Storia vivente – 22 aprile 2018

Anna Turri – Gruppo “Donne in ricerca” – Verona

E’ passato un po’ di tempo dall’incontro avvenuto a Milano tra le donne delle comunità di base, della Sororità di Mantova, del Graal di Milano e altre di varie città, con le donne della Comunità di Storia Vivente, ma questo è il tempo che il mio sentire, le mie viscere hanno richiesto per elaborare la loro proposta così innovativa, anzi rivoluzionaria, e i tanti e interessanti interventi di quel giorno.

Già prima di quel 28 gennaio, nel prepararmi all’incontro, il loro pensiero e i loro scritti avevano destato il mio interesse, ma dopo l’incontro, di tanto in tanto, hanno risuonato nel profondo le parole e le proposte di Marirì Martinengo, Laura Minguzzi, Luciana Tavernini e Marina Santini, che ci invitavano via via a “riflettere su noi stesse” ad “essere creative”, ad abbandonare il metodo di raccontare la “Storia” creato dal maschile e orientarci invece verso quel metodo che, a partire da sé, ascolta il profondo delle nostre viscere.

Sia prima, leggendo i loro scritti, che durante l’incontro, avevo notato come frequentemente fosse stato fatto riferimento al pensiero filosofico di Maria Zambrano, di cui sono una profonda ammiratrice e che nel gruppo di Verona avevamo letto e approfondito, grazie ad una amica che ne stava studiando l’opera. Avevamo anche preparato una elaborazione dell’Antigone presentata poi al Convegno dei gruppi donne a Castel San Pietro Terme. Dopo di allora, però, la mia lettura di Zambrano si era un po’ diradata, pur conservando io una profonda ammirazione per la sua aurorale filosofia.

Sollecitata però dai continui riferimenti e citazioni dai suoi libri, ho ripreso a immergermi nella lettura di alcuni dei più significativi per me: l’Antigone, per me sempre punto di riferimento. E’ stato però immergendomi nella lettura di Chiari del Bosco che ho sentito risuonare maggiormente le parole e le proposte che ci avevano rilanciato le donne della Comunità di Storia vivente.

Avevano posto l’accento sul loro innovativo Metodo: In Chiari del Bosco, al metodo, Zambrano dedica molta attenzione, ne coglie le molteplici potenzialità e così lo descrive:

– Ogni metodo salta fuori come un “Incipit vita nova” che si tende verso di noi con la sua inalienabile allegria (p. 14).

– Ogni metodo è un “Incipit vita nova” che pretende di stilizzarsi.

– Sorge ogni metodo da un istante glorioso di lucidità, che sta più in là della coscienza e che la inonda.

A me è parso che il metodo di Storia Vivente fosse in queste affermazioni magnificamente esemplificato e questi accenni sono solo una parte dell’attenzione dedicata al “metodo”.

Vorrei aggiungere, pure, che queste parole di Zambrano (ma il libro è ricchissimo di spunti) a me sembra possano rappresentare un’indicazione anche per la narrazione del nostro percorso di ricerca di un “Divino” pensato ed elaborato al femminile e che raccontarlo può vivificare ciò che è stato fatto.

A questo punto desideravo condividere le mie riflessioni e ho chiamato Doranna che pure è estimatrice di M Z. Ci siamo sentite subito in sintonia e con la medesima sintonia ci siamo ritrovate ad esprimere il nostro senso di gratitudine per le donne di Milano che avevano voluto farci partecipi della loro esperienza e del loro metodo, e che ci hanno ospitate e accolte calorosamente, ascoltando con attenzione domande, dubbi e i racconti che di volta in volta noi esprimevamo.

Le nostre espressioni di gratitudine si sono poi estese anche alle tante filosofe, in primis Luisa Muraro, alle tante teologhe, pastore, studiose, amiche ecc… che abbiamo incontrato e che sono state come fari che hanno orientato i nostri interessi di ricerca.

In quel clima di rievocazione è sorto in me improvviso il desiderio di raccontare a Doranna anche della gratitudine che io provavo per le amiche di Pinerolo e gliene ho spiegato il motivo.

Circa venti anni fa, stavo attraversando un periodo tempestoso della mia vita.

Andavo spesso a Pinerolo, dove la comunità mi accoglieva con cordialità e affetto e mi faceva sentire quel calore della famiglia che a me era sempre mancato: era andata formandosi anche un’amicizia con alcune in particolare, Luisa in primis che, assieme a Memo, mi ospitavano a casa loro, facendomi sentire come in famiglia. Poi l’amicizia si consolidò con Carla, Maria, Doranna e altre. Io approdavo a Pinerolo come in un porto sicuro, dove trovavo a un po’ di pace. Partecipavo con gioia alle loro liturgie sobrie, festose, condivise, che confortavano quel vuoto in cui mi trovavo dal momento che avevo lasciato in maniera traumatica il mondo Istituzionale Cattolico, ritrovandomi orfana di una realtà in cui ero cresciuta fin dalla nascita. Con loro mi sentivo ancora parte di una Comunità e in quel momento per me era importantissimo.

Una domenica ero stata invitata a partecipare a un evento speciale: era nata Gaia, figlia di Caterina e nipotina di Carla, e le donne della Comunità accoglievano la nuova arrivata con una celebrazione che si sarebbe svolta a Pradeltorno nelle Valli Valdesi.

Il luogo era stupendo. Montagne imponenti tutt’intorno e in più in alto, su uno sperone di roccia, si ergeva, dando l’impressione di essere quasi in bilico, la chiesetta dei Valdesi; il tutto era sovrastato da altissime rocce, quasi a fare da corona a quel luogo così solenne, pervaso da un’atmosfera di sacralità.

La rievocazione dei luoghi che mi hanno vista nascere e crescere, era inevitabile. Le montagne dell’Alta Val Pusteria, con i suoi meravigliosi boschi e le rocce imponenti avevano lasciato in me tracce indelebili e tanta nostalgia e lì li ritrovavo. Inoltre quell’immensità e quella maestosità erano permeati di un senso di sacralità che ora ritrovavo nei luoghi dove, per secoli il popolo valdese aveva potuto esprimere la propria forma di religiosità.

All’interno molte donne erano affaccendate nell’organizzazione; ci saremmo fermate anche a pernottare in baita. Poi i preparativi per il Rito che, celebrato da sole donne per me, vissuta sempre in ambito cattolico, era cosa un po’ insolita.

Su un tavolo avevano posto un grande vaso di vetro, ricolmo d’acqua; sull’acqua galleggiavano dei lumi. Con canti, preghiere e letture il Rito iniziava. I canti, i lumi, il riverbero delle fiammelle nell’acqua facevano affiorare memorie lontane nel tempo.

In quella stanza così affollata, riemergevano memorie di saperi e di sapienze antiche; mani di donne che intrecciavano ghirlande da posare sui biondi capelli delle fanciulle, mani, che delicatamente separavano petali di peonie e di rose, da spargere sulle strade con canti e preghiere durante le processioni. Donne altere, nei cui costumi superbi era racchiusa una sapienza tramandata di madre in figlia; pazienti custodi nel tempo di saperi e di forme di religiosità che andavano custoditi con cura perché ritenuti preziosi.

In quella baita così affollata, dove erano le donne a celebrare, le memorie riemergevano in un movimento circolare e mi facevano prendere coscienza di ciò che per me stava diventando così importante. Si profilava innanzi un modo nuovo, affascinante di vivere la mia spiritualità, una forma di religiosità più rispondente al mio sentire. Sarebbero per me stati quelli i nuovi sentieri da seguire….pensare e cercare di esprimere e di vivere, con sensibilità di donna il mio pensiero sul “divino”.

Per concludere ricorro ancora a Maria Zambrano. In Chiari del Bosco così si esprime.

– E poi c’è da proseguire di chiaro in chiaro, di centro in centro, senza che nessuno di essi perda né sconfessi nulla. Tutto si dà iscritto in un movimento circolare, in circoli che si susseguono ogni volta più apetri, finché non si giunge là dove non c’è più che orizzonte.

– E la vista che i chiari del bosco offrono, sembrano promettere, più che una visione nuova, un mezzo di visibilità in cui l’immagine sia reale e il pensiero e il sentire si identifichino senza che ciò sia a costo di perdersi l’uno nell’altro o di annullarsi.

– Una visibilità nuova, luogo di conoscenza e di vita senza distinzione, pare che sia il magnete che ha orientato tutto questo percorso, analogamente a un metodo di pensiero.

Il mio desiderio di ascoltare il profondo delle viscere è stato consolidato dall’incontro con le donne della Storia Vivente e del loro metodo e mi ha portata a ricercare le origini dei motivi che mi hanno spinta verso la ricerca di un modo di vivere la religiosità e non più la religione, più aderente al mio sentire e di questo sono loro grata.