Figlie, figli, famiglie arcobaleno di D.Accolla

Dario Accolla
www.italialaica.it

Forse non molti conoscono il caso di Edgardo Mortara. Di famiglia ebrea, venne battezzato all’oscuro dei genitori da una domestica, preoccupata per il suo stato di salute. I bambini non battezzati, si sa, non meritano la misericordia del dio dei cristiani, forse troppo occupato a serbare rancore per il peccato originale. Per scongiurare la dannazione eterna di un innocente, la cameriera Anna Morisi gli fece impartire il sacramento. Per le leggi dell’epoca – siamo nel 1858 – nello Stato Pontificio era inconcepibile che un cristiano vivesse tra ebrei. Venne così prelevato e portato a Roma. A nulla valsero le mobilitazioni internazionali, la solidarietà della comunità ebraica romana, l’indignazione dell’opinione pubblica italiana ed estera. Il bambino non venne mai restituito ai legittimi genitori. La stampa confessionale dell’epoca parlò, addirittura, di effetti miracolosi del battesimo: andando verso Roma, il bimbo, ormai libero dell’influsso deicida della famiglia d’origine, espresse il libero desiderio di andare a vedere le chiese della capitale. Da grande avrebbe fatto il sacerdote. Cattolico.

Centocinquant’anni dopo l’Italia, apparentemente libera dal potere dello Stato Pontificio ma di fatto ostaggio dell’ingerenza vaticana, è attraversata da un dibattito che ha per oggetto i bambini e le bambine delle famiglie arcobaleno. Secondo una parte dell’opinione pubblica – dall’anonimo e rozzo commentatore di questo o quel sito sul web, fino a persone intellettualmente più preparate come Aldo Busi, passando per gli sproloqui di Dolce & Gabbana o le opinioni non richieste di Alfonso Signorini – questi bambini vivono in un contesto non consono a quello considerato “corretto”: ieri la famiglia di fede cristiana, oggi quella tradizionale. Guarda caso, quest’ultima è sotto tutela di quella chiesa cattolica romana che ieri rapiva i bambini delle famiglie ebree, oggi se la prende, in modo più o meno indiretto, con i papà gay e le mamme lesbiche. Ricordiamo, tra i cattolici di ferro, Rosy Bindi e le sue esternazioni contro le famiglie LGBT: un desiderio di genitorialità un gay se lo scorda, meglio che un bambino cresca in Africa piuttosto che creare in laboratorio disadattati. La più famosa coppia di stilisti già citata parla invece di bambini sintetici. Tutti i personaggi citati parlano contro le famiglie che li hanno generati, ree di non essere tradizionali ovvero di non essere eterosessuali. La scusa è quella del benessere del minore. Di fatto, attraverso certe affermazioni, si sta dicendo implicitamente che questi bambini e queste bambine non dovrebbero nemmeno essere al mondo. Perché sono uno scandalo di fronte agli occhi di chi vede l’ottimalità solo dentro il contesto “naturale”, ma che noi potremmo definire in modo più neutro come classico o tradizionale.

Oggi, come ieri, la stampa di quella parte descrive situazioni surreali: infanti descritti come potenzialmente infelici, destinati alla tristezza per essere strappati dal seno materno, investiti e privati dal diritto di avere genitori rigorosamente eterosessuali, avviati senza nessuna speranza di salvezza a una condizione di minorità. Basta leggere quotidiani e periodici cari a certo integralismo religioso per tastare il polso di certa follia. Ieri il soggetto fuori norma era il perfido giudeo, colpevole di non essere cristiano. Oggi è l’abominevole omosessuale, colpevole di non essere come un cristiano immagina la propria idea di società. Ieri si toglievano i figli ai diversi, oggi si dice che i diversi non devono nemmeno avventurarsi all’idea di avere dei figli. E per quelli che esistono già, solo parole per nulla gentili: “disadattati”, “sintetici” e via discorrendo.

Cambiano insomma i protagonisti della storia, ma la storia pare essere sempre quella. Qualcuno da una parte che detta regole e crea nemici. E dall’altra la diversità da agitare come spauracchio contro l’ordine sociale, la natura e le giovani generazioni. Sappiamo già dove ha portato questo percorso che classificava gli esseri umani per genia e appartenenza e non in base al loro comportamento all’interno della società. Conosciamo la tragica storia del popolo ebraico. Sappiamo cosa accade in Russia, dove il connubio tra clericalismo ortodosso e democratura post-sovietica hanno imposto le leggi anti-gay di cui il mondo civile ha orrore. Si spera che le analogie del caso finiscano qui. Qualora dovessimo avere altri deja vu – e Dio, o chi per lui, non voglia – sapremo a chi rivolgerci per chiedere spiegazioni.