Commento alla lettura biblica liturgica del 15 gennaio 2006

 

L'incontro che crea una svolta

 

Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l'agnello di Dio!». E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: «Che cercate?». Gli risposero: «Rabbì (che significa maestro), dove abiti?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio. Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)» e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)» (Giovanni 1,35-42).


 

Ci troviamo posti di fronte ad un “quadro scenico” di grande effetto e pieno di movimento. Domande, dialoghi, sguardi intensi, intrecci...


Tutto dà vita a questo inizio del gruppo dei dodici. L’Autore del quarto vangelo è un provetto “pittore” e costruisce trame e tele di vivacissimi colori. La sua intenzione, come sappiamo, spesso non è quella di fornirci una cronaca dettagliata dei fatti, ma di usare la sua genialità narrativa per trasmetterci un messaggio.

Racconti diversi

E' sufficiente un pizzico di memoria per annotare, vangeli alla mano, che Marco, Matteo e Luca raccontano la nascita del primitivo nucleo dei Dodici in modo totalmente diverso.

Lo stesso luogo è diverso. Nei tre vangeli sinottici i primi discepoli sono rappresentati come pescatori che abbandonano le loro barche per seguire Gesù che li chiama con un invito pressante, quasi un imperativo. Qui i primi discepoli sono già alla scuola di Giovanni Battista, sono già occupati e coinvolti nella via profetica della ricerca di Dio. Secondo la versione del Vangelo di Giovanni è lo stesso Battista che indica a due dei suoi discepoli la persona di Gesù, come per invitarli a "passare" alla sequela del nazareno.

Anche se può essere successo che alcuni passarono dal gruppo del Battista alla cerchia di Gesù, qui il Vangelo di Giovanni costruisce uno scenario molto lontano dalla realtà.

La sua è una "costruzione" teologica evidente. In polemica con i discepoli del Battista, che non avevano accettato di entrare a far parte del movimento di Gesù e continuavano un loro coerente ed originale cammino di fede in totale autonomia, l'autore del quarto vangelo crea questo racconto per dimostrare che sarebbe tempo per un buon seguace del Battista di passare tra le file dei discepoli di Gesù. Queste informazioni che gli storici e i biblisti oggi ci forniscono, ci permettono di andare all'essenziale e di cogliere il messaggio prezioso di questa pagina.

L'incontro con Gesù

A parte l'invenzione giovannea di questa scena che si prefigge di subordinare il Battista a Gesù e di rendere tutta la sua figura e la sua opera come finalizzata al nazareno (cosa del tutto falsa!), il centro del quadro sta nell'incontro vivo con Gesù.

Sotto questo aspetto lo stile giovanneo esprime efficacemente un messaggio significativo. Il discepolo è chi incontra in profondità Gesù, chi "viene e vede", chi "sta con lui": tutte espressioni che designano un'intimità, una condivisione di orizzonti e di pratiche di vita, una dedizione appassionata per abbracciare il suo stile di vita nell'esistenza quotidiana. "Videro dove dimorava": ecco la strada dei discepoli.

Si tratta, volgendo l'immagine alla vita concreta di ogni giorno, di accogliere nel nostro cuore la proposta delle beatitudini, l'orizzonte del Padre nostro. Si tratta di tenere vivo in noi lo spirito di ricerca che, secondo questo racconto, animò i primi discepoli che si mossero per trovare e incontrare Gesù.

La catena

Andrea e l'altro discepolo di cui non ci è indicato il nome sono coinvolti da questo incontro con Gesù. Andrea va incontro al proprio fratello Simone e lo conduce - vorrei dire lo trascina - da Gesù.

Così, quasi per contagio, nasce il gruppo dei primi discepoli e discepole. E' la catena della testimonianza che passa da cuore a cuore, da bocca a bocca.

Quando nei tempi successivi i cristiani, intiepiditi nella loro fede, non hanno più creduto nella "catena dei testimoni", hanno cercato di servirsi di strumenti forti ed umanamente efficaci. Oggi gran parte dell'annuncio cristiano avviene su potenti canali televisivi dove le gerarchie hanno conquistato spazi immensi e sono quotidianamente sui video di tutto il mondo.

Ma si ha la netta impressione che così non si presenta più l'annuncio del Vangelo, ma si fa pubblicità e propaganda per una chiesa, per un prodotto religioso da piazzare un pò ovunque, si diffonde una dottrina tra il buonismo e il conservatorismo che lascia sempre di più indifferente chi guarda alla vita con spirito critico e costruttivo.

Tutti i film religiosi che invadono le televisioni, tutte le spettacolari celebrazioni con cui si inneggia a santi e madonne rischiano di diffondere un "cristianesimo di largo consumo" in cui si intrecciano interessi economici, bisogno di guru, pratiche superstiziose e messaggi di spiritualismo evasivo.

Certo, così il cristianesimo ufficiale occupa la scena tutti i giorni, ma resta l'ambiguità di un fenomeno che il più delle volte non libera le persone e mantiene intatte le strutture del dominio psicologico e culturale.

Il canale con cui la fede "contagia" rimane ancora la testimonianza da persona a persona, da cuore a cuore perchè in tal modo non agiscono nè i trucchi del video, nè il fascino del miracoloso, nè il mercato del tempio. Ognuno/a di noi può, dentro il percorso della vita quotidiana, sia accogliere che dare testimonianza del Vangelo se esso riscalda i nostri cuori.

Ecco il problema...

L'elemento decisivo è quello che il Vangelo registra al versetto 42: l'incontro con Gesù cambia il nome di Simone in Cefa, cioè Pietro.

Il cambiamento del nome e, quindi, l'assunzione di un nome nuovo, nella Bibbia normalmente indica che il soggetto inizia una vita nuova, un'esistenza che cambia radicalmente. Segna la svolta.

Ma questo avviene nella nostra vita? Anche se a piccoli passi, davvero la nostra esistenza è orientata in una direzione che cerca radicalmente altro dall'impostazione del mondo di oggi?

Oggi, se abbiamo un "nome nuovo" non possiamo restare indifferenti alle manovre dei potenti che cercano la guerra, che stravolgono la giustizia e non possiamo richiuderci in una quotidianità onesta ma appartata e paga di sè. Nella chiesa e nel mondo è tempo di ribellarci; e chi tace collabora con gli oppressori.

Per questo mi sento vicino a quei cristiani che, mescolandosi a migliaia di altre donne e di altri uomini, sabato 14 gennaio daranno vita a manifestazioni pubbliche sia a Milano sia a Roma in difesa di una società laica che tuteli i diritti alla salute, all’affettività, all’amore, all’autodeterminazione di tutte le persone. Per questo parteciperò al sit-in indetto davanti al Vaticano in memoria di un giovane omosessuale che si uccise con il fuoco come atto di protesta contro l’oppressione gerarchica.

Per questo non posso tacere di fronte al fatto che il grande evasore nazionale, con una multa di pochi spiccioli, abbia “legalmente” sottratto al fisco milioni di euro.

“Venite e vedrete”

“Venite e vedrete”: per seguire il cammino di Gesù ed entrare davvero nella sua avventura, occorre che ci muoviamo dal fissismo e dallo spiritualismo sacrale e ci tuffiamo nel fiume della vita, nella strada… In questo movimento “vedremo” dove “abita” Gesù, non quello dei dogmi, ma quello delle strade della Palestina. E potremo deciderci di “stare con lui”, dalla sua parte.

La stagione storica che stiamo vivendo ci lancia segnali forti, numerosi, precisi. Tocca a noi non eluderli, non girare la faccia dall’altra parte, non delegare ad altri quel “pezzo” che tocca proprio a ciascuno/a di noi.

Pregare e fare la giustizia  sono un binomio inscindibile, le colonne portanti della nostra fede. Su questa strada ci ha preceduti Gesù di Nazareth.

Franco Barbero

 

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