scambio religioso appaiono come il solo antidoto all’odio oltranzista che da troppe parti viene coltivato.

In sostanza, con la nuova normativa, ribattezzata frettolosamente anti moschee, sarà molto più complicato per le varie comunità religiose procedere all’apertura di nuovi edifici religiosi (siano essi conversione di abitazioni già esistenti o nuove costruzioni): sono richieste installazioni di sistemi di videosorveglianza, la creazione di una metratura almeno doppia rispetto all’edificio di culto, la distanza minima fra un edificio e l’altro e, infine, la possibilità per i cittadini di porre il veto all’esistenza della struttura stessa. Certo che la legge, fortemente voluta dalla maggioranza politica della regione, a guida leghista, ha il chiaro intento di offrire agli elettori del Carroccio un segnale di attenzione alla questione immigrazione, e alle presunte derive terroristiche che esso porterebbe con sé. Ma al di là dell’assunto assurdo, va a inficiare la libertà religiosa di tutte le altre confessioni, abbiano esse Intese o meno con lo Stato italiano.

L’approvazione della legge ha scatenato le reazioni di molte comunità del nostro paese: fra i primi a intervenire il pastore Massimo Aquilante, presidente della Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, che parla di «una grave ferita per la democrazia, per la convivenza civile e per la prima delle libertà, quella di religione e di coscienza. La sola verità è che con questa mossa demagogica la Regione intende cavalcare i sentimenti anti-islamici seguiti agli attentati di Parigi e alimentare i pregiudizi contro le numerose comunità religiose non cattoliche attive e radicate in Lombardia». «Come evangelici – prosegue Aquilante – denunciamo questa strategia dell’intolleranza e attendiamo con fiducia il giudizio di costituzionalità su norme che violano fondamentali diritti di libertà». Islamici ed evangelici appaiono i più colpiti, proprio per il particolare dinamismo che caratterizza le loro comunità, rinnovate soprattutto da fenomeni migratori che portano molti nuovi fedeli sul nostro territorio. Il pastore Riccardo Tocco, presidente della Coen, la Conferenza Evangelica Nazionale, associazione che raggruppa una serie di chiese evangeliche che ambiscono a stipulare un’Intesa con lo Stato italiano, sposta l’asse del ragionamento su tutte le violazioni che questa legge porta in sé: «dalle norme costituzionali a quelle in campo urbanistico, sanitario, di competenza – perché ai Comuni viene conferita una discrezionalità in materia sanitaria, di ordine pubblico, sicurezza, morale pubblica che esulano dai compiti propri degli organi di locali – e se non altro per motivi di mera opportunità: tutto grida vendetta in questa decisione stigmatizzata addirittura dalla Commissione per i diritti umani dell’Onu tramite una raccomandazione ad hoc. Ci batteremo in ogni sede per cancellare questa direttiva che va in direzione opposta rispetto alle iniziative del Comune di Milano che ha aperto un bando per l’individuazione di aree da destinare alla costruzione di nuovi luoghi di culto».

«Non chiamatela legge anti-moschee, è una legge anti-culto, peraltro anticostituzionale». Queste le parole di Davide Piccardo, coordinatore del Caim (Coordinamento delle Associazioni Islamiche Milano-Monza Brianza) che condanna la nuova norma. «La Regione non usa la ragione e si mostra miope non soltanto verso i 450 mila musulmani lombardi ma verso tutte le minoranze religiose. Dopo i tragici fatti di Parigi tutti gli Stati europei e le diverse istituzioni hanno rafforzato i legami con le comunità islamiche locali. La regione Lombardia fa l’esatto opposto».

Nei giorni precedenti il voto, i rappresentanti di culti minoritari e di associazioni filosofiche avevano lanciato un appello ai consiglieri lombardi della maggioranza affinché non votassero il provvedimento. Per i firmatari dell’appello la legge intacca «il diritto alla libertà di culto non solo dei musulmani ma di tutte le minoranze religiose, in particolare rendendo quasi impossibile la costruzione dei nuovi luoghi di culto per chi non confessa la religione cattolica».

Le comunità di fede e le associazioni firmatarie dell’appello auspicavano che «anche la diocesi di Milano e le altre diocesi lombarde si esprimessero esplicitamente contro questo progetto di legge illiberale, in coerenza con i propositi più volte espressi per un dialogo interreligioso che favorisca la coesione sociale e il rispetto dei valori costituzionali. Ciò per testimoniare che i principi di tolleranza e fratellanza sono valori condivisi da tutte le fedi presenti in Lombardia». Presa di posizione che è arrivata a legge approvata, in una nota del vicario episcopale Luca Bressan, che invita cautamente «a giungere alla costruzione di questi strumenti legislativi in modo meno frammentario e precipitoso per non produrre effetti che vadano al di là delle intenzioni di chi li propone».

L’onorevole Luigi Lacquaniti dei Socialisti europei Libertà e Diritti, valdese, rimarca come «anche in questo frangente la Lega Nord si dimostri assolutamente fuori dalla realtà che dovrebbe amministrare. La società lombarda è profondamente diversa da quella immaginata dalla fantasia leghista: nella cultura operosa della Lombardia, nelle sue antiche tradizioni risiedono in realtà tolleranza e ospitalità genuine, anche se talora riservate. Una politica distaccata dall’esistente non può che generare mostri e questa legge è un vero e proprio abominio. Occorre lottare contro il terrorismo, ma l’unico modo efficace per farlo risiede nel dialogo e in una serena convivenza».

Insomma, questa legge ha avuto almeno il merito di compattare larga parte del mondo religioso di minoranza in Italia, con l’aggiunta di alcune realtà del mondo cattolico. Si tratta ora di raccogliere in una voce sola il dissenso delle centinaia di migliaia di fedeli che continueranno comunque a riunirsi, anche se per farlo saranno costretti ad utilizzare scantinati o garage, con tutti i rischi di sicurezza che ciò comporta.

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Singolarità lombarde

Matteo De Fazio
www.riforma.it

Il commento di Giuseppe Platone, pastore valdese a Milano sulla legge della Lombardia che rende molto difficile la costruzione di nuovi edifici di culto

La Regione Lombardia ha approvato il progetto di legge che stabilisce nuove regole urbanistiche per la realizzazione di nuovi luoghi di culto. Una legge che, per via delle regole che sembrano penalizzare soprattutto le comunità musulmane, è stata definita “anti moschee” da vari osservatori, che l’hanno anche tacciata di incostituzionalità. La legge è stata ideata dalla giunta di Maroni anche in opposizione con le politiche del Comune di Milano, che aveva pubblicato un bando per assegnare tre aree del comune da destinare a luoghi di culto. Il commento di Giuseppe Platone, pastore valdese a Milano.

Pastore Platone, come reagisce la Milano religiosa a questa legge, secondo lei?

«In Consiglio regionale la legge è passata con 42 sì e 27 no, questo la dice lunga sul clima politico in Regione. Abbiamo una situazione di contrapposizione: la linea del Comune, con l’amministrazione Pisapia, che ha tentato di dialogare, di fare l’albo delle religioni, che ha fatto anche un bando per l’individuazione di tre aree da destinare al culto, ma che ora la Regione tenta di bloccare. Speriamo di no, visto che il bando è stato fatto prima della legge. I fatti recenti alimentano questa contrapposizione e vengono cavalcati: noi, come protestanti, abbiamo protestato, ma in Italia la tutela della libertà di religione è una bella frase, e nonostante la Costituzione, i principi di uguaglianza delle comunità di fede hanno difficoltà ad essere riconosciuti. Per fortuna c’è la Costituzione, ma siamo sempre nella solita situazione in cui una chiesa ha il trono, gli altri gli sgabelli, e gli altri ancora sono per terra. Una metafora che ci riporta all’islam e ai musulmani, che si mettono in ginocchio per pregare, e che sono un po’ le vittime di questa situazione; però torna comodo avere 400 mila islamici che lavorano in Lombardia, che producono, che pagano le tasse, ma che non hanno il diritto di pregare. Inoltre, questa legge è stata votata, vergognosamente, nel giorno della memoria».

Una legge che complica la vita anche ad altre realtà religiose

«Una cosa antipatica è che sta per arrivare l’Expo: c’è già stato un convegno sulla sacra famiglia con il logo della manifestazione, uno scivolone, e poi questa legge infelice. Sembra un voler creare ostacoli sempre nuovi, che fomentano la paura: è una sorta di fondamentalismo padano. Questa legge azzera il clima di dialogo che si era creato partendo dall’amministrazione Pisapia, passando dalla carta di Milano, e crea un clima ostile nei confronti di tutti gli islamici, tentando di colpire alcune, presunte, frange estremiste. Ma in generale è anche un problema culturale, di ignoranza sulle religioni. Anche Giuseppe Sala, manager generale dell’Expo, è perplesso di fronte a questa legge, perché veicola una non-accoglienza. Le religioni, che spesso sono obbligate a riunirsi nei garage, sono ricacciate nell’ombra: questa è la bella accoglienza che la Regione Lombardia sta operando nei confronti delle 400 mila persone di fede islamica e, anche, di chi verrà qui per l’Expo. Una legge che non aiuta nessuno: anche la chiesa cattolica sarà danneggiata, nel caso voglia costruire una nuova chiesa, o un oratorio».

Il problema dei luoghi di culto non adeguati è grande, a Milano?

«A Milano, ma anche in altre parti d’Italia. Il problema è che giustamente bisogna rispettare le leggi: il locale di culto deve avere le uscite di sicurezza, i servizi per i portatori di handicap, eccetera. Ma i paletti messi da questa legge sono enormi: una valutazione del comune, un parcheggio molto più ampio dell’edificio di culto, nuove strade di accesso, un referendum che affida al popolo il giudizio se un altro può esercitare la libertà di culto, anche se è tutelata dalla Costituzione; anziché aiutare queste nuove realtà religiose a costruire nuovi luoghi di culto le mette in difficoltà».

Questa legge discrimina anche quei gruppi religiosi che non hanno un’intesa con lo Stato: che ne pensa?

«L’intesa è un vestito su misura. Ognuno ha il suo, nel nostro paese ci sono dodici intese più il Concordato. L’islam non si presenta come soggetto unitario, quindi è più difficile andare in quella direzione, però non è obbligatorio fare una stipula con lo Stato: ma la libertà di culto deve essere garantita lo stesso. La Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia insiste moltissimo a colmare un deficit grandissimo parlando di libertà religiosa, infatti da tempo propone una legge quadro sulla libertà religiosa che prenda le mosse dalla laicità dello Stato: che dica che siamo prima cittadini, poi valdesi, buddisti, musulmani. Questa legge è stata presentata, ma è rimasta nel cassetto, anche perché la Chiesa cattolica ne ha bocciato il cammino, anche se molti cattolici la condividono. L’Europa è cambiata, occorre trovare il modo di arrivare a un accordo in un clima collaborativo, e questi muri non aiutano».