Accoglienza dei bambini in piazza Isolotto a Firenze

 

All’Isolotto un gruppo di genitori insieme ad alcuni educatori, in continuità creativa con l’esperienza educativa della Comunità, tentano la difficile strada di una educazione di sintesi fra la tradizione e l’innovazione, fra il meglio dell’esperienza religiosa dell’umanità e in particolare, ma in modo non esclusivo, fra il Vangelo e la scienza, fra la dimensione spirituale e quella intellettuale-fantastica-materiale, fra il mondo simbolico e rituale religioso e la simbologia laica. Esiste attualmente una quantità di offerta sul piano educativo oltre la scuola: corsi per tutti i gusti, dalla danza al catechismo. E’ una specie di consumismo educativo che però frantuma la personalità dei bambini, mentre il ruolo dei genitori è svuotato e si esaurisce nella delega alle varie agenzie educative e nell’accompagnare i figli di qua e di là in una rincorsa senza tregua. Quel gruppo di genitori dell’Isolotto cerca, faticosamente bisogna dirlo, di riprendersi il ruolo di educatori accettando di crescere insieme ai loro figli e di ricomporre in una sintesi nuova la propria personalità. Non sono sognatori. Fanno cose piccole ma vere. Potrebbe trattarsi di una brezza di futuro. La festa annunciata concluderà l’esperienza educativa di quest’anno. Saranno protagonisti bambini di varie età. Alcuni neonati saranno "carezzati simbolicamente", dagli altri bambini, dai genitori, dagli adulti presenti, sia con l’acqua e con le parole che nella tradizione cristiana significano il battesimo, sia con l’olio profumato di bergamotto, segno dell’accoglienza nella solidarietà perché olio proveniente dalle cooperative di giovani che nella piana di Gioia Tauro lavorano le terre confiscate alla mafia e sono oggetto di gravi intimidazioni. Inoltre piccole pietre disegnate e scritte, segnate dall’impegno, dalla riflessione, dalla creatività di piccoli e grandi, andranno a comporre una futura strada ideale da percorrere insieme, mano nella mano. In fondo alla strada ciascuno scriverà il proprio nome su un grande arcobaleno colorato: chiamarci per nome, affermare la propria soggettività e non intrupparsi, mantenere relazioni positive è l’unico e fondamentale legame che mantiene viva la comunità.

E infine il segno della condivisione del pane e del vino nel segno della memoria di Gesù e anche di tutti coloro che hanno vissuto e dato la vita nella solidarietà e nell’amore. Per alcuni bambini più grandi sarà una festa particolare, un rito di passaggio, un riconoscersi nello spirito dell’esperienza comunitaria che ognuno e ognuna di loro poi vivrà se lo vorrà e come lo vorrà, senza cioè marcare l’appartenenza.

Sarà una ritualità religiosa oppure laica? O forse ambedue? Non è questo il tempo di sintesi nuove aperte al futuro? Ci sono contraddizioni? Il nuovo non è mai puro. Il bambino che nasce è sempre intriso di sangue. Sta alle levatrici lavarlo carezzandolo dolcemente.

 

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