Hans Küng: la risposta del papa apre al dialogo sull’infallibilità di L. Eugenio

Adista Notizie n° 17 del 07/05/2016

38529 TUBINGEN-ADISTA. «Senza una “re-visione” costruttiva del dogma dell’infallibilità», il rinnovamento della Chiesa non sarà possibile, aveva scritto il teologo svizzero p. Hans Küng, 88 anni, il 9 marzo scorso, in un appello a papa Francesco, chiedendogli di rendere possibile «una discussione aperta e imparziale sull’infallibilità del papa e dei vescovi» (v. Adista Notizie n. 11/16). Ora è lo stesso Küng, professore emerito di Teologia ecumenica a Tübingen e presidente onorario della Stiftung Weltethos (Fondazione sull’etica globale), ad annunciare di avere avuto da Francesco una risposta. Ne hanno dato notizia contestualmente il National Catholic Reporter e il settimanale inglese The Tablet (26/4), spiegando che Küng non ha voluto mostrare il testo della lettera «per la riservatezza che devo al papa», ma che, datata 20 marzo, sarebbe arrivata poco dopo Pasqua tramite la nunziatura di Berlino.

«Questo è il nuovo spirito che ho sempre atteso dal magistero», ha affermato il teologo, «non prevedevo questa nuova libertà che Francesco ha aperto nella sua esortazione post-sinodale». Il papa, ha affermato Küng in una dichiarazione resa al Ncr e ad altri media, «non ha fissato alcuna restrizione» alla discussione, e già nell’introduzione sottolinea come «non tutte le questioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero». «Il tabù dell’infallibilità – affermava Küng nella sua lettera al papa del 9 marzo – ha bloccato dal Concilio Vaticano II tutte le riforme che avrebbero richiesto una revisione delle precedenti definizioni dogmatiche». Di seguito, in una nostra traduzione dall’inglese, il testo della dichiarazione di Küng alla luce della risposta del papa.

«Il 9 marzo scorso il mio appello a papa Francesco a dare spazio ad un dibattito libero, privo di pregiudizi e aperto sul problema dell’infallibilità è stato pubblicato sui principali giornali di diversi Paesi. Sono stato quindi felice di ricevere una risposta personale da Francesco immediatamente dopo Pasqua. Datata 20 marzo, mi è stata inoltrata dalla nunziatura a Berlino. Nella risposta del papa, trovo particolarmente significativi i seguenti punti: il fatto in sé che Francesco abbia risposto e non abbia lasciato cadere nel vuoto, per così dire, il mio appello; che abbia risposto di persona e non attraverso il suo segretario personale o il segretario di Stato; che abbia sottolineato il carattere fraterno della sua risposta in spagnolo, rivolgendosi a me con l’appellativo Lieber Mitbruder (“caro fratello”) in tedesco, e mettendo in corsivo queste parole personali; che egli chiaramente abbia letto con grande attenzione l’appello, che avevo inviato allegando una traduzione in spagnolo; che abbia molto apprezzato le considerazioni che mi avevano portato a scrivere il quinto volume delle mie opere complete, nel quale suggerisco una discussione teologica sulle diverse questioni sollevate dal dogma dell’infallibilità alla luce delle Sacre Scritture e della tradizione, allo scopo di approfondire il dialogo costruttivo tra la Chiesa “semper reformanda” del XXI secolo, le altre Chiese cristiane e la società postmoderna.

Francesco non ha fissato alcuna restrizione. Ha quindi risposto alla mia richiesta di dare spazio ad una libera discussione sul dogma dell’infallibilità. Penso che sia ora doveroso cogliere l’opportunità di questa nuova libertà per portare avanti un chiarimento delle definizioni dogmatiche, che sono terreno di controversia all’interno della Chiesa cattolica e nel suo rapporto con le altre Chiese cristiane.
Non avevo previsto questa nuova libertà che Francesco ha aperto nella sua esortazione post-sinodale Amoris laetitia. Già nell’introduzione, egli dichiara che “non tutte le questioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero”. Egli denuncia la “fredda morale burocratica” e non vuole che i vescovi continuino a comportarsi come se fossero “arbitri della grazia”. Considera l’Eucaristia non come una ricompensa per chi è perfetto ma come un “nutrimento per chi è debole”. Cita ripetutamente affermazioni fatte al Sinodo episcopale o dalle Conferenze episcopali. Francesco non vuole più essere l’unico portavoce della Chiesa.
Questo è il nuovo spirito che ho sempre atteso dal magistero. Sono pienamente convinto che in questo nuovo spirito una discussione libera, priva di pregiudizi e aperta sul dogma dell’infallibilità – questione cruciale per il destino della Chiesa – sarà possibile.
Sono profondamente grato a Francesco per questa nuova libertà e unisco il mio grazie di cuore all’aspettativa che i vescovi e i teologi adottino senza riserve questo nuovo spirito e si uniscano in questo compito in accordo con le Scritture e con la nostra grande tradizione ecclesiale».

Ludovica Eugenio