Corpi vivi, corpi morti

di Floriana Lipparini
da www.womenews.net

Tutto il peggio di un sistema neo-patriarcale sembra all’opera qui e ora, in questo paese ormai narcotizzato. Dicendo “Eluana potrebbe anche avere un figlio”, Berlusconi non ha soltanto pesantemente offeso Eluana, ma tutte le donne, svelando quanto profonda sia la sua concezione maschilista: corpi come puri contenitori da riproduzione. Niente di nuovo, del resto.

La religione cattolica, cui dobbiamo la maggior parte delle concezioni morali dominanti nei paesi latini, è ossessivamente attenta al controllo dei corpi e del sesso.
E non molla i corpi nemmeno dopo la morte.

Ancor oggi nella sua bimillenaria liturgia si venerano corpi trafitti, crocifissi, scorticati, martirizzati. Tibie, teschi, frammenti di osso o scheletri interi conservati in preziose teche, all’interno delle basiliche, vengono ancor oggi adorati da folle di devoti, in un macabro delirio feticista che tutto è tranne che spirituale.
Che strana trascendenza quella che ha bisogno di aggrapparsi a pezzi di corpi morti…

Una morbosa santificazione della carne inseparabile dal suo rovescio: corpi torturati dall’Inquisizione, corpi bruciati di eretici e “streghe”, insomma corpi di cui si può fare scempio in nome di una fede. E se nella frenesia della crociata si fa strage per errore anche dei propri, pazienza.

“Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”, disse Simone de Montfort nel 1210, esortando i soldati a massacrare gli Albigesi della città di Bram.
Proclamando che l’unica vera vita è quella ultraterrena, in realtà è sulla vita terrena e corporea che la chiesa cattolica vuole dominare fin dal concepimento nel grembo materno, a costo di insanabili contraddizioni.

Si nega alle donne il diritto di abortire, e contemporaneamente si nega loro il diritto di ricorrere alle nuove tecnologie per riuscire a generare un figlio. E quella stessa tecnologia demonizzata nel caso della fecondazione assistita, viene poi esaltata e rivendicata per costringere un povero corpo ormai privo di coscienza a vegetare in una perenne agonia.

Contro ogni logica ed evidenza, contro ogni umana compassione, è ancora una volta lo spirito integralista delle crociate che vediamo agire in questa chiesa del Duemila, incapace di accettare la pluralità, le differenze, la libertà di coscienza.

Vengono alla mente quadri di una cupa Spagna secentesca dove i riflessi sanguigni sul nero di fastose vesti talari esprimono il senso di un potere assoluto e tenebroso, un’aura tragica, come tragico è lo scatenarsi di una vera e propria guerra attorno all’inconsapevole e innocente Eluana.

È vero, le domande aperte da questa vicenda sono di enorme portata. Che cosa è la vita, che cosa è la morte, dove arriva la libertà umana, a chi appartiene il diritto di decidere… Ma le opinioni della chiesa in merito a tali domande riguardano solo i credenti.
Perché mai milioni di persone laiche dovrebbero subire le imposizioni di una chiesa in cui non si riconoscono?
E perché mai il governo di uno stato laico dovrebbe scatenare una crociata integralista ispirata dall’oscurantismo vaticano?

Dietro questa ipocrita difesa della “vita”, ripetutamente contraddetta ogni volta che si giustifica una guerra, il cinismo della politica nasconde ben altri intenti.

Mentre il paese sta a guardare con il fiato sospeso quella stanza nella clinica di Udine, si varano in fretta e furia misure razziste e antidemocratiche, e si attenta alla Costituzione.

Con brutale accanimento mediatico, legislativo e poliziesco ancora una volta si usa violenza al corpo di una donna che dovrebbe invece essere circondato dal rispetto e dal silenzio, così come si usano gli stupri per fomentare odio contro gli immigrati e giustificare la presenza dell’esercito nelle strade.

Tutto il peggio di un sistema neo-patriarcale sembra all’opera qui e ora, in questo paese ormai narcotizzato. Non si può che ripartire da zero, subito, per costruire nuove forme di società radicalmente alternative.

Molte donne sono in cammino verso questo traguardo, non perdiamoci di vista e soprattutto non perdiamo il coraggio di insistere.