Comunità di San Paolo - Gruppo Montesacro

Pentecoste 2006

Tema: Resurrezione e Pentecoste

 

Introduzione al commento delle letture

E Gesù disse: io ritorno dal Padre … vi assicuro che per voi è meglio .., perché se non me ne vado non verrà da voi lo Spirito che vi difende. Invece se me ne vado, ve lo manderò”. (Giov. 16, 5-7).

A partire da questi versetti vorremmo proporvi per la condivisone odierna della parola, del pane e del vino due spunti di riflessioneche il gruppo ha elaborato in quattro incontri, tuttimolto intensi e partecipati.

Lo facciamo ben consapevoli cheparlare di Dio è sempre un azzardo, perché siprova ad esprimere l’ineffabile, ciò che per definizione è indicibile, ciò di cui non si riesce adire,nelle parole e con le categorie concettualie le metafore che la nostra cultura ci suggerisce oggi. E tuttavia l’azzardo va affrontato, perché parlare di Dio risponde ad un’esigenza insopprimibile di gran parte degli uomini e delle donne sotto ogni latitudine ed in ogni epoca. Bisogna farlo, però, con cautela, timidamente, consci che quanto oggi ci appare ragionevolmente accettabile potràessere messo in dubbio domani.

 

La prima linea di riflessione riguarda la comparsadello Spirito.

Con questasi compie l’evoluzione della rappresentazioneche la parte dell’umanità coinvolta nella tradizione giudaico cristianasifadi Dio.

Javhè,il Dio con noi del Vecchio Testamento,che soccorre il suo popolo,lo guida fuori dal deserto,gli spalanca il Mar Rosso per sottrarlo agli egiziani,lo ciba di manna e lo disseta con acqua che fa sgorgare dalla roccia, ma che puresi manifesta nel roveto incandescente,detta leggi da scolpire nelle tavole, che è fedele ma giudice severo anche pronto all’ira, cheguida eserciti ed usa violenza, con l’avvento di Gesù, figlio di Dio e figlio dell’uomo,non è soltanto “con noi” maè percepito amico, fratello, oltre che padre. Un Dio che si siede accanto, che vive, mangia gioisce e piange insieme a noi, che in qualche modo è come noi. Dio si umanizza. “Se mi conoscete, conoscerete anche il Padre, anzi già lo conoscete e lo avete veduto.” (Giov. 14 , 7). La via per conoscerlo e raggiungerlo non è più la Legge dunque, ma Gesù stesso, la sua prassi: “Io sono la via… per mezzo di me si va al Padre.” (Giov. 14, 6). E la prassi di Gesù che conduce al Padre è questa: “Io vi do un comandamento nuovo: amatevi gli uni gli altri. Amatevi come io vi ho amato” (Giov. 13, 34,35).I comportamenti degli uomini e delle donne non sono quindi dettai più da leggi scritte sulle tavole ma da un’ispirazione intima che è dentro ognuno ed ognuna: sono dettati dall’amore. Si passa dalla eteronomia all’autonomia, al primato della coscienza per dirla con la Riforma, prima, edil Concilio Vaticano II, poi. Da un clima di severità e durezza si passa ad un’atmosferadi mitezza ed umilt:. “Prendete esempio da me – dice il Nazareno– che sono mite ed umile di cuore”.

Il percorso dell’idea di Dio si completa con l’evento della Pentecoste.Con la discesa dello Spirito Santo il Dio unico e monolitico del Vecchio Testamento, si apre completamente,diventa plurale e circolare; i nomi che Dio assume sono tre: Padre, Figlio, Spirito Santo. Tre che comunicano intensamente tra loro, legati in un’unica, circolare relazione di amore. Larappresentazione di Dio, uno e trino, allude dunque chiaramentead una comunità di amore. Non a caso la comunità, con la condivisone, la comunione e la comunicazione che le sonointrinseche,è posta a fondamento della prassi cristiana,della esperienza di fede, cioè,di chi si pone al seguito di Gesù di Nazareth.Per evocarnela presenza – lo dice Gesùstesso - bisogna essere almeno in due e riunirsi nel suo nome. Pure la preghiera diventa comune:si invoca Diocome Padre nostro, anche il pane ed il perdono non li si chiede per sé ma per noi,perla comunità; anche la remissione dei debiti non è solo da singolo a singoloma essaè pure collettiva. Ma vi è di più: lo Spirito non discende solo sugli apostoli, né sugli ebrei, ma mette in comunicazione tutti: Parti, Medi, Elamiti, etc. “C’è gente che viene persino da Roma” registrano gli atti degli Apostoli(2, 10). Tutti parlano la propria lingua ma ciascuna/ciascuno sente nella sua quel che gli altri dicono nella loro. La Nuova Alleanza non riguarda più un solo popolo eletto come era perla Vecchia, mal’umanità tutta intera: lo Spirito mette in relazionetutte le genti, di tutti i paesi, lingue, appartenenze. Le diversità rimangono, ma non costituiscono più una barriera alla comunicazione, aldialogo ed alla comprensione. La comunione dunque è possibile tra tutti e tutte, sicché un giorno l’auspicio di Gesù morente sulla croce: “Ut unum sint” – Fa Padreche diventino una sola cosa -potrà avverarsi. In questo senso il futuro è affidato allo “Spirito della verità” che”guiderà verso tutta la verità. Non vi dirà cose sue, ma quelle che avrà udito” (Giov.16, 12-14) Ecco: la comunicazione tra i nomi di Dio si estende a tutta l’umanità e la coinvolge.

 

La seconda linea di riflessione si intreccia con la prima. Ne è la prosecuzione. E richiama, per altro,il tema del 15° Incontro Nazionale delle Donne che proprio oggi si conclude a Genova: “abitare il vuoto”.

Riguardainfatti il nesso tra lavenuta dello Spirito e l’assenza di Gesù. Lo Spirito non viene se Gesù non scompare. Vienequindi per colmare un’assenza, viene perriprendere la relazione, per proseguire la comunicazione. Infatti lo Spirito riprenderà “quello che io ho insegnato, e ve lo farà capire meglio”.(Giov. 16, 15). La morte dunque non è l’ultimo sigillo dell’esperienza umana, la vita continua e prevale sulla morte che non cancella ciò che è avvenuto, non annulla le relazioni che si sono instaurate, non impedisce chela comunicazione continui anche se in forme e modalità diverse.Anzi,se neapprofondiscono i contenuti, li si capisce meglio.Questo è quanto noi, uomini e donne del nostro tempo,leggiamo nelle scritture.

Ma questo non è ciò che avviene anche quando scompare una personache si è amata e da cui si è stati amati?Non fa parte della esperienza comune che ciò che in vita ci siamo scambiati di amore, ma non solo, vorrei dire di bene ma anche di male, lasciano un deposito in noi che la morte non cancella? Non si tratta del ricordo, che è un’altra cosa; ma della presenza in noi di un lascito con il quale possiamo interagire, possiamo comunicareriuscendo a capirne i contenuti di più e meglio di quando la relazione era diretta con la persona scomparsa. Dopo ogni scomparsa c’è sempreuno spirito che viene e la relazione continua.

E’ per questo che noi oggi, nell’anniversario della morte di Adriano, non ne facciamo semplicemente memoria. Ma ne evochiamo la presenza in mezzo a noi: scavandoci dentro, ponendoci in relazionecon il lascito che con intensità e modalità diverse, a seconda delle frequentazioni, ha lasciato in ognuno ed in ognuna di noi e nella nostra comunità che è come è anche perché per tanti decenni Adrianoè stato presente attivamente in essa, con la sua delicatezza, la sua fermezza, la sua appassionata ricerca di fede.

Per questa ragione, Annamaria, la moglie di Adriano, con il suo amore di sposa e la sua passionedi cristiana in ricerca, ha partecipato nelle scorse settimanealla preparazione di questa liturgia.

 

 

 

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