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LA GIOIA DEL SIGNORE, LA NOSTRA FORZA

Peppino Coscione   

Adista N.1 2010

Anno C-24 gennaio 2010-III Domenica del Tempo Ordinario. Ne 8,2 4a.5 6.8 10 Sal 18 1Cor 12,12 30 Lc 1,1 4; 4,14 21

Nella prima lettura di questa III Domenica del Tempo Ordinario leggiamo che Neemìa dice: "Non vi rattristate, perché la gioia del Signore è la vostra forza" e troviamo che il salmo responsoriale riprende il tema della gioia affermando che "gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore".

La gioia, un sentimento che spesso il cristianesimo non ha conosciuto né stimolato, perché si è presentato come una religione della umiliazione, della mortificazione e non della liberazione. Quella liberazione che Gesù, all'inizio della sua predicazione itinerante, annunciò come suo programma nella sinagoga di Nazareth:

"Lo Spirito del Signore è sopra di me,

perciò mi ha unto per evangelizzare i poveri;

mi ha mandato per annunciare la liberazione ai prigionieri

e il recupero della vista ai ciechi;

per rimettere in libertà gli oppressi,

per proclamare l'anno accettevole del Signore".

Poi, chiuso il libro e resolo all'inserviente, si mise a sedere; gli occhi di tutti nella sinagoga erano fissi su di lui. Egli prese a dir loro: "Oggi, si è adempiuta questa Scrittura, che voi udite". (Lc 1,18-21)

E di quale altra gioia è possibile fare esperienza se non di quella che si invera nella carne delle persone, donne e uomini, che intraprendono, sostenute dallo Spirito che soffia dove vuole, il cammino di liberazione dalle diverse forme di dominio, non ultimo quello del potere gerarchico sacrale sia politico che religioso?

Paolo nella lettera alle comunità della Galazia, dice che "lo Spirito produce amore, gioia, pace, comprensione, cordialità, fedeltà, mansuetudine, dominio di sé". Tutto ciò significa che se ci lasciamo prendere la potenza dello Spirito possiamo uscire fuori dalle sabbie mobili della sete di possesso, dalle secche dell' individualismo e del narcisismo presente in ognuno e ognuna di noi ma soprattutto in coloro che pretendono di essere capi del corpo che è la Chiesa e non membra uguali di un medesimo corpo chiamato a servire sulle strade del mondo donne e uomini che hanno fame di divino, di dignità, di felicità, di libertà, di giustizia, di fraternità e di sororità.

Ancora Paolo nella prima lettera alla comunità di Corinto rivolge l'invito ad "aspirare ai carismi più grandi", ed io non trovo carisma più grande di quello cui aspira anche il bodhisattva Shantiveda (nel buddhismo, il bodhisattva è la persona che ha intrapreso il cammino per l'illuminazione e sceglie di dedicarsi ad aiutare anche gli altri a raggiungere questo stato di grazia; Shantiveda è un saggio vissuto nell’VIII sec. d. C.) quando prega: "Possa io divenire in ogni momento, ora e sempre, un protettore di quanti sono senza protezione, una guida per coloro che hanno perso la via, una nave per quanti devono solcare gli oceani, un ponte per coloro che devono attraversare i fiumi, un santuario per quanti sono in pericolo, una lampada per chi ha bisogno di luce, un luogo di rifugio per quanti hanno bisogno di riparo, un servo di quanti sono nella necessità". Così si adempiono e si incrociano le diverse scritture profetiche nel comune compito di liberare l'umanità e la Terra da ogni forma di sopraffazione, di dominio, di distruzione.

Io so che la gioia del Signore è la mia forza perché so che il Signore non gode della bassezza delle persone e del degrado della Terra, ma gioisce quando fiorisce il deserto e gioca, in giochi di inesausta tenerezza, coi sorrisi che cominciano a spuntare sul volto di uomini e donne che , dopo un'oscura notte, riempiono l'alba di gioia, urlando: "Dio…Dio! È tornato il mattino".