Michele Meomartino

Diritti che parlano

Le banane eque e solidali.

Abruzzo Oggi 2 Febbraio, 2600

 

La Rete Nonviolenta Abruzzo, nodo Pescara/Chieti della Rete Lilliput, coordinamento di associazioni e cooperative, che cerca di promuovere e diffondere una cultura della pace attraverso una metodologia nonviolenta, ha salutato con particolare entusiasmo l’avvio in alcunemense scolastiche di Pescara del consumo di banane biologiche e di biscottiche provengono dal commercio equo e solidale.

Contemporaneamente, in queste scuole, alcuni promotori della Rete, che sono anche volontari della storica bottega del commercio equo e solidale di Pescara “Il Mandorlo”, hanno iniziato una campagna di informazione su questa importante novità.

In questa prima fase, il comune di Pescara, soprattutto per ragioni di bilancio, ha iniziato a coinvolgere tre scuole elementari, per un totale di circa 1200 bambini, e la distribuzione riguarda solo un prodotto alla settimana. Si tratta, quindi, di un’ introduzione graduale che non va ad alterare l’attuale menù, che il comune, peraltro, ritiene soddisfacente, masemplicemente lo integra.

Ciò nonostante, è stato importante introdurre questa novità nelle mense, perchè rappresenta una svolta non solo per le abitudini alimentari, ma anche perchè, attraverso questi prodotti si viene a conoscenza delle condizioni socio, economiche e sanitarie in cui versano le popolazioni del sud del mondo.

Il commercio equo e solidale nasce da un’ esigenza di giustizia, non è un’elargizione di elemosina, ed ogni consumatore, scegliendo di acquistare i prodotti in una delle 500 botteghe del mondo sparse in Italia, compie un gesto di grande valenza etica che, prima ancora della sua rilevanza politica ed economica, cerca di ridare dignità ad intere popolazioni impoverite da un mercato globale che tende sempre più a privilegiare le rendite da capitale e sempre meno gli interessi dei lavoratori.

Oggi, costruire la pace, vuol dire anche cercare di prevenire i possibili conflitti che potrebbero generarla, ridando dignità e fiducia a queste popolazioni e riconoscendo loro non una generica mozione dei buoni sentimenti, ma un giusto prezzo al loro lavoro, salvaguardando la loro salute e l’ambiente in cui vivono e, non ultimo, rispettando i loro sacrosanti diritti sindacali.

Ogni consumatore, adeguatamente informato e responsabilizzato, con i suoi stili di vita, ha un grande potere nelle sue mani che potrebbe esercitare per ridurre il tasso di sofferenza e di ingiustizia, a cui, spesso, assistiamo impotenti e, a volte, indifferenti.

Non è un caso che Francuccio Gesualdi, uno dei massimi esperti di consumo critico in Italia, è persuaso che ogni consumatore, quando si reca a fare la spesa, è come se andasse a votare, e può, se vuole, premiare o punire le aziende che hanno comportamenti virtuosi o riprovevoli.

Per questa ragione, una corretta e scrupolosa informazione sulla storia dei prodotti, da chi li produce a chi li commercializza, è essenziale per qualsiasi scelta che noi operiamo.

Naturalmente è solo il primo passo verso una più diffusa e matura consapevolezza nella speranza che queste pratiche di economia solidale si diffondano sempre più coinvolgendo fasce crescenti di consumatori.

La scelta di proporre nel menù scolastico le banane è stata motivata dalla storia di questo frutto, tanto dolce nel suo gusto quanto amara per i bananeros che la coltivano. Nei ultimi tempi, attraverso filmati, documentari e testimonianze, siamo venuti a conoscenza di multinazionali, che detengono quasi il monopolio assoluto del commercio delle banane, che adottano comportamenti scorretti per non dire privi di qualsiasi scrupolo e rispetto per l’uomo e per l’ambiente, realizzando, invece, enormi profitti.

La banana, non a caso, viene chiamata “frutto chimico” perchè non appena il futuro casco accenna a svilupparsi sulla pianta viene rinchiuso in un sacco di plastica generalmente impregnato di pesticidi. E’ li dentro cresce il frutto. Durante la coltivazione quintali di insetticidi e pesticidi vengono irrorati sui bananeti da piccoli aeroplani, spesso mentre si trovano gli uomini e le donne a lavorare nelle piantagioni o durante la loro pausa pranzo, costringendoli a coprire con un panno il piatto dove mangiano. Ma anche dopo la raccolta, sulle banane vengono aggiunti ulteriori prodotti di sintesi chimica per la loro conservazione.

Tutto questo da un punto di vista ambientale e sanitario, per tacere del reddito che percepiscono questi lavoratori che non supera, nel migliore dei casi, i 150 dollari al mese, alla durata del lavoro, mai inferiore alle 10 ore al giorno, all’assenza di forme contrattuali, all’inesistenza di garanzie antinfortunistiche o di malattia, al non riconoscimento delle ferie e dei diritti pensionistici e infine alle scarse tutele a favore della maternità.

Di fronte a questo quadro, tutt’altro che idilliaco, ogni consumatore non può non interrogarsi sulle proprie scelte quando va a fare la spesa e di conseguenza cercare tutte quelle forme di pressione, fino al boicottaggio organizzato, per costringere letteralmente le aziende responsabili di queste ingiustizie ad adottare una diversa politica.

Nel frattempo, però, alcuni bananeros, grazie alla possibilità di vendere i loro prodotti nel circuito del commercio equo e solidale in paesi come: Olanda, Svizzera, Italia e altri, hanno costituito delle cooperative scegliendo di coltivare biologicamente e soprattutto garantendo a tutti un livello minimo economico più dignitoso.

Gli operatori di commercio equo occidentali si recano personalmente in questi paesi tropicali e dopo aver fatto tutti gli accertamenti a garanzia che un prodotto possa definirsi equo e solidale, prefinanziano a tassi bassissimi queste cooperative per impedire che il ricorso al prestito tradizionale si traduca per loro in una perdita di autonomia.

Queste sono, in estrema sintesi, le ragioni che hanno spinto la Rete Nonviolenta Abruzzo -nodo Pescara/Chieti della Rete Lilliput a proporre questa importante novità nella nostra regione e il Comune di Pescara, attraverso l’assessorato all’istruzione, ad accettare che in alcune mense scolastiche venissero sperimentati gradualmente i prodotti del commercio equo e solidale.

Sono solo piccoli, ma significativi passi verso la costruzione di un altro mondo possibile, iniziando a modificare i nostri stili di vita.

 

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