COMUNITÀ ARCOBALENO

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Gorizia, 29 settembre 2007

 

ALLA STAMPA ED ALLE RADIO LOCALI

 

PARTIRE DAL CARCERE PER RITORNARE NEL TERRITORIO

MEGLIO ANCORA, PARTIRE DAL TERRITORIO PER EVITARE IL CARCERE

 

In questi giorni, a livello nazionale, il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria fa sapere che “le carceri sono di nuovo piene dopo l’indulto”, e, a livello locale, “dai residenti un secco no al nuovo carcere a Lucinico”, e poi i fatti gravi avvenuti nei giorni scorsi al CPT di Gradisca.

L’indulto, se ha momentaneamente inciso sulla questione del sovraffollamento restituendo le condizioni minime di sopravvivenza logistica (impossibili per il carcere di Gorizia), non ha sostanzialmente risolto alcun problema: ai metri quadri a disposizione non si sono aggiunti metri di dignità in più. Da qui la necessità di una riforma del Codice Penale.

La paura poi del carcere non ha frenato la criminalità: “le carceri sono di nuovo piene” non di chi era uscito grazie all’indulto (solo il 22% è rientrato; a Gorizia nessuno), ma altri.

Non si possono ritenere risposte accettabili alcune politiche di edilizia penitenziaria per chi, come il volontariato della giustizia, ritiene che il vero investimento siano seri e realizzabili programmi di decarcerazione, l’applicazione delle misure alternative, una formazione professionale che promuova inserimenti lavorativi: condizioni essenziali per la riabilitazione.

“Educare e non punire” è stato il cartello che la Comunità Arcobaleno ha sottoscritto anni fa.

Partendo dalla nostra piccola esperienza: se consideriamo l’azione educativa come un parametro irrinunciabile al bisogno, non è quello di costruire più carceri ma incrementare e rendere più efficaci le offerte trattamentali. L’accesso al lavoro diventa un elemento essenziale del trattamento interno e necessità irrinunciabile all’esterno, sul territorio, per condurre una esistenza dignitosa. Da qui sarebbe assai più vantaggioso destinare più fondi a progetti portati avanti in sede locale. Partire dal carcere per ritornare nel territorio. Meglio ancora, partire dal territorio per evitare il carcere. Questa ci sembra la vera sfida in cui Enti locali e Volontariato possono lanciarsi in una visione nuova delle politiche penali e penitenziarie.

La battaglia per la sicurezza sociale non si combatte mantenendo le carceri in condizioni disumane, come a Gorizia o moltiplicandone semplicemente il numero, ma creando una zona di maggiore legalità attraverso una politica attenta alle minoranze sociali quali le comunità di accoglienza e le cooperative sociali in grado di creare lavoro, opportunità e accompagnamento alle persone socialmente fragili.

Ci sembra che anche nel goriziano si sottolinei la centralità della reclusione come risposta sanzionatoria (chi rompe, paghi) delegando solo all’amministrazione carceraria il significato della detenzione e della riparazione verso la società offesa dal reato, mentre il compito della detenzione è rappresentato dalla piena attuazione dell’art. 27 comma 3 della Costituzione secondo il quale “le pene …… devono tendere alla rieducazione del condannato”. Questo precetto pone attenzione al valore originario di ogni persona, anche se colpevole di reati, di sperare nella redenzione e nella riconquista di un ruolo dignitoso nella società anche attraverso una costruttiva espiazione. La mentalità della centralità della reclusione determina scelte politiche orientate alla esclusione a scapito di pratiche di integrazione.

 

I volontari penitenziari della Comunità Arcobaleno

 

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