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Riflessioni sul capitolo 18 del vangelo di Matteo

 

In questo capitolo specialmente, Matteo si è preoccupato di raccogliere e raggruppare parole di Gesù sulla vita comunitaria dei discepoli e delle discepole e proprio questo raggruppamento diventa al tempo stesso una specie di attualizzazione, quasi a formare un manualetto di istruzioni comunitarie; in particolare i vv.15-18 del discorso ecclesiale sembrano costituire un primo saggio di “diritto ecclesiastico”.

La comunità che il discorso lascia intravedere non è ideale: arrivismi, preoccupazioni di grandezza e di potere, cattivi esempi, trascuranza dei fratelli e delle sorelle più umili o delle persone cadute nel peccato, persino rivalità, risentimenti e odi si riscontrano tra i membri della comunità ( qui al versetto 17 è uno dei due soli passi evangelici dovesi trova la parola ekklessìa ). Non c’è ancora nel termine “chiesa” il significato istituzionale che prenderà in seguito e meno ancora quello gerarchico e maschilista.

Sembra una comunità acefala (fatta prevalentemente di persone umili , deboli, piccole bisognose ) ma di fatto è raccolta nel nome di Gesù e del Padre, che prende le difese dei più deboli ( v. 10 ), come conferma le decisioni comuni ( v. 18 ) e ascolta la preghiera dell’assemblea ( v. 19 ) e il suo volere è legge per la comunità ( v, 14 )

Il tema urgente è quello della convivenza comunitaria in una comunità che non deve fagocitare le persone per avallare la sua sicurezza e il suo prestigio ma sacrifica se stessa, la sua tranquillità per il bene dei suoi membri, particolarmente dei più fragili.

Chi sono nel contesto matteano i “piccoli” ( mikroì )? Finora sono stati menzionati una sola volta in Matteo 10,42 e lì sembravano identificarsi con i discepoli e le discepole in generale.

Nella comunità giudeo-messianica di Matteo, scrive Mello, i “piccoli” sono i meno ferrati nella legge di Mosè, coloro che la trasgrediscono più facilmente : in una parola sono quelli che venivano considerati peccatori e per questo a rischio di emarginazione, di esclusione;l’invito di Gesù a non scandalizzare i piccoli viene attualizzato da Matteo nell’invito a perdonare i peccatori all’interno della comunità e non solo ma ad un perdono senza limiti.

Nella comunità occorre esercitare con infinita pazienza la correzione reciproca ma di fronte a colui/colei che avendo commesso un peccato pubblico, non solo un’offesa personale,si rifiutasse di mutare orientamento, tocca alla comunità ( non o comunque non solo ai suoi rappresentanti, ai “dodici” ) il compito come “extrema ratio” di escluderlo dalla vita comunitaria fino a quando non “rientra in se stesso” e si converte alla pratica dell’amore e della giustizia. Tuttavia l’esclusione del fratello o della sorella dalla vita comunitaria non esime dalla pratica di un perdono illimitato quale ci viene richiesto attraverso la parabola presente nei vv.23-35, il cui senso è la misericordia di Dio che fonda la possibilità stessa del perdono tra i figli e le figlie di Dio, trai fratelli e le sorelle.

Molto interessante, a proposito del perdono, la riflessione di Jacques Derida, un filosofo senza riferimenti religiosi il cui nocciolo è: solo a partire da un’etica al di là dell’etica, un’etica iperbolica che interrompa ogni economia dell’espiazione, della redenzione e del pentimento, si può scorgere l’apertura di un pensierodel perdono degno di questo nome.

L’altro tema caro a Matteo che scaturisce dalla parabola della pecora smarrita è la sua esortazione ad uscire dall’indifferenza e dal disimpegno e a mettersi in azione per soccorrere i fratelli e le sorelle in difficoltà; fare come Dio che non solo non discrimina nessuno/a ma sottolinea la preferenza verso le persone più diseredate.

 

La riflessione su questo capitolo di Matteo ci ha portato a rileggere alcune pagine dello scritto “Vita comune” , insieme di riflessioni compiute da Bonheffer negli anni 1937-38 e dirette alla formazione di giovani pastori. Abbiamo, in particolare, preso la pagina relativa alla disciplina della lingua, perché la riteniamo di grande attualità, pur con il limite, speriamo dovuto solo al contesto delle lezioni, di genere in essa presente.

Innanzitutto alcuni riferimenti biblici :

Salmi 50, 20-21

20 Ti siedi e parli contro tuo fratello,
diffami il figlio di tua madre.
21 Hai fatto queste cose, io ho taciuto,
e tu hai pensato che io fossi come te;
ma io ti riprenderò, e ti metterò tutto davanti agli occhi.

Efesini 4, 29

Nessuna cattiva parola esca dalla vostra bocca; ma se ne avete qualcuna buona, che edifichi secondo il bisogno, ditela affinché conferisca grazia a chi l'ascolta.

Giacomo 4, 11-12

11 Non sparlate gli uni degli altri, fratelli. Chi dice male del fratello, o chi giudica il fratello, parla male della legge e giudica la legge. Ora, se tu giudichi la legge, non sei uno che la mette in pratica, ma un giudice. 12 Uno soltanto è legislatore e giudice, colui che può salvare e perdere; ma tu chi sei, che giudichi il tuo prossimo?

Il commento di Bonheffer:

Lì dove sin dall’inizio sarà mantenuta questa disciplina della lingua, ogni singolo farà una scoperta impareggiabile, cesserà d osservare continuamente l’altro, di giudicarlo, di condannarlo, di assegnargli il suo preciso posto dove lo si può dominare e così violentarlo. Sarà ora in grado di lasciare libero completamente il fratello, come Dio glielo ha messo accanto. Lo sguardo gli si allargherà e guardando i fratelli, con sua somma meraviglia, riconoscerà per la prima volta la gloria e la grandezza del Dio creatore. Dio non ha fatto l’altro come l’avrei fatto io; non me lo ha dato come fratello, perché lo domini, ma perché in lui trovi il mio Creatore. Nella sua libertà di creatura il mio prossimo diviene per me motivo di gloria, mentre prima mi dava solo fastidio e pena. Dio non vuole che io modelli il prossimo secondo l’immagine che pare buona a me , cioè, secondo la mia propria immagine; ma nella sua libertà di fronte a me ha fatto il mio prossimo a sua immagine.

Ci sembra insomma che il modello della comunità cristiana sia quello della piena compartecipazione e corresponsabiltà, di amicizia solidale dove le relazioni si strutturano secondo criteri di reciprocità e non di gerarchia; la comunità come un cerchio di amicizia che pone al centro la misericordia del Dio vivente.


Matteo 18

1 In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». 2 Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3 «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
5 E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6 Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. 7 Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
8 Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. 9 E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
10 Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. 11 [È venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto].
12 Che ve ne pare? Se un uomo ha cento pecore e ne smarrisce una, non lascerà forse le novantanove sui monti, per andare in cerca di quella perduta? 13 Se gli riesce di trovarla, in verità vi dico, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. 14 Così il Padre vostro celeste non vuole che si perda neanche uno solo di questi piccoli.
15 Se il tuo fratello commette una colpa, va' e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16 se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17 Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. 18 In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo.
19 In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. 20 Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».
21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
23 A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24 Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25 Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26 Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27 Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29 Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30 Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.
31 Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l'accaduto. 32 Allora il padrone fece chiamare quell'uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33 Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34 E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35 Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».



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