Isis, Obama e la guerra permanente di M.Paris

Michele Paris
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A sei mesi dall’inizio dei bombardamenti americani in Siria e in Iraq contro lo Stato Islamico (ISIS), il presidente Obama ha presentato al Congresso di Washington una richiesta ufficiale per la concessione, da parte dell’organo legislativo USA, di una nuova Autorizzazione all’Uso della Forza Militare (AUMF) per legittimare e proseguire una guerra senza fine in Medio Oriente e altrove.

La proposta della Casa Bianca ha subito innescato un acceso “dibattito” tra i parlamentari di entrambi gli schieramenti, con i repubblicani generalmente critici verso una richiesta di autorizzazione che, a loro dire, restringerebbe eccessivamente la libertà di manovra del presidente e, al contrario, la maggior parte dei democratici che la giudicano troppo flessibile, in quanto il presidente avrebbe facoltà di agire in totale libertà sul fronte della “guerra al terrore”.

Nella sua richiesta, Obama auspica un’autorizzazione per condurre operazioni militari contro l’ISIS oppure “persone o forze associate”, definite come chiunque “combatta per, a sostegno o a fianco dell’ISIS o qualsiasi entità a esso associata o che lo succeda nelle ostilità contro gli Stati Uniti o i loro partner di coalizione”.

Il linguaggio della richiesta di autorizzazione alla forza è ancora più vago in relazione al tipo di intervento militare consentito. L’AUMF voluta da Obama esclude cioè “operazioni di combattimento durature e di natura offensiva con forze di terra”. Questa definizione è stata attentamente studiata dalla Casa Bianca per soddisfare sia i membri del Congresso democratici, nominalmente contrari a un nuovo conflitto di lunga durata e con il pieno coinvolgimento degli Stati Uniti, sia una popolazione americana in gran parte contraria a nuove guerre all’estero.

A ben vedere, però, questi limiti all’uso della forza militare sono facilmente superabili, come dimostra l’attuale conflitto in corso in Medio Oriente e quelli scatenati dagli Stati Uniti in passato. Non solo il concetto di operazioni “durature” è di per sé molto flessibile, ma qualsiasi iniziativa bellica americana è stata e può continuare a essere definita “difensiva” anziché “offensiva” a piacimento del governo.

La dichiarata esclusione dell’uso di truppe di terra è inoltre una farsa, visto che vi sono innumerevoli definizioni con cui gli USA giustificano il dispiegamento di propri uomini sul campo con compiti sostanzialmente di combattimento. Come sta accadendo in Iraq, ad esempio, i soldati americani impegnati contro l’ISIS sono definiti “consiglieri” o “addestratori”, mentre vere e proprie operazioni di guerra sono condotte dai membri delle Forze Speciali, le quali appunto non sono regolamentate dall’AUMF richiesta da Obama.

Da notare, inoltre, che la nuova richiesta di autorizzazione all’uso della forza non comporta vincoli territoriali, mentre è del tutto risibile anche il limite di validità stabilito in tre anni. Qualsiasi paese del pianeta potrebbe dunque diventare un teatro di guerra, compreso lo stesso territorio degli Stati Uniti.

Quest’ultima ipotesi non è una semplice speculazione, come hanno velatamente prospettato nelle ultime settimane svariati esponenti di spicco dell’apparato della sicurezza nazionale USA, i quali hanno messo in guardia dal ritorno in patria di un numero indefinito di affiliati all’ISIS, ovviamente pronti a mettere in atto sanguinosi attentati terroristici.

Nel secondo caso, invece, il prolungamento dell’autorizzazione all’uso della forza militare oltre i tre anni previsti dovrebbe essere deciso da un nuovo voto del Congresso ma, visti i precedenti nell’ultimo decennio, ciò si risolverebbe quasi certamente in una pura formalità.

Un ulteriore aspetto chiarisce poi come la richiesta presentata pochi giorni fa da Obama al Congresso sia in definitiva una manovra per dare una facciata di legalità a una guerra illegale.

L’AUMF che dovrebbe essere votata nel prossimo futuro rescinderebbe cioè l’autorizzazione all’uso della forza approvata dal Congresso nel 2002, che consentì all’amministrazione Bush di invadere l’Iraq, ma lascerebbe intatta quella ben più ampia del 2001, votata subito dopo gli attentati dell’11 settembre e che servì ufficialmente per dare la caccia ai membri di al-Qaeda.

Proprio su quest’ultima autorizzazione si era basata la decisione presa la scorsa estate da Obama di scatenare una nuova guerra in Medio Oriente, questa volta contro l’ISIS, e il presidente democratico ha infatti tenuto a sottolineare che l’autorizzazione che sta chiedendo al Congresso è di fatto superflua, visto che già “le leggi esistenti mi assegnano l’autorità necessaria” a condurre la guerra.

L’interrogativo cruciale in merito al dibattito in corso sulla nuova AUMF è legato così al senso di un voto del Congresso che, anche in caso di bocciatura, non avrebbe conseguenze sulla più recente avventura bellica USA nel mondo arabo.

Secondo quanto dichiarato pubblicamente da Obama, la necessità di avere la benedizione ex post del Congresso dovrebbe servire a sanzionare l’unità delle istituzioni del paese nell’appoggio alla guerra contro l’ultima creatura del terrorismo internazionale. I giornali americani hanno inoltre sostenuto che la proposta di Obama sarebbe dettata da un desiderio di quest’ultimo di fissare alcuni limiti ai poteri presidenziali.

Come è già stato detto in precedenza, i limiti ai poteri del presidente stabiliti dalla nuova AUMF sono però solo apparenti e, oltretutto, una simile attitudine da parte di Obama sarebbe quanto meno insolita dopo oltre sei anni nei quali l’inquilino della Casa Bianca è andato nella direzione esattamente opposta. Obama ha cioè ampliato costantemente le facoltà previste dal suo incarico, andando anche oltre il suo predecessore fino a comprendere il potere di decidere personalmente l’assassinio segreto ed extra-giudiziario di cittadini americani sospettati di legami terroristici.

In realtà, la nuova autorizzazione all’uso della forza militare viene richiesta da Obama perché, dietro all’apparente limitazione dei poteri di guerra assegnati al presidente e all’esecutivo, rispetto all’AUMF del 2002 allarga drasticamente le facoltà di dichiarare guerra e condurre operazioni militari ovunque siano in gioco gli interessi USA.

Aggiugendosi all’autorizzazione del 2001, così, l’AUMF in discussione fornirebbe una base pseudo-legale formidabile per utilizzare ancora più liberamente e fuori da qualsiasi serio controllo del Congresso, e quindi della popolazione, la forza militare come strumento della politica estera americana, la cui caratteristica essenziale appare ormai lo stato di guerra permanente.