"Frammenti di pace"

di Michele Meomartino


 

Prefazione

di Giovanni Franzoni

 

Nel mezzo del cammin… Michele Meomartino si ferma per raccogliere frammenti di un percorso di pace attivamente seguito.

Il suo racconto è un volgersi indietro e raccogliere tracce, ricordi, testimonianze ed esperienze compiute ed incompiute. Proprio come fa il cerbiatto, secondo un antico Targum sul Cantico dei Cantici che, secondo il saggio commentatore ebraico, corre con la testa sbilenca perché, mentre gioisce di ciò che ha raggiunto e lo contempla con occhio luminoso, con l’altro occhiovolge lo sguardo verso coloro che ancora soffrono su di una strada faticosa e sono rimasti indietro.

Non si tratta quindi di una bozza di autobiografia, tanto meno di un medagliere.

Michele si racconta perché non racconta solo di se stesso. Il suo percorso è stato continuamente nutrito dalle circostanze, dai contesti e dai compagni e compagne di strada. Quindi il suo racconto è il racconto di una esperienza interattiva.

Partito da un invito mite e autorevolequale fu quello di Lanza del Vasto, il percorso fu sempre caratterizzato dall’ascolto e dalla relazione con l’altro e con gli altri. Non era una sorgente che offrisse acqua da se stessa ma un collettore che dava e raccoglieva incrementandosi in via.

Pessimo servizio a Frammenti sarebbe quello di riassumerlo; sarebbe solo un incentivo alla pigrizia di quelli che dei libri leggono solo la prefazione e l’indice.

Più umile ma forse più redditizio l’augurio e l’incoraggiamento a proseguire il percorso suggerendo magari alcune direzioni di ricerca e di contribuzione affinché i frammenti che si pongono in opera possano gradualmente inserirsi in un quadro più grande.

Oggi, è slogan ricorrente, l’unica guerra che si deve fare è quella contro la povertà ma le analisi sulle radici della povertà e sulle possibilità di estirparle non sono ancora concordi.

Due strade maestre abbiamo percorso quella della politica degli aiuti e quella della solidarietà locale o internazionale che si articola con una prassi di crescente portata riguardo alla incentivazione delle attività produttive gestite dal basso e a quelle di consumo solidale.

E’ però ancora allo stato elementare una coscienza rivendicativa della pertinenza universale sui “ beni comuni ” affidati alla responsabilità e al godimento dell’intera umanità. Le lotte contro la privatizzazione delle acque e contro la rapina su altri beni comuni come lo spazio “esterno” , le risorse minerarie dei fondi marini o dell’Antartide e le risorse minerarie della luna sono ancora considerate battaglie di avanguardia e non sono entrate nell’agenda del movimento.

Eppure le grandi agenzie del potere dominante si stanno impadronendo, senza alcuna seria ricaduta in favore della lotta alla povertà, dei nodi del dominio che condizionerà l’avvenire dell’umanità nei prossimi anni.

Sarebbe quindi importante che la Rete Nonviolenta Abruzzese si collegasse con l’Università del Bene comune e con altri Coordinamenti di Associazioni pacifiste e ambientaliste impegnati sul tema delle risorse e dei beni comuni.

Tutti oggi abbiamo un sogno comune: che i frammenti del puzzle comincino a farci intravedere il bel volto della pace.

 


 

Introduzione

 

Questi frammenti di pace, apparentemente sconnessi e dispersi nella mente, hanno accompagnato la mia vita negli ultimi tre anni.

Sono una piccola testimonianza di un’ aspirante della pace e amico della nonviolenza, come io amo definirmi per quanto non ami in genere le etichette, che si intreccia volutamente con alcuni momentilegati alla memoria del passato e alla mia storia personale perché non ho mai inteso l’impegno per la pace come qualcosa di avulso dal resto della vita.

Anzi, sono convinto che debba esserci un filo rosso unitario che lega i diversi aspetti della vita perché il valore della coerenza rafforza e da credibilità alla propria testimonianza, oltre a darle più persuasività.

In questi mesi ho riflettuto non poco prima di decidere che forse valeva la pena pubblicare queste pagine e devo confessare che mi hanno accompagnato alcuni scrupoli perché quando il racconto incrocia le proprie vicende personali è difficile non scivolare nell’ autoreferenzialità, un piccolo vizio di cui nemmeno noi pacifisti riusciamo ad esserne completamente immuni.

Nonostante ciò, ritengo che queste pagine appartengono alla storia di molti e spero tanto che dalla loro lettura possa scaturire un nuovo stimolo a riflettere insieme.

Molte di queste pagine sono legate alle vicende e alle iniziative della Rete Nonviolenta Abruzzo e alla guerra in Medio Oriente, ma ho voluto riservare le prime al racconto di una storia, “ Il processo di Capestrano “, avvenuta quasi 20 anni or sono, che ha segnato fortemente il mio impegno di aspirante pacifista.

Infine, è mia intenzione “ reinvestire “ l’eventuale incasso della vendita di questo libro, tolte le semplici spese per realizzarlo, unicamente ad attività legate ai temi della pace e della nonviolenza.

 

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