Marcello Vigli

La cultura e il valore di una nuova laicità

il manifesto 23 marzo 2008

 

Rossana Rossanda, per rilanciare in campagna elettorale il tema della «laicità delle istituzioni», ha giustamente cominciato col denunciare l'opportunismo che ha caratterizzato dalle origini della Repubblica, seppure con responsabilità e esiti diversi, le scelte politiche di comunisti e socialisti di varia osservanza indifferenti alle richieste dei radicali e infastiditi dagli appelli dei cattolici «dissenzienti».

Alla denuncia fa seguire un'indicazione per uscire dalla patente regressione di chi cinguetta con i vescovi: bisogna avere un'idea di che cosa sia un'etica pubblica, quella che matura discutendone in libertà e responsabilità alle soglie del terzo millennio.

Per la costruzione di quest'idea non basta ridursi a raccogliere le vecchie bandiere del laicismo, e non solo perché ha un suono un po' sinistro. In verità una laicità ridotta a appendice dell'ideologia liberale, a fonte di lamentazioni contro l'ingerenza della gerarchia, a teoria interpretativa nei trattati di Diritto ecclesiastico, a blanda denuncia dei privilegi clericali non è in grado di far fronte all'interventismo del nuovo soggetto politico: la Conferenza episcopale italiana. Costituito dagli Accordi craxiani del 1984 è andato a aggiungersi al riconoscimento della sovranità della Santa sede avallata Trattato mussoliniano del 1929. Forte dei lauti finanziamenti concessi da quegli stessi Accordi, può anche permettersi di opporre la «sana laicità», proclamata dai suoi intellettuali di complemento, a questo laicismo verbalmente aggressivo ma sostanzialmente impotente.

E' necessario andare oltre per dare nuovo colore alle vecchie bandiere.

Innanzitutto bisogna preferire le azioni alle irrinunciabili denunce, pur sempre utili, promuovendo concrete iniziative legislative per eliminare lo scandalo dell'esenzione dell'Ici per gli edifici gestiti con fini di lucro dalle autorità ecclesiastiche, per eliminare la spartizione delle quote non optate dell'otto per mille dell'Irpef fra i destinatari delle opzioni espresse, per cancellare gli incostituzionali finanziamenti alle scuole private, per abolire i cappellani militari, per rendere effettivamente facoltativo l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole e per abolire l'anomalia del ruolo per i suoi docenti.

Possono servire anche la massiccia presenza mediatica per orientare le scelte dei contribuenti in merito alla destinazione dell'otto per mille e i ricorsi alle magistrature, ordinaria e amministrativa contro le prevaricazioni nell'applicazione delle stesse norme concordatarie.

Al tempo stesso, però, per costruire un'etica autonoma da dogmi religiosi e identità etniche, è necessario avviare un ripensamento della laicità riscoprendone le autentiche radici che affondano, prima che nelle pagine di pensatori illustri, nella Dichiarazione universale dei diritti.

Da allora si sono chiamati diritti quelli che teologi e filosofi definiscono valori, comandamenti di Dio, principi naturali. Verificabili i primi attraverso le lotte per essere tradotti in norme condivise. Astratti gli altri oggetto di feroci dispute dottrinali o di facili compromessi verbali, comunque inadeguati a generare prassi condivise fra individui di orientamento diverso.

Da quest'innovazione rivoluzionaria nasce la laicità affidata nel suo sviluppo non solo alle elaborazioni dei laicisti, ma al faticoso avanzamento nelle società della costruzione dell'uguaglianza che non si trova in natura, ma va maturata rendendo concreta la libertà e sollecitando la solidarietà. Questo processo ha trasformato e continua a trasformare i sudditi in cittadini investendoli dell'esercizio della sovranità. La laicità avanza con la democrazia di cui è l'altra faccia come la dimensione nella quale tutti possono convivere nel rispetto reciproco perché partecipi della stessa umanità e titolari degli stessi diritti: ieri appannaggio dei soli bianchi, borghesi e colti, poi anche dei bianchi, proletari a alfabetizzati, oggi proclamati dalla Carta dell'Onu anche per gli oltre sei miliardi di uomini e donne abitanti nel pianeta. In questa prospettiva trova senso un recupero della laicità oltre il laicismo per rilanciare il suo autentico significato di «autonomia dell'umano» che autorizza a vivere «come se Dio non ci fosse»; per costituirla essa stessa cultura e valore sulla quale costruire un'etica libera da ogni ipoteca metaumana.

Valida per «l'uomo planetario», di cui parlava Ernesto Balducci, farà giustizia dei tanti valori di latta riproponendo anche nel mondo globalizzato il lavoro a «fondamento» della convivenza umana, come nella nostra Costituzione. In questa prospettiva è possibile contare anche su chi muove da esperienze religiose non fondamentaliste e sugli stessi cattolici italiani non clericali, impegnati come don Luigi Ciotti e Alex Zanotelli su entrambi i fronti istituzionale e sociale, e disposti a mettere in discussione il regime concordatario dissociandosi apertamente dalla linea burocratica e integralista imposta dal cardinale Ruini.

 

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