CdB di Pinerolo

Parola che nutre

 

"Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno»
(Giovanni 6, 51-58).


Nel periodo in cui il brano si colloca, la comunità di Giovanni sta affrontando la persecuzione che, dopo il 70, era presente oltre il Giordano, nella Galilea settentrionale. I maggiori oppositori del Gesù di Giovanni sono i farisei, che cominciarono a ricostituire e governare Israele in Galilea solo dopo il 90. L'espulsione dei cristiani dalle sinagoghe fu una misura difensiva che presero in quel periodo.

Questo spiegherebbe l'accentuazione sulla divinità di Gesù, dato che il suo ministero terreno era ben conosciuto da tutte le parti coinvolte nel dibattito. I membri della comunità sapevano, per esperienza diretta, che cosa significasse il martirio e non avrebbero certamente identificato il Gesù crocifisso con un "Dio che marcia sulla terra".

Questa comunità che si nutre dell’Eucarestia, è attraversata da alcune polemiche e tra di loro vi è chi tende a discutere e rifiutare la reale venuta di Cristo nella carne. Per questo l’autore insiste sul “mangiare la carne”, anche perché Giovanni era convinto che Gesù, per come era vissuto e per quello che aveva fatto, era unito a Dio in modo unico. L’autore quindi, vuole rimproverare l’incomprensione degli ambienti giudaici verso l’eucarestia praticata dai cristiani.

In questo brano viene descritto il confronto di Gesù con i giudei, che è presente in tutto il cap. 6 meglio, esplicitato dalla domanda del v.52. in cui i giudei si chiedono:”come può costui darci la sua carne da mangiare?”. È però assurdo pensare a questo versetto in senso puramente materiale, la domanda dei giudei fa pensare a Nicodemo che si rifiutava di immaginare che fosse necessario rientrare nel grembo di sua madre, per rinascere. In questo confronto vi è da una parte Gesù che parla un linguaggio oscuro, e dall’altra i giudei che non fanno nulla per interpretarlo. Qui domina l’indignazione, i giudei discutono e così facendo diventano il simbolo di coloro che non hanno accettato il messaggio di Gesù, che non vogliono comprendere. Ma cosa hanno capito?

La risposta, di Gesù “In verità, in verità vi dico…”, indica le condizioni per avere la vita eterna:  “mangiare la carne e bere il sangue”. Il termine “carne” è strettamente legato al pane che Gesù darà. Nelle ultime affermazioni c’è una chiara progressione: “mangiare” la carne, mangiare Gesù stesso, mangiare il pane disceso dal cielo. Il tema del nutrimento per la “vita eterna”, è annunciato da Gesù fin dall’inizio del capitolo. La vera novità in questi versetti è rappresentata dall’espressione “bere il sangue”. Per i giudei il sangue è la vita stessa, di cui solo Dio dispone. Inoltre la carne era immagine dell’esistenza dell'uomo e della donna con tutti i loro limiti e debolezze.

Ma difficilmente Gesù ha pronunciato queste parole, anche se il loro significato ha fatto certamente parte della sua esistenza. Possiamo però leggere l’invito di Gesù a mangiare il suo corpo e a bere il suo sangue, come la possibilità che ci è data di entrare in profonda comunione di pensieri e di vita con lui, sperimentandola come presenza nel nostro cammino, nelle nostre scelte. Chi segue l’insegnamento di Gesù entra "nel suo corpo e nel suo sangue", cioè entra nel suo cammino storico. Gesù invita noi tutti/e ad intraprendere il suo stesso percorso, facendoci trasformare dalla sua esistenza e dal suo modo appassionato con cui avvicinava le persone e si rivolgeva a Dio.

La simbologia del nutrimento, la Parola che nutre, se viene “mangiata”, cioè pienamente accolta diventa cibo di vita eterna. Questo modo di accogliere il messaggio di Gesù, di seguire le sue scelte, di aderire al suo modo di vivere, è in grado di soddisfare la fame e la sete di cui parlava Gesù  al precedente v.35 “:Chi viene a me non avrà mai più fame, chi crede in me non avrà più sete”, ed è come sorgente di salvezza.

"Mangiare e bere" è il linguaggio del nutrimento. La Bibbia usa spesso questo linguaggio per comunicarci l'amore e la sollecitudine di Dio che nutre il suo popolo nel deserto con la manna e le quaglie ("il pane disceso dal cielo" Esodo 16), in Isaia cap. 66, la cura di Dio per il suo popolo è paragonata a quella di una madre che allatta il suo bimbo. Il “pane” inteso come metafora del dono vivificante di Dio, e poi ancora il “mangiare” come per assimilare quel dono, vivere di esso, e quindi il pane del cielo che è Gesù, abolisce per sempre la morte per colui che lo mangia.

Gesù in 5,24 aveva detto: “Chi ascolta la mia parola è passato dalla morte alla vita. Questo non ci deve far pensare materialmente alla possibilità di non morire mai, ma al modo concreto di dare un senso alla nostra vita, che sia pienamente vissuta e immersa nell’amore e nell’impegno costante nel cercare di far sì che la società sia più giusta.

Mangiare il corpo e bere il sangue di Gesù è un linguaggio simbolico. Non significa una nutrizione fisica e biologica, ma la possibilità di entrare in profonda comunione di pensieri e di vita con Gesù, di sperimentare la sua presenza nel nostro cammino in modo intimo e profondo. "Corpo" e "sangue" esprimono questo nutrire i nostri cuori del messaggio di Gesù, il nostro essere uniti a lui come il tralcio e la vite. Quel pezzo di pane rimane pane; così pure il vino.

Gesù ci invita a nutrirci di quanto lui stesso è stato: del suo insegnamento, di quanto lui stesso ha creduto, della sua fiducia in Dio. Questo è il “cibo” che non si esaurisce mai, ci è dato gratuitamente da Dio attraverso la vita, le azioni, le scelte, attraverso cioè il "corpo e sangue" di uomini e donne che portano dentro di loro il messaggio e realizzano condivisione, accoglienza.

Gesù spezza il pane e con questo gesto ci invita a  fare memoria di ciò che ha fatto e detto e a cercare di metterlo in pratica, a  creare concretamente eucarestia nel quotidiano, cioè a coinvolgerci con sorelle e fratelli per condividere l’ascolto, la compagnia, il sostegno e l’accoglienza reciproca, il lavoro comune, la preghiera, nella consapevolezza che tutto avviene sotto lo sguardo amorevole di Dio, che tutto è un Suo dono e che dunque la terra, la natura e tutto il creato non ci appartengono ma ci sono state dati in custodia. Un'esortazione a trasformare i conflitti con la nonviolenza e il rispetto, gli schieramenti in condivisione fraterna, l'individualismo in coinvolgimento e comunione.

Quello che deve cambiare è la "sostanza" della nostra vita, se ci si affida, come Gesù, all'amore messo in pratica ogni giorno, anche se lentamente, le nostre vite possono cambiare.

Ma gli ascoltatori di allora, come anche noi oggi, sembrano non capire che il discorso vale per ciascuno/a; o forse non vogliono capirlo, perché si tratta di un atteggiamento impegnativo da accogliere e fare proprio. Non è sufficiente il semplice rito (domenicale), che per quanto rivestito di profondo spirito devozionale rischia di rivelarsi sterile, se resta fine a se stesso; occorre praticare ” l’Eucarestia nella vita quotidiana”.

Occorre non lasciarci ingabbiare dalle “leggi” o “regole” che pongono dei limiti che impediscono il reale e libero fluire della vita, come il riferimento a cui si riferisce il v. 58 : la manna mangiata dai padri, che è simbolo della legge che si è dimostrata inefficace per comunicare la vita. Il rito, se è vissuto come richiamo per andare oltre, può avere una funzione importante per attingere a nuove energie, per facilitare l'orientamento sulla via tracciata dal profeta di Nazareth.

Gesù si è nutrito di Dio attraverso la Sua Parola, nella preghiera, nella relazione di totale fiducia ed abbandono a Lui, nell'incontro con le persone. Dio continua a nutrirci attraverso la memoria viva di Gesù.
La lettura, il confronto e la meditazione della Parola, la preghiera personale, lo spezzare il pane durante la celebrazione dell'eucarestia, le relazioni con le persone e con la natura non improntate al possesso ma al dono e all'amore non sono forse un modo con cui Dio nutre le nostre esistenze?

Solo cercando tutti, uomini e donne, di cogliere il valore dei doni che Dio ci ha dato e ai quali Gesù ha testimoniato di aver attinto nella sua vita, possiamo anche noi sentire ed avere il cuore e le mani piene di doni da scambiarci reciprocamente, mettendoci nelle esperienze quotidiane alla sequela di Gesù.

Maria Del Vento

 

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