Lega Pound di R.DeSantis

Rosa Ana De Santis
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Gli specialisti dei sondaggi e della cronaca politica, dopo Piazza del Popolo di sabato scorso, hanno già tracciato l’identikit dell’alleanza pasticciata tra Lega e Casa Pound, nata unicamente per accattonare voti sulle ceneri di Silvio Berlusconi e ammantata con abilità da Matteo Salvini, il vero dominus del minestrone, di ambizioni quasi cristiane: la difesa degli ultimi di questo tempo storico. Gli ultimi dentro il Grande Raccordo Anulare. Divertente.

Fin troppo semplice fare ironia sull’eterogeneità di questo matrimonio tra un movimento politico di ispirazione fascista, tutto patria e nazionalismo, e quel brandello di Lega Nord verginizzato dal nuovo segretario che ha promosso per oltre venti anni la cultura della secessione e il disprezzo per la patria e l’unità nazionale. La bizzarra teoria dell’onore secondo la quale i balilla di Casa Pound accettano in casa le bandiere della Padania restituisce ai commentatori un’immagine penosa degli adepti di questo fascismo 2.0 e del loro dux Di Stefano.

Ve lo immaginate Benito Mussolini siglare un patto d’acciaio con disordinati lanzichenecchi qualsiasi, che sputano sul tricolore, rinnegano la storia risorgimentale e promuovono l’autarchia regionale per il Nord dopo aver saccheggiato i palazzi di Roma?

Casa Pound svela in quest’operazione la sua quintessenza. Altro che formazione e cultura, lezioni di storia e filosofia, recupero dei fasti di una storia nobile, studio delle dottrine alternative. Un drappello impunito di giovinastri animati di violenza verbale e fisica, delinquenziale, con un bisogno disperato di assomigliare a qualcuno, uno qualsiasi, sprovvisti di formazione culturale minima, bramosi di un capro espiatorio a caso per sentirsi valorosi. Manodopera orfana persino dell’orrore delle idee fasciste che si lascia assoldare dai leghisti il cui sogno di secessione è finito a Tirana nella compravendita della laurea del figlio del loro capo. Divertente anche questo.

La pericolosità di questa alleanza consiste proprio nel suo disordine ideologico. Quella del fascismo era annidata nella chiarezza di un manifesto culturale e politico ben definito, che ha avuto una sua parabola di ascesa e declino incastonata nel quadro di un conflitto mondiale. Dal Sansepolcrismo in poi il fascismo italiano, pur in alcuni cambi di rotta dettati dalla scena internazionale, non perse mai alcune connotazioni programmatiche del modello di società su cui era stata fondata la sua tragica missione politica.

Oggi abbiamo invece degli orfani del Duce, perdenti da generazioni e per questo ancor più pericolosi, in cerca pirandelliana d’autore che salgono sul Carroccio solo per la speranza di spuntare una vittoria e di contare di più. Il punto di unione tra secessionisti e nazionalisti è l’atto di guerra ad un nemico comune, peggiore di quelli noti nel perimetro di casa.

Il nemico assoluto diventa, nel linguaggio sdoganato e infarcito ormai di turpiloquio perdonato (perché cosi si è più vicini all’uomo della strada e si è più autentici), lo straniero. Non ogni straniero, attenzione, non lo straniero ricco del passato, ma quello disperato e ramingo che arriva per mare, sui gommoni e dalle coste dell’Africa. L’ultimo degli ultimi. Il più debole, proprio lui, fa tanta paura.

Nessuno ricorda più l’immigrazione comunitaria Europea che pure tanti interrogativi di governabilità ha lasciato inesplorati. Ormai lo straniero è africano (nero), islamico, presunto – e nemmeno troppo – terrorista a bordo di un gommone, e magari anche traghettatore di Ebola, quella che ha viaggiato indisturbata in prima classe sugli aerei di linea. Il mix fatale di sotto idee evoca pensieri e parole da Ku Klux Klan.

Questo è il pericoloso vangelo di Lega Pound: etnicizzazione del male e, peggio, etnicizzazione della povertà e di alcune in modo particolare; ridicola ricerca dell’italianità di sangue (non è sciolto il dubbio se settentrionale o meridionale o prima e dopo la legge che Renzi farà sulla cittadinanza alle seconde generazioni di immigrati) come bussola di una qualsiasi azione di governo, nazionale o locale che sia.

Siamo già agli alti livelli della discriminazione razziale del nazismo più fulgido. Altro che fascismo italiota. Siamo alla teorizzazione dei popoli buoni e meno buoni, siamo alla benedizione di un olocausto già in atto. Soprattutto siamo nella confusione di chi avendo studiato poco e male spaccia soluzioni ignorando che il continente africano non sia esattamente come la Lombardia e propone piani di intervento in loco che farebbero sorridere uno studente di scienze politiche al primo anno.

Nella trasmissione di martedi sera, Le Invasioni Barbariche, intervistato da Daria Bignardi, Matteo Salvini ha preso a modello la politica dell’Australia sull’immigrazione. Un buon paradigma certamente.

Ma non si può essere credibili quando si parla di governare il fenomeno dell’immigrazione con velleità da stratega e statista, e nelle piazze si diventa un capo curva di stadio, si incita alla caccia all’uomo, a solleticare gli istinti più bassi e in tv si sguinzaglia come onorevole un Bonanno che definisce i rom “feccia dell’umanità”. La sensazione è che in un paese del primo mondo, come lo chiamerebbe Salvini, questo mercato di stracci non ci sarebbe.

Perché Salvini con le sue felpe sta molto bene, a pensarci, in un circo di cinghiamattanza alla Casa Pound, e sta malissimo su qualsiasi scranno istituzionale. Perché non ha pudore di non andare in quelle terre, da Roma in giù, che per anni il suo partito ha umiliato e denigrato. Nessuno stupore che il figlio di Bossi si allei con i fascisti, perché in fondo il fascismo, che storicamente è morto, è diventato un abito dello spirito e, in tal senso, i leghisti lo sono sempre stati anche quando non ne erano consapevoli.

Ben più e meglio di questi reduci di Casa Pound che nelle polverose stanze dei cimeli vorrebbero tornare alla mistica di una violenza politica che nelle loro mani è diventata violenza punto, prestazione d’opera per ovunque ci si possa sentire uomini (magari con una spranga in mano contro un barbone), con un tasso di ingenuità che unico, Salvini, giocatore vanesio di questa partita tutta personale, non ha.

Ci crede davvero nella vittoria il drappello dei zelanti operai del nuovo razzismo made in Italy che le Lega ha assoldato a buon prezzo. Mercenari che saranno sconfitti un’altra volta. Non dalla storia in questo caso, ma dalla geografia. Regaliamo a Casa Pound un atlante.