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1) Don Franco Corbo scrive

 

E' con immensa gioia che vi comunico questa notizia: El Salvador: i Vescovi sollecitano il Papa sulla causa di mons. Romero.

Aggiunge la nota di agenzia che la riporta:

La Conferenza Episcopale di El Salvador (CEDES) ha chiesto a Papa Benedetto XVI la “rapida conclusione” del processo di beatificazione dell'Arcivescovo Óscar Arnulfo Romero, di cui il 24 marzo ricorreranno i 30 anni dalla morte.

Monsignor Romero, Arcivescovo di San Salvador, venne assassinato il 24 marzo 1980 da un cecchino mentre celebrava l'Eucaristia nell'ospedale per i malati di cancro della Divina Provvidenza.

I Vescovi salvadoregni hanno adottato questa decisione nella loro prima riunione annuale, celebrata di recente, come ha reso noto il Vescovo ausiliare di San Salvador Gregorio Rosa Chávez attraverso una pubblicazione della sua parrocchia.

 “Una decisione importante (dell'incontro dei Vescovi) è stata quella di scrivere una lettera al Santo Padre per esprimere l'interesse dei nostri pastori per la rapida conclusione del processo di canonizzazione di monsignor (Romero)”, afferma monsignor Rosa Chávez.

Questa domenica, l'Arcivescovo di San Salvador José Luis Escobar ha annunciato che la Chiesa inizierà gli atti commemorativi del 30° anniversario dell'assassinio del presule con alcune giornate di riflessione.

Ha anche raccomandato ai salvadoregni di pregare e promuovere il “culto privato” per favorire la beatificazione di monsignor Romero, chiedendo inoltre rispetto per la figura del presule assassinato per non ostacolare il processo.

 “Vorrei lanciare un appello alla preghiera”, ha dichiarato. “Se qualcuno viene canonizzato, è perché Dio lo vuole”.

Nel corso di una conferenza stampa, ha ammesso che la causa “è in fase avanzata”, ma ha detto di non sapere “quanto tempo manca” a che monsignor Romero sia dichiarato beato.

 “Avremmo desiderato che in una data come questa si fosse data la notizia gradita a tutti che monsignor Romero veniva dichiarato beato, ma non abbiamo alcuna notizia”, ha affermato.

In questo contesto, ha invitato i fedeli “a raccomandarsi a Dio per intercessione di monsignor Romero” e a far giungere testimonianze di grazie, favori e miracoli ricevuti.

“Per la verità abbiamo visto poca devozione privata, e su questo punto è necessario un cambiamento. Non ci può essere un culto pubblico per una persona il cui caso è all'esame del Vaticano, ma ci può essere in forma privata e deve esserci sempre più”, ha aggiunto.

A suo avviso, è bene che il processo di canonizzazione si svolga in un ambiente “sereno”, lontano da qualsiasi “manifestazione di carattere sociale e politico”.

“Abbiamo chiesto in molte occasioni un estremo rispetto per la causa di monsignor Romero”, ha spiegato.

La Commissione per la Verità, che ha indagato sui crimini commessi durante la guerra civile salvadoregna (1980-1992), ha stabilito in un rapporto divulgato nel marzo 1993 che l'assassinio di Romero è stato presumibilmente ordinato da Roberto D'Aubuisson, fondatore del partito Alianza Republicana Nacionalista (Arena).

L'Arcivescovo, in cui onore si celebrerà quest'anno una giornata della gioventù organizzata dalla Chiesa, denunciava dal pulpito le ingiustizie contro la popolazione e gli omicidi perpetrati dagli “squadroni della morte”.

 “L'obiettivo che ci spinge quest'anno, trentesimo anniversario (...), è favorire uno spazio di incontro, convivenza, riflessione, devozione e mistica del Servo di Dio monsignor Óscar Arnulfo Romero”, ha dichiarato monsignor Escobar.

Il presule ha invitato i giovani a partecipare alle giornate di riflessione che inizieranno nei prossimi giorni e culmineranno con una celebrazione eucaristica di fronte alla Cattedrale il 20 marzo.

 


2) Enzo Mazzi scrive

 

Caro don Franco,

ti ringrazio della notizia che tu definisci "bella". Io preferirei definirla "problematica".

E mi domando: santificare il vescovo di San Salvador mons. Orcar Romero, come chiede ora la Conferenza Episcopale di El Salvador e come ha annunciato lo stesso Vaticano nel XXVIII anniversario dell' assassinio, o santificare le donne e gli uomini, fra cui anche Oscar Romero, che si sono impegnati e s’impegnano per la liberazione del popolo? E che significa "santificare"?

Un’intera pagina dell’Osservatore Romano (28/3/2008) dedicata a mons. Oscar Romero e alle celebrazioni romane del XXVIII anniversario del suo martirio (assassinato il 24 marzo 1980), con un articolo di mons. Vincenzo Paglia, vescovo di Terni-Narni-Amelia, postulatore della causa di beatificazione dell’arcivescovo, e una riflessione del vicedirettore Carlo Di Cicco su "La vicinanza di Paolo VI e papa Woityla.

Fatto inedito e sorprendente. Per tutti questi anni il Vaticano ha ignorato e qualche volta denigrato la figura di mons. Romero. Inoltre il vescovo assassinato all’altare descritto negli articoli dell’Osservatore Romano ha ben poco a che vedere con quello che un altro vescovo, Pedro Casaldáliga, ribattezzò San Romero d’America: "Romero è santo in un modo del tutto particolare. È già stato canonizzato dal popolo. Non occorre altro. Nessuno deve canonizzare Romero, perché sarebbe come pensare che la prima canonizzazione non è servita". Il teologo della liberazione María López Vigil ha dichiarato (in un’intervista rilasciata ad Adista nel 2005, v. Adista n. 84/05) l: "Il Vaticano, non può aggiungere nulla. Semmai, può togliere. E cosa può togliere? La contraddizione, il conflitto, la vicinanza alla Teologia della Liberazione. D'altra parte, il popolo del Salvador proverà un grande orgoglio nazionale nel vedere il volto di mons. Romero in Vaticano, a Roma: Roma che è lontana, che è grande, che è la televisione. Ma questo non ha più a che fare con la santità, bensì con un problema di identità nazionale".

Per noi è scontato il senso critico verso questa decisione del Vaticano di santificare mons. Romero. Ma ci domandiamo se possiamo accogliere acriticamente, senza porsi interrogativi, la "canonizzazione dal popolo", la santificazione dal basso.

Caro don Franco, se hai ancora qualche minuto di tempo e un po' di pazienza, puoi leggere qualche riflessione che rispecchia la maturazione fatta in comunità ogni volta che si compie la memoria delle vittime della violenza antipopolare in El Salvador e altrove.

Possiamo partire dalla mitizzazione di Gesù avvenuta già a partire dal Nuovo Testamento cioè dal I° secolo. In pratica pochi anni dopo la morte di lui. La mitizzazione di Gesù avviene già all’interno della cerchia di persone che avevano vissuto con lui. Anche quella di Gesù è una specie di santificazione dal basso. Che poi viene assunta e sancita dal potere.

Si può ritenere che la mitizzazione di Gesù valga in modi diversi per tutti i grandi personaggi. Ad esempio quelli che vengono definiti fondatori di grandi religioni: Mosè, Buddha, Maometto. Anzi forse il sistema della mitizzazione costituisce ancora oggi il fulcro della organizzazione della società e della vita e il modo comune di vedere e insegnare la storia. La storia è per lo più storia della emersione di grandi personaggi compresi i santi, di grandi civiltà, di grandi opere. Il resto è appunto "resto", massa informe.

Se assunta come tappa provvisoria del processo evolutivo umano, può avere un grande e positivo significato personale e sociale la sacralizzazione-esaltazione-santificazione-divinizzazione di alcuni esseri umani e al limite di uno solo, per salvare l’umanità intera dall’angoscia esistenziale della morte, della solitudine e del nulla; la "sequela" spirituale del modello; l’ immedesimazione simbolica nella vittima sacrificale che salva col suo sangue. Quante energie positive si sono sprigionate nella storia di questi due millenni dall’immedesimazione col mito Gesù e quante ne scaturiscono ancora. Quale immensa spinta hanno ricevuto valori essenziali per una pacifica e giusta convivenza umana. In primo luogo il valore della solidarietà con le vittime dell’ingiustizia o meglio ancora con le vittime senza aggettivi. Quanti esseri umani crocifissi si sono sentiti dire insieme al ladrone crocifisso con Gesù la frase del Vangelo: "Oggi sarai con me in paradiso".

Ma ha ragione chi, come la teologia della liberazione, vede anche il bicchiere mezzo vuoto. Se l’immedesimazione con la vittima sacrificale viene assunta non come una tappa ma come un assoluto, allora essa alla fine dei conti serve a stabilizzare per sempre il sistema del dominio, della ingiustizia, della violenza. Le mitizzazioni dei salvatori ci dicono, infatti, che l’umanità non è salvata dall’estinguersi della violenza ma soltanto dalla solidarietà con le vittime. Il riscatto storico può e deve essere affidato alla dimensione non della giustizia ma della carità come anticipazione di ciò che sarà reale e compiuto solo alla fine della storia, nell’ "al di là". La croce deve sciogliere i cuori ma non deve intaccare i meccanismi del potere. E’ stato facile per ogni potere oppressivo, fino dagli inizi del cristianesimo, fin da Costantino, strumentalizzare la croce come invito alla rassegnazione di fronte alla sofferenza e di fronte alla ingiustizia. Su tale strumentalizzazione è stata costruita la ideologia del dominio e, nell’orizzonte del dominio, la cultura della carità cristiana in questi due millenni.

La santificazione di Romero, martire, segue gli stessi meccanismi sacrali di mitizzazione che hanno portato alla mitizzazione e divinizzazione di Gesù.

Questo vale anche per la santificazione dal basso? Da parte del popolo?

Mons. Romero, quando fu eletto vescovo era piuttosto conservatore, staccato dal popolo e dalle su ansie e lotte di liberazione. Poi piano piano, a causa della feroce politica e della brutale repressione antipopolare, si convertì. Fu il popolo che lo convertì.

Fu la sua salvezza perché divenne un altro uomo: restò un contemplativo ma con gli occhi e la sensibilità della gente umile che contempla dal basso, laicamente, cioè con le mani, con i piedi, col sangue, con la collera, con la lotta, con la fede.

Si può parlare di Romero senza partire da tutta questa gente, senza vederlo interno al grembo vitale della massa povera della gente del Salvador, generato da lei? Certo che si può, ma facendo torto alla sua seconda nascita. Non ha vissuto per emergere ma per convergere, per dare forza e voce e potere ai senza potere. Pur senza saldare definitivamente, neppure lui, il debito incolmabile che ognuno di noi mantiene verso la coerenza.

Non fare santo lui, fare santa tutta questa gente. Questo potrebbe essere l’obiettivo delle comunità di base, delle organizzazioni popolari e della teologia della liberazione. Liberarsi e liberare da tutte le mitizzazioni e santificazioni.

E’ quello che fa, ci sembra, Claudia Fanti, che ha scritto il libro "El Salvador: il Vangelo secondo gli insorti". Claudia da anni redattrice dell'agenzia di informazione Adista, è specialista dei movimenti ecclesiali e sociali dell'America Latina. Il suo non è uno dei tanti libri che esaltano il mito e il martire Romero. E’ un racconto avvincente di tante storie di gente umile, quella che normalmente viene oscurata se non annullata dalla mitizzazione del santo. Romero c’è, ma dentro la rete della relazioni, non sull’altare o nel santino.

E’ scritto nel retro di copertina del libro di Claudia:

"Se, come scrisse Ignacio Ellacuria, ‘con mons. Romero Dio è passato per El Salvador’, molte altre tracce ha lasciato questo passaggio. L'arcivescovo martire è stato il frutto più grande, ma non l'unico, di una terra fecondata con il sangue di tanti suoi figli. Figli poveri, indifesi ed oppressi, ma anche fieri ed eroici, pronti a combattere al prezzo della vita per un mondo altro, un Paese altro, un'esistenza altra. Questo libro racconta la storia di alcuni di loro, uomini e donne, tutti pronti a dare la vita pur di spezzare le catene dell'oppressione. E si delinea così anche la storia di un'altra Chiesa, meno conosciuta, non quella della gerarchia, ma quella del popolo di Dio, fatta di persone prima che di sacerdoti che hanno sposato, in nome di Dio, la causa degli oppressi, lottando e morendo alloro fianco. Una storia di eroismo e di martirio, di dolore e di speranza per un Salvador libero".

I miei, i nostri, sono interrogativi. Non sono pensieri elitari. Sono scelte di vita concreta quotidiana in mezzo alla gente umile.

Mi scuso di aver abusato della tua pazienza e ti saluto con affetto e stima

                                            Enzo Mazzi

 


3) Don Franco Corbo risponde

Io sono stato più volte in Salvador ed ho camminato con le CDB salvadoregne. Spesso a Potenza abbiamo ospiti delle cdb salvadoregne guidate da Rutilio Sanchez, collaboratore di Romero. Per i cristiani di tutta l'america Latina, dove sono di casa, Romero è una stella, un pilastro è S. Romero d'America. Egli è l'espressione di tutti i cristiani delle realtà di base che hanno pagato con la vita la loro fedeltà al vangelo. Nell'Aprile 2005 (XXV dell'assassinio) io ero a S. Salvador, in piazza con 100.00 salvadoregni, centinaia di preti di base decine di vescovi. Il popolo celebrava il suo martire.

Per questo tutto quello che dici, Enzo mi va bene. Ma mi va anche bene il desiderio, che è anche il mio, del popolo salvadoregno sofferente, che già chiama Oscar S. Romero d'America. Tutte le operazioni di annacquamento possono valere per chi non conosce Romero ed il suo popolo martire. Ed il popolo sa quale Romero celebrare e come. Sicuramente a Potenza Romero è conosciuto già dal 1980  e nella giusta visione del popolo salvadoregno. Perciò ritengo giusto che, finalmente e con tutti i distinguo che lasciano il tempo che trovano, Romero sia riconosciuto il Santo ed il protettore dei poveri dell'America latina.

Franco Corbo


Carissimo Francuccio,

pace e gioia a te! Puoi ben immaginare quanto sia grande la mia gioia di comunicare "saltem aliquando" con te, anche se solo attraverso gli strumenti elettronici...

Mi ha sollecitato la tua risposta ad Enzo Mazzi a proposito della canonizzazione di Romero.

Avete ragione tutti e due, anzi abbiamo ragione tutti e tre.

Anch'io dal 1981 mi dedico ogni anno alla celebrazione del martire dei poveri "icona e simbolo dei martiri per la giustizia e la pace".

Sono consapevole (e sofferente e scandalizzato) delle strumentalizzazioni ma proprio per questo vado (andiamo) avanti.

Approfitto di questo per aggiornarti sul nostro programma di celebrazioni romane.

(....)

Un grande abbraccio.

Gianni Novelli