Enzo Mazzi 

Laicità del Natale? -"Le cose in comune che hanno laicità e natale".

da Liberazione 24 dicembre 2005

 

Natale/Laicità: due parole dense di attualità. Hanno qualcosa in comune fra loro? Natale è una parola antica, tutti crediamo di sapere che cosa significa. Laicità invece è una parola moderna, oggi molto usata sebbene a tanti sfugga il suo significato.

E’ possibile avvicinare fra loro due parole così lontane? A prima vista sembrerebbe di doverlo escludere.

Natale è il nome di una festa religiosa confessionale, originata per di più nel tempo del trionfo del cristianesimo. L’ipotesi storicamente più accreditata sostiene che la Chiesa di Roma, dopo la pace, cioè al tempo di Costantino, volle istituire la festa della nascita di Cristo al 25 dicembre per distogliere le masse pagane dalla festa celebrata in quello stesso giorno in onore del "Sole invitto", il dio Mitra, vincitore delle tenebre, anch’egli venuto alla luce in una grotta. Dunque una resa di conti all’interno della cultura sacrale. Quanto di meno laico si possa immaginare. Anche però quanto di meno evangelico. Questa distanza dal Vangelo è stata avvertita da coscienze sensibili nella storia di questi duemila anni. Vari sono stati i tentativi di riscattare la festa della nascita di Gesù dal dominio del sacro e dalla presa del trionfo e del potere. Perché la storia non è la mummificazione di eventi. E’ piuttosto un continuo processo di trasformazioni. Il Natale è nato all’interno di una cultura sacrale ma può essere recuperato. Francesco d’Assisi ad esempio tentò di ricondurre il Natale ai valori del Vangelo secondo le categorie culturali e sociali del proprio tempo. Non è stato il solo. E oggi il tentativo di Francesco viene riattualizzato nell’ambito della cultura della secolarizzazione.

Perché il bisogno che c’è oggi di laicità si esprime anche come riscatto umano dei valori evangelici e non solo come loro annullamento. Cioè, laicità come riappropriazione dal basso della esistenza in tutti i suoi aspetti, compreso l’aspetto religioso.

“Laico” nel suo senso originario vuol dire appartenente al popolo. Ed era usato in senso dispregiato per escludere il popolo, per distinguere dal clero la massa senza potere, per separare la casta di coloro che sanno dal popolino ignorante che deve sempre essere guidato e imboccato.

Oggi le coscienze più sensibili e attente sentono un grande bisogno di riscattare il patrimonio culturale del cristianesimo attraverso il valore della laicità. Avvertono l’esigenza di una liberazione globale dal dominio in tutte le sue forme sia clericali che secolari. Proprio l’opposto della tendenza anch’essa assai diffusa dei “laici devoti” che puntano invece alla restaurazione del dominio del sacro per stabilizzare il sistema globale di dominio della “tribù dell’Occidente” sul resto del mondo.

In particolare c’è un grande disagio attualmente nella società e nella Chiesa stessa per questa ripresa da parte delle gerarchie di un dominio sulle coscienze che credevamo superato dal Concilio. Per questi pesi insopportabili che vengono scaricati sulle spalle del popolo, delle donne e degli uomini. Per questa invadenza del potere ecclesiastico nella vita quotidiana che appesantisce la già grande fatica nel tenere insieme la gioia e il dolore, la solidarietà e la sicurezza, l’amore degli altri e l’amore di sé, la paura e la speranza, la vita e la morte.

Il Natale appartiene al desiderio popolare di fare festa per la vita che nasce. Ma forse ci è stato sottratto, è stato trasformato in un rito lontano dalla vita di ogni giorno ed ora è ridotto a un rito consumistico.

E’ il “vedere” le cose dal basso, è la prassi di vita a partire dagli esclusi che costituisce l’anima profonda e autentica della laicità? Se è così, allora il Natale che annuncia “il rovesciamento dei potenti dai loro troni e l’innalzamento dei rifiutati” (cantico di Maria) sta tutto dentro lo spirito della laicità

Comunque a tutti “Buon laico Natale”.

 

                                                                  Enzo Mazzi