Scuola: dalla Cassazione una sentenza che rafforza la Costituzione di A.Sani

Antonia Sani
www.adistaonline.it

La recente sentenza della Corte di Cassazione sul pagamento degli arretrati dell’Ici al Comune di Livorno da parte di due Istituti scolastici cattolici della città ha riportato in primissimo piano una questione sempre latente, tuttavia attualmente risolta con la Tasi che prevede l’esenzione per le scuole paritarie che applichino tariffe al disotto di limiti espressamente fissati per i diversi ordini di scuole.

All’epoca del governo Monti (2012) era stata proposta, per le scuole cattoliche, l’esenzione concessa alle istituzioni religiose che provvedono a svolgere opere di beneficenza e di interesse sociale, senza fini di lucro. La sentenza della Corte di Cassazione pronuncia oggi un’affermazione inedita che capovolge questa visione. Essa si riferisce a tutte le scuole «paritarie», anche se il ricorso specifico del Comune di Livorno riguardava il mancato pagamento di due istituti cittadini di religione cattolica. L’attività educativa svolta dai due istituti paritari viene definita «attività commerciale», dotata di un proprio bilancio, anche se esente da fini di lucro; un’attività che non può essere equiparata alle attività religiose di beneficenza esentate dal pagamento dell’Ici. Era questo un percorso privilegiato sul quale contavano gli istituti cattolici, mentre le scuole private non cattoliche divenute paritarie fidavano sul riconoscimento loro concesso con la legge 62/2000, che le aveva inserite alla stregua delle scuole statali nel sistema nazionale di istruzione.

La protesta delle gerarchie cattoliche contro una sentenza definita «ideologica» era scontata, ma ciò che preoccupa sono le ricadute sull’opinione pubblica degli interventi di prelati nel corso dei notiziari televisivi, privi di un adeguato contraddittorio, nonché le ambiguità di esponenti del governo, incapaci di difendere la funzione, la natura, il carattere della scuola della Repubblica di fronte alla sempre richiamata «libertà di scelta educativa».

Mons. Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, ha potuto impunemente dichiarare che con la legge 62/2000 (ministro della Pubblica Istruzione Luigi Berlinguer) le scuole paritarie sono divenute «pubbliche», e quindi debbono godere dello stesso trattamento. Gli ascoltatori meno informati potrebbero prestar fede a questa affermazione. Ma non è così!

La legge 62 di danni ne ha fatti tanti, come quello di inserire in un unico sistema nazionale le scuole statali, le scuole private paritarie e le scuole degli Enti Locali, ma non è detto da nessuna parte che le scuole private paritarie sono diventate pubbliche, ossia gratuite, laiche, pluraliste! Esse sono tenute a svolgere un «servizio pubblico», vale a dire acquisiscono la definizione di «paritarie» (e l’accesso a contributi pubblici in violazione dell’art.33 della Costituzione), sottostando ad alcune disposizioni (accettazione non discriminante dell’utenza, rispetto della libertà di coscienza, ecc.), ma la loro natura continua ad essere quella di scuole private, distinte dalla scuola dello Stato, come previsto all’art. 33 della Costituzione. Il personale dipende da loro, così il Piano dell’offerta formativa, perfino l’insegnamento della religione cattolica concordatario non è ancora chiarito se le riguardi o meno, essendo esplicitamente destinato alle scuole «pubbliche», come sono, ad esempio, quelle degli Enti locali.

La sentenze 14225 e 14226 della Corte di Cassazione pongono l’accento proprio sulla natura rimasta privata delle scuole paritarie, mettendo il focus sull’attività commerciale di questi istituti, pagamento delle rette in primis. Secondo le gerarchie cattoliche, queste scuole pagate dalle famiglie sollevano lo Stato da spese miliardarie; argomentazione inaccettabile trattandosi di un diritto primario come quello all’istruzione che la Repubblica deve garantire a tutti i cittadini secondo i principi della laicità e del pluralismo. C’è chi tra i sostenitori delle scuole paritarie laiche grida al tradimento. Tradita la legge 62, ma fu la legge stessa un inganno.

È evidente che l’articolo 33 esce rafforzato e attualizzato da questa importante sentenza che ne illumina pienamente l’impianto, la distinzione tra i due sistemi: la scuola pubblica della Costituzione, e quella privata «senza oneri per lo Stato».

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La Cassazione e l’inganno delle scuole “paritarie”

Maria Mantello
www.micromega.net

Non bastano immagini sacre e cappelle annesse… e neppure possono sentirsi scudate dal paravento linguistico di scuole “paritarie”. Si tratta infatti di enti privati che erogano ai propri clienti – studenti un servizio a pagamento. Quindi, è un’attività commerciale e l’imposta sugli immobili la devono pagare. Questa la retta interpretazione dell’articolo 7, comma 1, lettera i, del decreto legislativo n. 504 del 1992, che indica tra gli esentati dall’imposta immobiliare “i fabbricati destinati esclusivamente all’esercizio del culto”.

Dove starebbe allora l’iniquità delle sentenze 14225 e14226 della V sezione civile della Corte di Cassazione? Nessuna! Semmai bisognerebbe sottolinearne l’importanza nella lotta all’evasione fiscale, che sembrerebbe finanche presente nell’evangelico «dai a Cesare quel che è di Cesare!».

Ma la Chiesa curiale non ci sta. E quello che forse la disturba particolarmente della sentenza della Cassazione, è che essa contribuisce a far saltare gli equivoci tra privato e pubblico strumentalmente messi in atto proprio il termine “paritarie”. Il polverone querulo delle coorti clericali con tonaca e senza tonaca, non si è infatti incentrato – e continua a soffiare – proprio sul ritornello: sono paritarie, quindi pubbliche a tutte gli effetti?

Ma non è una parola a fare il miracolo. Esse sono e restano private. Se così non fosse la sentenza della Cassazione che vincola al pagamento dell’imposta sugli immobili le scuole cattoliche non sarebbe stata possibile.

Il gioco degli equivoci su quel “paritarie” era iniziato con l’invenzione del “sistema paritario integrato” (legge 62/2000), parto della vivace mente dell’allora Ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, che trasformava le scuole private, da istituzioni a cui la nostra Costituzione riconosceva la parità nel rilasciare titoli di studio equipollenti, ad erogatrici paritarie di un servizio pubblico.

Ma essere fornitori di servizio pubblico non rende enti pubblici. Le uniche pubbliche pertanto sono e restano le scuole statali. Tuttavia il pasticcio del sistema paritario, aggirando il dettato costituzionale, era servito per aprire la strada all’erogazione di pubblico denaro ed esenzioni da imposte e tasse. Questo mentre si perorava e attuava gradualmente (da Berlusconi a Renzi una linea continua) la conversione dell’intero sistema scolastico a quella “sussidiarietà”, dove lo Stato è ridotto a mero elargitore di finanziamenti. Il sogno clericale di riprendersi l’istruzione come ai tempi del papa-re avanza! Dietro il paravento linguistico “paritarie” c’è allora lo spirito di una Chiesa che attraverso la scuola cattolica mira alla riconquista generalizzata della società. Una Chiesa che batte cassa perché le sue scuole si svuotano, visto che gli italiani – nonostante il favoritismo di Stato – continuano a scegliere la scuola statale.

Bisogna allora pretendere, per la stessa salvaguardia delle tenuta democratica, che lo Stato investa nella sua scuola, istituendo – come Costituzione ordina – proprie scuole per ogni ordine e grado. Lo stato ha l’obbligo di istituire proprie scuole. I privati possono, ma senza oneri per lo Stato. È l’articolo 33, che con quel “senza oneri per lo Stato” esclude ogni sovvenzione pubblica alle scuole private.

Eppure il gioco degli equivoci continua! Adesso per svuotare la sentenza della Cassazione sull’Ici (Imu) che le scuole cattoliche devono pagare… e ben oltre questa.

Per dare legittimità di pubblico alle paritarie, abbiamo sentito dalle coorti clericali chiedere tavoli paritetici, sperando forse di fare di ogni Comune italiano la permanente replica di quanto è avvenuto ad esempio la scorsa estate a Bibiana, dove addirittura la paritaria “San Marcellino”, paventando la perdita di iscritti, pose il veto all’apertura della scuola d’infanzia pubblica. E solo dopo trattativa con questo asilo confessionale, alla fine il Comune ha permesso ai bambini del pubblico asilo di poterlo frequentare.

Insomma la strada è stata già battuta. Repliche si stanno approntando per discriminare ed esautorare la scuola statale. Allora è il marchingegno del sistema paritario che va cassato.