CdB di Pinerolo

Non ci sono che peccatori, al mondo

 

Andando via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi». Ed egli si alzò e lo seguì. Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli. Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù li udì e disse: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori»
(Matteo 9, 9-13).


C’è da aspettarselo che, se sei a tavola con qualcuno che nessuno inviterebbe mai, la voce si sparga rapidamente e i suoi simili accorrano. Si sentono invitati anche loro dal gesto conviviale. Si avvicinano. E partecipano. Dapprima incuriositi, timorosi... e poi allegri, rumorosi. Anche Gesù è contento: fa festa e mangia e parla con loro. Sono “pubblicani e peccatori”. Sembra una definizione razzista, xenofoba, elaborata da chi li considera diversi da sé e abbietti.

Mi suona piuttosto come una considerazione oggettiva: sono proprio così, pubblicani e peccatori (qualche giornalista di oggi direbbe: zingari, drogati, omosessuali, extracomunitari...), e Gesù sta bene in loro compagnia. C’erano anche donne, di sicuro, anche se non vengono mai nominate, come le prostitute, pubbliche peccatrici, frequentate di notte da chi di giorno le condanna...

D’altra parte, chi è senza peccato scagli la prima pietra! E tutti se n’erano andati, ricordate? a cominciare dai più anziani. Come dire: non ci sono che peccatori, al mondo.

E’ loro che Gesù è venuto a chiamare, non i “giusti”. Gesù chiama tutti e tutte, quando passa: uomini e donne, pescatori e gabellieri, soldati e prostitute, notabili e scribi e bambini... Quanta gente lo segue, nei Vangeli!

Un giorno incontra anche uno che sembra giusto, che ha osservato scrupolosamente tutti i comandamenti fin dall’infanzia. Ma... è attaccato alle sue ricchezze e non se la sente di accogliere l’invito di Gesù a dar via tutto e seguirlo. Non è poi così giusto neanche lui, in fondo.

I “giusti”, in realtà, non esistono, non sono di questo mondo. E’ una parola che suona falsa. Questo mi dice Matteo. Gesù sta a tavola con pubblicani e peccatori per smascherare coloro che “si credono” giusti. E che vengono così allo scoperto. Loro non si siederebbero mai a tavola con quella gentaglia!...

E Gesù, che è un rabbi come loro, dovrebbe fare altrettanto. Quello, forse, è il segno che gradirebbero da lui, per accoglierlo finalmente come uno di loro. Loro conoscono a memoria la Legge e i Profeti, hanno i sacri testi inchiodati agli stipiti delle porte e intrecciati con i riccioli che hanno in testa!... Loro sanno distinguere i giusti dai peccatori e sanno che Dio ama i giusti, perché solo ai giusti d’Israele è stato promesso il Regno. Eccetera eccetera...

Ma sono anche i discendenti di chi ha regolarmente perseguitato e ucciso tutti i profeti. E faranno altrettanto anche con Gesù, quel traditore della purezza ebraica, che sostiene di essere venuto “per le pecore perdute d’Israele”. Ma quelle vadano al diavolo!

Ecco perché li hanno sempre uccisi: perché i profeti pretendono di sapere come si deve vivere, meglio di loro che conoscono a memoria la Legge, fin nei minimi dettagli, e ne discutono quotidianamente da secoli. E conoscono anche bene quello che Gesù ricorda loro: “Misericordia voglio e non sacrificio”. E’ scritto nel libro di Osea, lo sanno a memoria, cosa crede!

Ma finisce lì. Lo sanno a memoria, appunto. E basta. Come sapevo a memoria, io, tutte le risposte del catechismo e per quello ho vinto il “premio Roma”. Avevo nove anni. Ma che cosa significhi la misericordia ho cominciato a impararlo molto più tardi, e non da quei preti. Ho dovuto lasciare i culti, le messe, le cerimonie solenni e i paramenti sacri.

Dopo undici anni di seminario sono entrato in fabbrica e sono stato l’unico a non partecipare alla messa di Pasqua, quell’anno, celebrata dal cappellano davanti a padroni e dipendenti. Davvero una unica grande famiglia! Poi ho lasciato anche la parrocchia e la transustanziazione e i catechismi. Ma non ho mai sentito vuoti angoscianti dentro di me, perché perdere dio è stata un’operazione contemporanea alla scoperta dell’amore: non una sostituzione, ma l’incontro con il dio vero, quello che andavo cercando da sempre.

Sono state le donne del femminismo, prima fra tutte mia moglie, a farmi conoscere l’amore. Quello che nella Bibbia è chiamato “compassione e misericordia”. Quello che Gesù chiamava Dio. Quello che ha inteso significare spezzando il pane e distribuendo il vino, quella sera prima di morire:

“Questo è il mio corpo, il mio sangue... questo sono io, è la mia vita... e questo fate per non dimenticarvi di me, per continuare ad essere miei discepoli e mie discepole. Spezzate e condividete la vostra vita, mettetela a disposizione degli altri e delle altre; cioè: com-patite, vivete con loro, mangiate e parlate con loro. Come con chi? Con i peccatori, con i vostri simili; esattamente come ho fatto io con i miei simili.

Poi hanno scritto tutte quelle palle sul fatto che io sarei dio e, quindi, immune dal peccato... Così chi si autoproclama mio successore può pretendere di farsi chiamare “santità”. Ma non ci sono giusti e santi a questo mondo! Anzi: coloro che si credono giusti e osano scagliare la prima pietra sono in realtà i più disgraziati, perché non si siederanno mai a tavola con me e non sanno neppure che cos’è l’amore. Idoli di se stessi, fanno casta tra loro e giudicano e condannano gli altri... Ciechi che guidano altri ciechi.

Invece per voi non sia così! Amore è saper stare nelle relazioni con compassione e cura, condividendo e aiutandovi a vicenda. L’amore è la sorgente della vita e il soffio vitale di tutto ciò che vive. L’amore non sarà mai una dottrina da imparare a memoria e trasmettere in formule, come il dio che “i giusti” hanno inventato a loro immagine e somiglianza.

E quando vi dico “amate i vostri nemici”, state ben attenti: intendo coloro che “vi ritengono loro nemici”. Se li amate, non sono vostri nemici. Sono loro che pensano che voi li consideriate tali e tali si sentono nei vostri confronti. Poveretti! Non sanno quello che fanno e dicono. E magari hanno sempre “dio” sulle labbra.... Ma è ciò che c’è nel cuore quello che conta. L’amore. L’altro nome della compassione.

Voi cercate di vivere così. E loro, a poco a poco, capiranno che cosa significa “misericordia e non sacrificio” e si convertiranno, ne sono sicuro: cambieranno il loro modo di stare al mondo. Si scopriranno peccatori, si siederanno a tavola con voi e ci sarà da mangiare per tutti e tutte. Perché scopriranno che è conveniente condividere, perché si vive bene tutti quanti, e che l’unico vero peccato è accumulare, rapinare per arricchirsi, perché di lì nascono tutti gli egoismi. Sarà una gran festa, quel giorno! Sarà il Regno dell’Amore, finalmente!”.

Beppe Pavan

 

 

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