Al Vescovo di Gorizia

Monsignor Dino De Antoni

 

Siamo rimasti contenti ma perplessi dell’invito, fatto a don Alberto della Comunità Cristiana di base, a rendersi disponibile per la celebrazione dell’Eucarestia ogni domenica pomeriggio nella parrocchia di S.Giusto, causa la malattia del parroco don Battista Tomasin.

Contenti perché dalla prima fase conflittuale tra parrocchia di S. Anna e Istituzione Ecclesiale, segnata da comprensibili tensioni, incomprensioni, irrigidimento delle posizioni, è seguito il lungo tempo del silenzio e della tolleranza; e oggi, dopo trent’anni, l’Istituzione chiede a don Alberto di impegnarsi in una parrocchia della città.

Perplessi perché a questo punto la Comunità Cristiana si domanda: come viene valutata l’esperienza di donne e uomini, di credenti e “credenti laici” che insieme a don Alberto stanno facendo un cammino di fede nell’Eucarestia, nell’ascolto, nella riflessione della Parola di Dio e nell’impegno sociale all’Arcobaleno e nei vari settori della vita civile?

Riconoscere questo significa che Dio cerca “traduttori” della sua Parola nelle “periferie umane” della società: “Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (I Gv. 4, 20).

Si scopre così la scommessa liberante della Missione del credente, riassunta per ogni tempo nella chiamata biblica: “Esci dalla tua terra e va’ nella terra che io ti indicherò”.

Uscire dal tempio (dai riti, dalle liturgie, ecc.), per abitare la strada, ha un significato: i poveri non sono “clienti” da attendere, ma sono persone di cui si va in cerca.

Questo tentare di vivere il Vangelo ha creato attorno a noi distacco e solitudine.

E su questo percorso di don Alberto e della Comunità Cristiana di base, nessuno “dell’Istituzione” è venuto a dare una mano, anzi si chiede al sacerdote di dare una mano all’Istituzione.

Ci si chiede: con questa richiesta ufficiale si prospetta l’eventualità che don Alberto venga assorbito all’interno delle strutture tradizionali?

Certamente don Alberto è sempre stato pronto a dare una mano a chi chiede aiuto, tanto più se si tratta di una persona malata. Ma Lei è veramente a conoscenza del lavoro di don Alberto e della sua “giornata senza tempo” grazie alla sua totale disponibilità?

Allora il problema non si risolve solo con una Messa al posto di un sacerdote ammalato, ma la chiesa goriziana deve rimettere in discussione quella che è l’essenza dell’azione pastorale, problema appesantito anche dall’invecchiamento dei sacerdoti e dalla loro mancanza.

Da parte nostra continueremo a percorrere la strada intrapresa e a pregare. Non è ostinazione la nostra, ma è ricerca di mettere in pratica l’insegnamento di Cristo.

Preghiamo Iddio di rimanere fedeli a questo impegno perché il lavorare assieme a don Alberto e a sostenerlo è una grazia, un patrimonio da non perdere.

In attesa di una sua risposta, la salutiamo.

Gorizia, 1 febbraio 2006

 

 

p. La Comunità Cristiana di base

Via Salvemini, 32 - Gorizia

(Vidoz Edda)

 

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