FIGLI DI MAMMONA

 

Un sentiero di morte

Ho sostenuto e scritto che lo sguardo maschile preponderante è possessivo, proprietario, quindi violento. Sembra una forzatura, quel “quindi”… Ma la legge sulla legittima difesa, approvata dalla Camera qualche giorno fa, mi sembra autorizzarlo. Perché, da ora in poi, potrai “legittimamente” ammazzare per difendere te, i tuoi cari e i tuoi beni. I beni più cari… ma anche quelli meno cari: importante è che siano tuoi. Proprio come i tuoi cari. Cos’è che è mio, tuo…? Ciò di cui sono proprietario, che possiedo: i miei beni e i miei cari, appunto. Non importa quali elenco per primi: ormai sono sullo stesso piano, simbolico e materiale.

Questa non mi sembra una legge capitalistica, perché “i padroni” hanno sempre utilizzato i diversi corpi di polizia, le guardie giurate, i vigilantes… e l’esercito, all’occorrenza, per difendere la proprietà privata del capitale.

Questa legge mi sembra prodotta dal cuore profondo del patriarcato (o dalle viscere… il patriarcato ha un cuore?), che è fondato sulla proprietà individuale di persone (le donne, i figli) e di cose (tutto ciò che esiste) e se ne autorizza la difesa contro chiunque\tutti. E’ il “buon padre di famiglia”, che si prende cura dei suoi cari e dei suoi beni con tutti i mezzi. Il suo diritto proprietario, innanzitutto e soprattutto!

Mi sembra la dissoluzione finale di ogni possibilità di vita collettiva, di relazioni, di ricerca di mediazioni e di scambio, intese come modalità-base delle relazioni sociali. Homo homini lupus… dunque è vero?

Non lo credo, con convinzione. C’è uno spot televisivo ricorrente, in questi giorni della “memoria”: una frase di Primo Levi che dice “è avvenuto, quindi può accadere di nuovo”. Parla della Shoah, dello sterminio più efferato compiuto nel secolo scorso. Ma la possiamo leggere anche in positivo: c’è stato un tempo in cui non era così, quindi è possibile di nuovo. Un tempo in cui le relazioni interne ed esterne alle comunità umane erano improntate alla cooperazione e alla partnership, indispensabili per vivere e sopravvivere; quindi si può, è nelle nostre possibilità.

Dobbiamo solo pensarlo, prendere coscienza di questa possibilità e della sua convenienza: così dal piano simbolico del pensiero potremo passare a quello materiale dell’organizzazione sociale. Ha proprio ragione Mary Daly: la cultura patriarcale è cultura di morte, necrofila. La voglia di uccidere nasce dal culto della proprietà. La proprietà non è soltanto un furto, è un sentiero di morte.

 

I soldi della provvidenza

Ricordate i 10 miliardi di lire che Berlusconi ha platealmente regalato a un prete che fa assistenza a quei disgraziati che il capitalismo (di cui Silvio è un campione) emargina e condanna a una vita di violenza? Ci sono preti che non guardano la provenienza del denaro che ricevono: Provvidenza la chiamano!

Mi è tornato in mente l’anno di seminario a Rivoli. La domenica mattina un’auto con autista veniva a prelevare me e il parroco (mio prof di filosofia sistematica) e ci portava nella tenuta di non so più quale ricca famiglia: nella loro cappella privata lui celebrava messa e io suonavo l’harmonium. Alla fine una signora ci consegnava una piccola busta con qualche lira… Non so per lui, ma per me quei soldi erano manna… Ma che umiliazione mi costavano!

C’era un altro prete, simbolico, quindi altamente istruttivo, che viveva all’ombra dei ricchi e si nutriva del loro salame: quello “dal sacrilego pie’” del Parini. Roba vecchia, direte. Non mi sembra. L’alleanza tra trono e altare è sempre stata, in realtà, connivenza e complicità.

Si tratta di cercare il nome più adeguato per chiamare le cose. Ne suggerisco uno: se l’arricchimento di pochi fosse considerato, come dovrebbe, a mio parere, in uno Stato di diritto e di diritti, frutto di rapine ai danni della collettività e di chi a stento sopravvive o muore, l’accettazione di quelle regalìe si dovrebbe chiamare “ricettazione”.

Beppe Pavan

Pinerolo 26.1.06

 

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