CdB di Pinerolo

Il testimone della luce

Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce (Giovanni 1, 6-8).

E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: «Chi sei tu?». Egli confessò e non negò, e confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Che cosa dunque? Sei Elia?». Rispose: «Non lo sono». «Sei tu il profeta?». Rispose: «No». Gli dissero dunque: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, come disse il profeta Isaia». Essi erano stati mandati da parte dei farisei. Lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo». Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando (Giovanni 1, 19-28).

 


Mi sembra utile, prima di riflettere su Giovanni il battezzatore, ricordare che l’evangelista Giovanni è colui che porta a compimento il processo teologico che in mezzo secolo (dagli anni 50 di Paolo) ha trasformato il profeta di Nazareth in Dio.

Tutto il primo capitolo sembra costruito per offrire da subito questa lettura di fede: Gesù è già adulto, sta per cominciare la sua missione pubblica; pronuncia poche parole, ma sono decisive quelle messe in bocca al battezzatore e ai primi discepoli: “Ecco l’agnello di Dio, che toglie il peccato dal mondo” (v 29); “il Figlio di Dio” su cui ha visto posarsi lo Spirito “in forma di colomba” (vv 32-34); “abbiamo trovato il Messia” (v 41); “colui di cui scrissero Mosè nella legge e i Profeti” (v 45); “Vedrai cose più grandi di queste... vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo” (vv 50-51).

Poi, il capitolo 2 comincia con il miracolo di Cana... insomma, chi legge questo Vangelo non deve avere dubbi: Gesù è Dio, il Figlio divino di Dio!

Testimone della luce

E siamo ai versetti di oggi. Giovanni il battezzatore “è stato mandato da Dio... per dar testimonianza alla luce... che stava per venire nel mondo”, Gesù. Giovanni era un profeta riconosciuto e seguito: la sua testimonianza doveva essere presa molto sul serio, come quella di Simeone e Anna nel capitolo 2 di Luca. Nessun israelita avrebbe dovuto dubitare che Gesù fosse proprio “la luce vera, il Messia”.

A sottolineare bene questa testimonianza sta il quadro dei vv 19-28: gli inviati dei Giudei da Gerusalemme sono “sacerdoti e leviti” farisei. Tutti e tutte coloro che ascoltavano e leggevano il Vangelo conoscevano bene la loro aspra competizione nei confronti di Gesù e quanto tragicamente l’avessero conclusa...

Qui entrano in scena ancor prima, come preoccupati di quanto sta per accadere sul loro territorio. Ma Giovanni ce li presenta ammutoliti dalle risposte secche e precise del battezzatore: non è di me che vi dovete preoccupare, ma di “colui che viene dopo di me”. Vi dovete “preoccupare”... Sì, è un termine davvero adeguato: come un bisturi nel bubbone da incidere!

Alla domanda “Chi sei tu?” la risposta sembra addirittura incoerente: “Io non sono il Messia”. Perché quella era la grande attesa e tutto il mondo, in Israele, sembrava non aspettare altro. Luca mette la domanda nel “cuore” del popolo (Lc 3,15) e la risposta del battezzatore, in Giovanni, va dritta al punto.

 Eppure la vita, da secoli, andava avanti con la solita quotidianità, di chi pensava a sopravvivere alle ingiustizie e di chi di quelle ingiustizie faceva la propria ragion d’essere. Profeti e profete s’incaricavano di tener desta nel popolo l’attenzione per la giustizia e l’attesa per il giustiziere finale, che sarebbe sicuramente apparso un giorno...

Giovanni è la “voce” che lo rende presente, visibile, udibile; è l’ultimo profeta che ha il compito di aprire finalmente il sipario: è il testimone per eccellenza del Messia tanto a lungo promesso e finalmente arrivato.

Chi sei?

“Che cosa dici di te stesso?”. Lo prendono davvero sul serio; sono disposti a credere e riferire quello che lui dirà, non intendono fargli un processo. Gli fanno delle domande: le stesse del popolo, le stesse che stavano nel cuore di due suoi discepoli (v 35) a cui, due giorni dopo, indicherà Gesù che sta passando... e quelli andranno dietro a Gesù, abbandonando il maestro che avevano seguito fino ad allora.

Ecco il suo ruolo, ecco plasticamente documentata la differenza tra la “voce” e la “Parola”, tra la “luce vera” e il “testimone della luce”. Giovanni il battezzatore dimostra una grande consapevolezza di sé e invita ogni suo interlocutore ad acquisirne altrettanta.

Appianate la via del Signore

Nel Vangelo di Luca troviamo la citazione completa del brano di Isaia che Giovanni usa per presentarsi come “voce che grida nel deserto”. E invita alla conversione, al cambiamento di vita: da una vita spesa a scavare valli nella vita degli altri, impoverendoli, e a innalzare monti e colline nella propria, arricchendosi, a una vita in cui, con la condivisione e la giustizia, le valli siano colmate e le colline spianate.

Non ci siano più ricchi e poveri, ma fratelli e sorelle che si amano e si aiutano a vicenda: la conversione, che Giovanni predica e a cui il battesimo dà visibilità, è la preparazione della strada al messaggio più profondo che sull’amore porterà Gesù.

La venuta del Signore è il Regno di Dio, frutto della conversione dell’umanità a pratiche di relazioni fatte di giustizia e di amore. Possiamo dirla in tanti altri modi, ma la sostanza del discorso mi sembra proprio questa.

Chi è il testimone?

L’abbiamo detto e ripetuto nel gruppo, leggendo e commentando il Magnificat messo, da Luca, in bocca a Maria: non è importante disquisire sulla veridicità oggettiva degli episodi narrati, quanto cogliere il contenuto e il senso della testimonianza che intendeva dare chi ha redatto quegli episodi.
La testimonianza da indagare è, quindi, quella dell’evangelista più che quella del battezzatore.

Così le parole del secondo acquistano senso e forza alla luce di quanto il primo scrive a proposito di Gesù. Che il “prologo” sia un inno, un sommario, un’aggiunta, un tentativo per conquistare l’attenzione della Grecia... poco importa; resta una disputa tra studiosi e ricercatori
.
L’evangelista mi dice che quella “Parola”, che era Dio (v 19), che era presso Dio (v 1)... nel seno del Padre (v 18)... in principio (vv 1 e 2)... per mezzo del quale Dio ha creato tutte le cose (vv 3 e 10)... è la “luce”. Gesù è la luce che ci rende possibile “vedere” l’oggetto della nostra fede: Dio. Gesù non è l’oggetto della nostra fede, non chiede di credere in lui, ma in Colui che lo ha mandato.

Il battezzatore è colui che lo ha fato conoscere al popolo e ai suoi propri discepoli. Questa è la testimonianza più forte: è lui che dovete seguire, non me! E le prime comunità si mettono in cammino e passano parola: è la conseguenza diretta della missione di Giovanni: “seguimi”, “vieni”, “vedrai”... (v 35 ss).

Chi si mette al seguito di Gesù ha voglia di “vedere” e che altri e altre vedano ciò che lui/lei ha visto: l’Amore, la Luce, la Strada che porta al Regno.

Ecco chi è il più grande tra i due!

Beppe Pavan

 

[torna indietro]