Family day. Vediamo cosa dice davvero il testo sotto accusa di V.Fedeli

Valeria Fedeli, vice presidente del Senato
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L’educazione proposta dall’emendamento che riprende le linee guida dell’ Unione europea e dell’Oms, e che fa propri anche i principi della Convenzione di Istanbul, tratta di un’educazione alla crescita dei cittadini e delle cittadine nella loro reciproca differenza. E valore. Il valore umano di ogni individuo per quello che vuole essere, accompagnato oggi perché da adulto sia piu capace di incontrare, rispettare se stesso e le vite degli altri. Questo in fondo è l’emendamento che invita le scuole a educare i ragazzi al loro futuro. Cosa è veramente questo testo ce lo spiega la persona che lo ha proposto, Valeria Fedeli. Perché ciascuno si faccia un’opinione propria e informata linkiamo e alleghiamo i documenti relativi al tema all’Educazione di genere.

Si è svolta ieri la manifestazione in nome della “Difesa della Famiglia” contro il disegno di legge sull’introduzione dell’educazione di genere, di cui sono prima firmataria, contro l’emendamento alla riforma della scuola che introduce l’insegnamento della parità di genere e contro il disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili.

Va detto con chiarezza che la manifestazione è nata su una strumentalizzata e sistematica disinformazione. Sono state fatte affermazioni totalmente false, basta leggere i documenti.

Con l’emendamento che prevede l’insegnamento della parità di genere in tutte le scuole di ogni ordine e grado, già approvato dalla Camera, e ora all’esame del Senato la legge di riforma della scuola si è arricchita di un principio che è un investimento fondamentale sul futuro delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi, ispirato a quanto previsto in materia già dalle nostre leggi, dalla nostra Costituzione e dal più avanzato diritto europeo.

Ma la differenza e la diversità fanno paura.

Fino al punto di arrivare a una strumentale manipolazione delle linee guida sull’educazione sessuale nelle scuole dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in nome della “Difesa della Famiglia”.

Tra le sigle, poche, che hanno aderito alla manifestazione di oggi, anche alcune che si contraddistinguono affermando che, per evitare i suicidi di adolescenti vittime di persecuzioni omofobe, l’unica strada è la “conversione” all’eterosessualità.

In nome dunque della “difesa dei nostri figli” e della “famiglia naturale” o “tradizionale”, si vuole contestare il diritto di ragazze e ragazzi di crescere nella consapevolezza di sé e sentendosi accolti e riconosciuti per ciò che sono.

Questo significa, infatti, educare alla differenza, alle differenze: saper conoscere e valorizzare la ricchezza che ciascuna e ciascuno di noi è, il dono unico e insostituibile che ognuna e ognuno di noi può diventare per se stesso e per il mondo, anche destrutturando le architetture sociali che impongono la codificazione artefatta dei ruoli in nome di una presunta naturalità. E questo può e deve avvenire in famiglia e nella scuola.

È stata orchestrata una campagna che non si fa scrupoli nel cavalcare l’onda delle tante informazioni circolanti nel web totalmente infondate, come quella che attribuisce agli “Standard per l’Educazione Sessuale in Europa”, elaborati dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e sviluppati dal Centro Federale per l’Educazione alla Salute tedesco (BZgA), la promozione di giochi erotici da insegnare negli asili.

Aldilà dell’intento manipolatorio, esiste comunque un problema culturale che non può essere minimizzato, ma sono certa che lo stesso mondo cattolico offra spazi di dialogo con i laici, che va assolutamente perseguito, e che il suo apporto sia fondamentale per costruire un nuovo patto educativo, in cui la differenza di genere sia riconosciuta come risorsa e la lotta a pregiudizi e stereotipi condivisa.

Facciamo insieme, in primo luogo, un’operazione di chiarezza, a partire dalla lettura del testo dell’emendamento, che prevede che l’elaborazione dell’offerta formativa assicuri “l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità di genere, la prevenzione alla violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle relative tematiche”.

Non è possibile, leggendo queste parole, decifrare “teorie gender” obbligatorie!

C’è invece la definizione di una chiara scelta politica da portare a termine per promuovere un’educazione al rispetto delle diversità, ai sentimenti, agli affetti. Se questo provvedimento è contro qualcosa, questo qualcosa sono gli stereotipi, i pregiudizi, le discriminazioni, il bullismo omofobico, e nient’altro.

Proprio l’educazione alla parità di genere può essere uno degli strumenti più efficaci per valorizzare le differenze, e contrastare l’omologazione dilagante, e chi vede in questo l’introduzione di una diabolica teoria gender, compie un doppio grave errore di disinformazione.

In primo luogo, come detto e ripetuto da tante e tanti scienziati e intellettuali di diverse discipline e di diversi orientamenti culturali, compresi eminenti teologi, non esiste una “Teoria Gender”: esistono invece gli studi di genere che si prefiggono di cancellare le discriminazioni riprodotte, a tutti i livelli della società, in base alle differenze.

In secondo luogo, si mistifica un’azione di grande valore pedagogico, rappresentandola come il prodotto ideologico di questa o quella componente politica, speculando sulla paura del cambiamento, il che avvelena tutti i dibattiti.

Alla base del provvedimento vi sono obiettivi trasparenti e assolutamente condivisibili da tutti. È questo l’unico modo serio, concreto, di fare prevenzione.

O vogliamo continuare soltanto ad indignarci davanti ai femminicidi, ai dati sulla violenza di genere, ai fatti di cronaca che vedono i nostri ragazzi e le nostre ragazze vittime e protagonisti di bullismo, omofobia, misoginia?

È ormai da tutti riconosciuto che il problema della violenza di genere ha una radice culturale profondissima, che viene da lontano: la politica ha il dovere di recidere queste radici. Lo deve fare con coraggio, con umiltà, con la coerenza di promuovere, veramente, l’articolo 3 della nostra Costituzione, visto che la discriminazione, la violenza di genere, gli stereotipi, di fatto, limitano la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impedendo il pieno sviluppo della persona umana. Il raggiungimento della parità, il superamento delle discriminazioni sessuali, nonché delle varie forme di violenza di cui le donne e le ragazze sono vittime, sono in primo luogo da costruirsi attraverso un cambiamento culturale.

Non vedo quale altro luogo possa essere migliore della scuola per intraprendere, insieme a chi in questa comunità vive e agisce – studenti, famiglie, insegnanti – un intervento educativo in grado di restituire, alla nostra rappresentazione dei generi, la profondità e la complessità che meritano.

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Familiy Day, il giorno delle bugie

Alessandro Baoli
www.cronachelaiche.it

Sono tornati. Dopo la prima edizione, quella storica del 2007 a piazza san Giovanni, quando il fantasma ad agitare i sogni cattolici erano i Di.Co. Ogni volta che ci si avvicina – finalmente – a una regolamentazione, per quanto blanda ed arretrata, sulle coppie di fatto, esplode il parossismo cattolicista. Così ieri si è replicato.

Vediamo la manifestazione di ieri, la piazza riempita grazie all’organizzazione para militare di parrocchie e associazioni, una rete capillare senza pari, in grado di portare intere famiglie. Vediamo, al di là delle dichiarazioni ufficiali degli organizzatori, qual è stata la sua base programmatica, per punti.

1) Arroganza. Migliaia di persone scese in piazza a difendere il privilegio antistorico dei cittadini eterosessuali, quello di potersi sposare e mettere su famiglia, e a pretendere con risolutezza di negarlo con – appunto – arroganza, a tutti gli altri. Per il solito, eterno “fraintendimento” (eufemismo) della Chiesa e della vasta schiera di suoi seguaci per cui essi sono i padroni esclusivi del mondo intero, e delle vite di tutti quelli che lo abitano.

2) Menzogna. Il conosciuto terrorismo clericale, sempre vivo malgrado il “simpatico, umile, moderno” Bergoglio. Oltre alla menzogna storica sulle conseguenze nefaste della parificazione nei diritti e nei doveri di tutte le forme di famiglia, c’è anche la grottesca invenzione della teoria del gender, mistificazione deliberata di un documento dell’Oms che dice tutt’altro, e perfetto slogan che spaventa gli ingenui, da sempre carne da macello delle religioni.

3) Propaganda. Vergognosa, perché condotta anche approfittando dei numerosi mezzi messi a disposizione dallo Stato (quindi tutti noi, nessuno escluso) alla religione. Come l’arruolamento coatto degli insegnanti di religione, a volte sotto minaccia di scomunica in caso di disobbedienza. Sì, quegli insegnanti scelti dalle curie ma pagati dallo Stato.

4) Sprezzo del ridicolo. Vogliamo parlare dei difensori della famiglia di questa edizione del Family Day? Otto anni fa c’erano il pubblico concubino Pierferdinando Casini e il viveur Silvio Berlusconi. Oggi Mario Adinolfi, per esempio, divorziato e risposato a Las Vegas. Oppure l’intramontabile Paola Binetti, mai sposata, e che quindi non sa cosa vuol dire farsi una famiglia. D’altra parte, la coerenza non è mai stata un valore per santa madre Chiesa e per frotte di cattolici militanti.

5) Alleanza dei monoteismi, dettaglio, questo, da non trascurare. Divisi sulla teologia ma uniti, unitissimi nella guerra all’ateismo e ai diritti delle minoranze, alla aspirazione all’uguaglianza dei cittadini, i monoteismi sono pronti da tempo alla guerra santa. La presenza in piazza dell’imam di Centocelle, quartiere della capitale, e del rabbino capo di Roma, lo testimonia una volta di più. L’imam, che peraltro rappresenta una religione che ammette la poligamia, era una presenza davvero “congrua” in quella piazza cattolica fin nel midollo.

Insomma, la Woodstock dell’odio cattolico, il disprezzo profondo verso ogni differenza. Un’immensa ode alla sessuofobia religiosa, per la quale intere generazioni, milioni, miliardi di persone innocenti sono state rovinate per tutta la loro esistenza. Roba da psicanalisi di massa.

La risposta migliore a tutto questo, probabilmente, è quella della stessa Monica Cirinnà, relatrice del ddl in discussione in Parlamento: «Io ho fatto un lavoro di inclusione di tutte le famiglie, di tutti gli amori e di tutti gli affetti. Noi, io tutti parliamo della libertà dell’amore e di diritti per tutti. Credo che il Family Day si sia trattato di un piazza di privilegiati eterosessuali che affermano di volersi tenere i loro privilegi».

Infine, quanto alla bugia gigantesca sull’indottrinamento gender, ci ha pensato l’Ordine degli psicologi a fare chiarezza. Per chi è interessato alla verità, con la v minuscola, e non alla propaganda da terzo reich.