«La Chiesa non comprende la realtà»

il manifesto 22 aprile 2007

 

Intervista a Peppino Coscione, prete sposato e controcorrente: «Ruini è in buona fede»

 

Mentre il fondatore della comunità di San Benedetto don Andrea Gallo parla di «dittatura della coscienza» a proposito delle ultime dichiarazioni dei vertici ecclesiastici su Dico e omosessualità, Peppino Coscione, 64 anni - prete sposato civilmente, impegnato nel «matrimonio di fede», come lui chiama il suo impegno pastorale, prima in una comunità di base nel barese e ora a Genova nel quartiere di Oregina - ha un approccio diverso ed è convinto che «le gerarchie ecclesiastiche siano in assoluta buona fede».

Assoluta buona fede?

La gerarchia ecclesiastica vive in un momento di difficoltà, affronta le dinamiche della società con vecchie categorie teologiche, morali, sociologiche. È una fase lunga di transizione da una antropologia tradizionale a diverse antropologie, al passaggio all'uomo planetario plurale. La Chiesa rievoca punizioni e anatemi soprattutto contro comportamenti sessuali. Le posizioni di Bagnasco o di Ruini dimostrano difficoltà reali al cambiamento in atto. Questi apparati ecclesiastici vivono dentro un assetto relazionale e psicologico di un certo tipo e fanno fatica a capire le dinamiche plurali in cui si vive oggi..

E restano ancorati a un ideale di famiglia patriarcale. Perché?

Lo schema della famiglia che si propone è una famiglia astratta, perfetta. In realtà nella storia millenaria abbiamo conosciuto molti tipi di famiglia. Il vangelo invece si può vivere in diverse modalità di relazione tra uomini e donne purché alla base ci sia amore, rispetto, accoglienza; in diversi modelli sociali di relazione anche tra omosessuali, e in una coppia di fatto. La problematica dei Dico sotto sotto va alle relazioni regolamentate degli omosessuali.

E insieme agli omosessuali credenti, anche divorziati e conviventi si sentono estromessi dalla vita della comunità...

La Chiesa rischia oggi di perdere un aggancio reale con gli uomini e le donne in carne ed ossa, nella loro vita quotidiana concreta. Conosco diverse persone divorziate e risposate che non si fanno problemi a fare la comunione. In chiesa ci va chiunque, se ha una sua autonomia. Certo che dall'altra parte è chiaro segno di debolezza affrontare con velate minacce, insinuazioni, accenni di sventura un dato di fatto. Non mi sembrano profeti di un mondo migliore e possibile. Profeti di sventura, semmai.

 

 

 

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