Il Giubileo della misericordia: i nuovi confini della chiesa di M.Faggioli

Massimo Faggioli
www.huffingtonpost.it

Con l’annuncio dato oggi – 13 marzo 2015, a due anni esatti dalla sua elezione – della celebrazione di un anno santo straordinario, di un Giubileo della misericordia, papa Francesco imprime una svolta al pontificato.

Questo anno santo, che si aprirà con l’Immacolata Concezione l’8 dicembre 2015 e si chiuderà il 20 novembre 2016 con la solennità di Cristo Re, è un fatto nuovo e tradizionale insieme. Dal punto di vista del calendario, questo Giubileo viene dopo il Giubileo del 2000 e anticipa quello previsto per il 2025. È un Giubileo straordinario come quello del 1983 di Giovanni Paolo II, che però cadeva a 50 anni da quello del 1933 e per i 1950 anni dalla morte e resurrezione di Cristo.

Lo strumento del Giubileo è quanto di più tipico dell’armamentario cattolico romano – con memorie non prive d’imbarazzi: le pratiche per avere l’indulgenza plenaria, il linguaggio giuridico applicato alla vita spirituale, il business religioso e l’indotto che da sempre fanno parte del teatro del sacro che è Roma.

Ma vi sono elementi di novità. Dal punto di vista teologico, Francesco interpreta tutto il suo agire all’insegna di un radicale ri-orientamento della chiesa attorno alla misericordia divina. Il pontificato era iniziato sotto il segno della misericordia fin dal primo giorno, e Francesco resta fedele alla sia intuizione-chiave, che innerva anche gli aspetti più tradizionali del cattolicesimo – come il Giubileo. Se i Giubilei di Giovanni Paolo II erano stati “ecumenici”, con celebrazioni a cui vennero invitati capi di chiese non cattoliche, il Giubileo di Francesco non nega questo aspetto. Ma quello di Francesco è un ecumenismo che acquista una direzione diversa, un ecumenismo intra-cattolico: una chiamata a quanti sono esclusi o si sono esclusi dalla chiesa.

Dal punto di vista dell’impatto sul mondo cattolico e oltre, l’effetto Francesco si solidifica. Le parole di Francesco da Papa, a partire da quelle del marzo di due anni fa, non sono solo interviste, libri, videoclip, e una popolarità che insidia (se non ha già superato) quella di Giovanni Paolo II: diventa una chiamata fisica e spirituale a Roma. In altri tempi si sarebbe potuto interpretare un altro Giubileo sotto il segno del trionfalismo vaticano: tutto quello che Francesco ha fatto finora rende difficile un’interpretazione di questo tipo.

Dal punto di vista della politica ecclesiastica, il Giubileo è la chiamata di Francesco al suo popolo. In vista del Sinodo del 2015, la convocazione del Giubileo è uno scavalcamento delle élite ecclesiali e degli oracoli che resistono al cambiamento in un nome della difesa di una tradizione a loro dire da sempre immutata.

L’esito del Sinodo del 2015 è ancora aperto, ma Francesco avoca a sé una supremazia che è spirituale e non solo istituzionale. Le varie opposizioni al pontificato, dai neo-conservatori occidentalisti ai tradizionalisti nostalgici del periodo precedente al Vaticano II, devono fare i conti con un Papa che usa strumenti vecchi e nuovi per rinnovare la chiesa e farne una comunione per tutti e non un club solo per quanti si credono perfetti. Nel Vaticano di Francesco l’ex Sant’Uffizio non conta più come nell’epoca di Wojtyla e Ratzinger, e i tribunali vaticani vedono radicalmente modificato il loro ruolo non solo nell’organigramma della Curia, ma anche – ed è quel che più importa – nell’immaginario comune sul Vaticano.

Ma l’elemento più significativo per comprendere “il Giubileo della misericordia” nel pontificato di Francesco è il riferimento al concilio Vaticano II: “L’apertura del prossimo Giubileo avverrà nel cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Ecumenico Vaticano II, nel 1965, e acquista per questo un significato particolare spingendo la Chiesa a continuare l’opera iniziata con il Vaticano II”.

Papa Francesco invita tutta la chiesa a celebrare i cinquanta anni della conclusione del concilio Vaticano II (1962-1965) e reclama per sé e per la chiesa tutta l’eredità del concilio – in una chiesa istituzionale che nel 2012 non colse nessuna delle tante occasioni per ricordare l’evento ecclesiale più importante degli ultimi quattro secoli: dalla “medicina della misericordia” di Giovanni XXIII al “Giubileo della misericordia” di Papa Francesco.

Nel 1994 scriveva Walter Kasper, il teologo oggi più vicino a Francesco: “Il dibattito interno alla chiesa è sempre più esoterico e dominato dagli insider. La maggioranza degli esseri umani ha altre questioni urgenti da risolvere. Mentre la casa sta bruciando, gli insider discutono di quale quadro debba essere spolverato prima, da chi e come”. Kasper è il teologo che Francesco, dalla finestra dell’Angelus del 17 marzo 2013, indicò come la sua lettura di riferimento per un pontificato teso a ricostruire una chiesa aperta sul mondo: “Un po’ di misericordia rende il mondo meno freddo e più giusto”.