Catacombe e rivoluzione. I nuovi giovani cattolici di N.DallaChiesa

Nando dalla Chiesa
il Fatto, 3 maggio 2015

Chissà se oggi ne parlerà qualcuno. Troppo a modino questi ragazzi. Non strapazzano il buon senso,
non rubano, non esibiscono cosce femminili, non minacciano disordini, non stuprano la lingua
italiana. Anche se poi chi ci sta in mezzo qualcosa in più finisce per capirla.
Sono i giovani della Fuci, la Federazione universitaria cattolica italiana, che chiudono oggi il loro
congresso nazionale a Catania.

Riuniti non in eccitanti “location”, come si dice, ma in castigate sale di diocesi o istituti religiosi o
rettorati, dove chi parla non ha dietro un maxischermo a ingigantirne l’immagine e l’ego.
Però ci trovi dentro monsignor Luigi Bettazzi, il famoso vescovo di Ivrea che nel ’76 mandò a
Enrico Berlinguer una lettera aperta che ha fatto storia. O monsignor Domenico Mogavero, il
vescovo di Mazara del Vallo, un simbolo civile nazionale per lo slancio con cui da una città di
frontiera difende da anni i diritti dei migranti.

Diciamo che i “fucini” si assomigliano tra loro, sembrano fatti per ritrovarsi insieme, anche se si
dividono per sesso. Hanno un presidente maschile, Marco Fornasiero, e una presidente femminile,
Rita Pilotti. E un assistente ecclesiastico centrale, padre Michele Pischedda, una faccia astuta da
pacioso moschettiere. Un affresco di umanità giovanile che i tassisti del luogo premurosamente
invitano a non mischiarsi con la gioventù alternativa che si è data convegno a Catania per il
concerto rave del 1° maggio, anche se all’osservatore la meditazione di Dio e la furia del diavolo
non sembrano in questo caso così inconciliabili. Martina e Chiara e Giacomo e altri ancora sono
arrivati da Milano sciroppandosi venti ore di treno per risparmiare sul biglietto dell’aereo. Ma non
sono gli unici. Tutto qui è all’insegna del risparmio, non si annusano proprio briciole di tangenti.

E di certo è un mondo che si muove nell’indifferenza della stampa e della politica. Non ci sono
parlamentari né leader di partito venuti a cercar consensi. Un giorno era diverso: dalla Fuci nacque
un leader politico di nome Aldo Moro, e quando governava la Democrazia cristiana questi congressi
erano un obbligo delle redazioni. Ora paiono riunioni paleocristiane, quasi catacombali.
Eppure ascoltando gli interventi, studiando le facce e le reazioni a certe parole o suggestioni, si ha
la sensazione di trovarsi di fronte a un mondo vitale che inciderà molto sulle prossime vicende
culturali e politiche nazionali.

Anche perché dietro di loro è difficile non cogliere in controluce la parola dirompente di papa
Francesco. Rifuggono, questi marziani, dai personalismi. Al punto, udite, che la relazione
introduttiva del congresso, come sta scritto nel programma, è “della Presidenza Nazionale”, nessun
nome e cognome in bella mostra. Mentre la vicedirettrice di Ricerca , la rivista ufficiale, una
giovanissima romagnola di nome Cristina Renzi, invece di fare immaginare potenti entrature nel
Palazzo al momento della presentazione, ci tiene a precisare subito “ma non sono parente”, gettando
alle ortiche qualunque supplemento di attenzione.

Nel salone della diocesi, in mezzo alle scene sacre che sfilano sui muri, si tiene la tavola rotonda del
giorno: “Ai margini della storia, la persona al centro: tra testimonianza e profezia”. La discussione
si fa presto intensa, preoccupata, percorsa da guizzi di indignazione. I migranti, l’immigrazione, il
Mediterraneo.

Quel che sui giornali o in parlamento viene affrontato con toni stantii anche se urlati, qui si fa
angoscia sincera. Salvini non è un avversario politico, chissenefrega, ma è quasi l’Anticristo, poiché
nega in radice i principi religiosi dei presenti. Emerge il paradosso italiano: non sono i cattolici
praticanti ad avere paura dei musulmani. Anzi, c’è l’amarezza irritata per chi va in chiesa, annuisce
alle parole del vangelo e poi, “tornato a casa, dà ragione a Salvini”. Sotto la direzione di Flavia
Modica, una giovane di Comiso, si impenna il tema del “dialogo”; si fa affilato l’interrogativo “di
che cosa, di chi abbiamo paura?”, si affronta il rapporto tra essere umani ed essere cristiani. Avanza
la denuncia di una società percorsa dalla “paura della verità”, e delle montagne di soldi convogliate
verso le spese militari anziché verso le cause umanitarie.

IL SALONE dove tra un paio d’ore si celebreranno i vespri, preghiera del tramonto, sembra una
sede sovversiva. Monsignor Mogavero consegna ai giovani il senso della sua lunga esperienza di
frontiera. “Si dice che gli immigrati puzzano. Sì, è vero a volte quando arrivano ammassati l’uno
all’altro puzzano. A volte gli odori dei barconi sono un concentrato delle miserie umane.
Ma deve prevalere l’olfatto o il cuore? Io dico il cuore. E allora sentirete la fragranza di questa
umanità. Che porta con sé un grande carico di speranza”.
L’applauso è lungo, commosso.

Monsignor Bettazzi, 92 anni, prende appunti. Ci fosse stato un politico sulla sua sedia, lo avrei
immortalato mentre spediva sms. Chissà se è in arrivo una rivoluzione catacombale. Chissà se
aveva ragione Rino Formica nella sua recente intervista al Fatto : la prima a prendere le distanze da
questo governo sarà la chiesa…