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COMUNITA' ISOLOTTO: L’INSEGNAMENTO DELLA RELIGIONE A SCUOLA

 

Incontro comunitario

Firenze - Domenica 15 Novembre 2009

(gruppo: Elena, Gian Paolo, Giulia, Maria, Roberto, Sergio)

 

L’insegnamento della religione a scuola

 

Libera interpretazione delle 4 puntate della trasmissione radiofonica

“Uomini e Profeti” di Radio 3, condotta da

Gaetano Lettieri (storico del cristianesimo), con interviste a

Chiara Saraceno (sociologa), Piero Stefani (biblista), Don Filippo Morlacchi (responsabile dell’insegnamento religioso, Adriano Prosperi (storia moderna), Alessandro Saggioro (storia delle religioni), Roberta De Monticelli (filosofia della persona), Vito Mancuso (teologia moderna), Daniele Menozzi (storico della Chiesa), Paolo Branca (islamista), Flavio Pajer (pedagogia e didattica della religione), Daniele Garrone (antico testamento alla Facoltà Valdese), Amos Luzzatto (ex Presidente delle comunità ebraiche).

 

Fede e trasmissione culturale di una religione

 

1.      Brevi e sommari cenni storici. Dopo l’unità d’Italia la cultura cattolica si è trovata in contrapposizione rispetto alla modernità culturale dello stato liberale, rivendicando più spazi. Lo Stato ha ceduto nel 1859 introducendo, con la legge Casati, l’obbligo dell’insegnamento della religione cattolica (RC) nelle scuole elementari. Nel 1905 una modifica manteneva tale obbligo solo se le Amministrazioni Locali lo avessero sostenuto. Nel 1923 la riforma Gentile introduceva l’insegnamento della RC dalle elementari alle superiori. Secondo il Concordato del 1929 fra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica, in pieno periodo fascista, l’insegnamento della RC diveniva il “fondamento e coronamento” dell’istruzione pubblica, sempre dalle elementari alle superiori. C’era la possibilità di chiedere l’esonero con una richiesta scritta. Questo concordato era visto dalla Chiesa come una rivincita rispetto all’ordinamento liberale che aveva introdotto la separazione fra Stato e Chiesa, mentre per lo stato fascista rappresentava una reazione contro la modernità politica liberal-democratica, con un accordo con un altro potere. Nel 1984 la revisione del Concordato (fra Craxi e Casaroli) introduce l’insegnamento facoltativo della religione cattolica nelle scuole di ogni ordine e grado (dalla materna alle superiori). Ma secondo alcuni interlocutori si è persa l’occasione di passare da un regime catechistico (come aderire al cristianesimo) ad uno culturale (cosa è stato e cosa ha fatto il cristianesimo) inserendolo in tal senso come ora curriculare. Come compromesso è stata  introdotta come ora di religione, rendendola facoltativa. Ci sono voluti vari anni per ottenere, a seguito di mobilitazioni e sentenze del TAR, la possibilità di scegliere una materia alternativa per chi non si avvaleva dell’insegnamento della RC, al momento dell’iscrizione scolastica.

Ci sono poi intese con varie confessioni religiose, che però non rivendicano un insegnamento specifico all’interno della scuola statale.

2.      Gli insegnanti della religione cattolica vengono designati dal Vescovo con un certificato e da questi controllati durante la loro attività. Non viene rinnovato il certificato se hanno una condotta di vita ritenuta inadatta al loro ruolo, come ad es. per chi divorzia, o vengono richiamati se il loro insegnamento non è in linea con le posizioni della gerarchia e può bastare, ad es., parlare in termini dissidenti dell’inquisizione. L’ora di religione, soprattutto alle superiori, è spesso una discussione su argomenti vari che interessano i giovani. Altrimenti, in generale,  è la presentazione di un concentrato della morale cattolica, senza spessore culturale, così che i giovani sono poco stimolati a porre attenzione sui temi religiosi. La Bibbia viene letta poco (vedi Erasmo da Rotterdam - 1516). Il risultato è un diffuso analfabetismo sul cristianesimo e sulle altre religioni. Comunque, ne discende una difesa dell’identità cattolica senza uno spessore culturale ed una disponibilità al confronto. Si ritiene di essere nel giusto così che il rapporto con l’Islam e le altre religioni si manifesta con aspetti di intolleranza, nefasti dal punto di vista dei rapporti nella società civile.

3.      Anche gli esponenti più aperti della Gerarchia ecclesiastica sostengono che, dal momento che lo stato laico riconosce che la formazione della persona umana deve essere a 360°, ovvero non deve trascurare l’apertura alla  trascendenza, e non avendo competenze in materia religiosa deve rivolgersi ad altri soggetti rispetto agli insegnanti di materie curriculari di cui dispone. Sostengono anche che oggi l’insegnamento della RC ha una prospettiva culturale, non catechistica ma con finalità educativa. Da parte degli studiosi laici si replica che la trascendenza non deve essere insegnata secondo l’ottica prevalente della Chiesa cattolica, ma considerando gli aspetti storici-teologici. Altri nel mondo cattolico più aperto, ma anche in quello ebraico,  sostengono che l’esperienza della fede va bene al di là dei contenuti che vengono trasmessi a scuola con una teologia astratta e basata sui principi, ma è necessaria un’esperienza familiare, comunitaria, testimoniata con azioni e comportamenti coerenti. (vedi Soren Kierkegaard).

4.      Durante il precedente Governo Berlusconi furono immessi in ruolo, in varie materie curriculari, gli insegnanti che avevano perso il posto come insegnanti di religione scavalcando le graduatorie degli altri insegnanti (20.000).

5.      Gli insegnanti di religione esprimono il loro voto nel consiglio di classe determinando bocciature o promozioni  e influendo sulla media della valutazione – crediti scolastici (Ministro Fioroni). Chi non si avvale dell’insegnamento della religione cattolica ha un insegnante in meno nel Consiglio di Classe. Una recente sentenza del TAR del Lazio elimina questa discriminazione: l’insegnante di religione non può partecipare al Consiglio di Classe con diritto di voto.

6.      La situazione in altri paesi europei è variegata. Nelle scuole ci sono vari insegnamenti religiosi: cattolico, protestante, anglicano, ortodosso, ebraico, islamico. In Germania e Svizzera c’è l’insegnamento bi-confessionale (cattolico e protestante). Si sta allargando, però, l’insegnamento non confessionale sostituito da un insegnamento etico, etico-filosofico, storia delle religioni. La Francia è un’eccezione: la sua struttura laica non permette neppure un corso di storia delle religioni, per cui si parla di religione all’interno delle materie curriculari (storia, storia dell’arte, filosofia, ecc.). Lo svantaggio di tale impostazione è che lo studente non percepisce un’idea sufficientemente organica del fatto religioso.

7.       E’ stata avanzata recentemente la proposta di inserire fra le materie alternative l’insegnamento dell’islamismo (Urso di AN). Chi sceglierebbe l’insegnante? Come si concilia con il taglio degli insegnanti delle materie alternative che già ora non consente l’insegnamento dell’ora alternativa per tutti i ragazzi che la richiedono? Secondo l’islamista Flavio Pajer non è auspicabile l’ora di islamismo, perché nel dividere i ragazzi per tipo di insegnamento religioso si rischia di accentuare le differenze fra i ragazzi creando dei ghetti per appartenenza religiosa. Fra l’altro oggi il loro problema principale è la mancanza di luoghi di culto per il Milione circa di musulmani presenti in Italia. Ritiene negativa l’esperienza di questa divisione che c’è in Libano e  Egitto. Meglio sarebbe un confronto nell’intera classe fra le diverse religioni, ma questo male si concilia con il Concordato che prevede nelle scuole pubbliche di ogni ordine e grado l’insegnamento della RC. Fra l’altro la revisione del Concordato può essere fatta solo con un accordo fra le due parti.

Una proposta che sta maturando a livello di intellettuali e di docenti universitari è l’introduzione di un’ora alternativa all’insegnamento della RC di “storia delle religioni” che studi le religioni da un punto di vista storico e culturale. Questa materia potrebbe portare un contributo importante alla comprensione del fatto religioso in modo autonomo da istanze confessionali, ma non ad esse contrapposto. Lo studio comparato delle varie religioni inoltre contribuirebbe a ridurre tutta una serie di pregiudizi e incomprensioni che stanno creando problemi nella nostra società che sta diventando multiculturale.  Fra l’altro nello studio della storia poco si parla dell’islam, dell’ebraismo, ecc. e non si trasmette la benché minima percezione delle differenze e delle similitudini fra i vari aspetti religiosi. La dimensione della laicità e della fede religiosa non sono incompatibili ma possono interagire ed essere mantenute all’interno di un percorso formativo, anche scolastico.

Vito Mancuso propone di graduare tale insegnamento a seconda dell’età con alcuni esempi: nei primi anni di scuola si potrebbe partire con un confronto fra i riti, le feste, i luoghi di culto, le diete alimentari, i matrimoni, i funerali, ecc. Salendo con l’età si può arrivare al confronto fra le dottrine, le morali ecc., modellando l’insegnamento a seconda del tipo di classe (presenza di studenti di più culture) ma evitando una “lottizzazione” (no, ad es., 2 ore per la religione cattolica, 1 ora per l’islam, mezz’ora per i Valdesi).  Occorre un confronto serio con gli islamici per ottenere la loro disponibilità ad una impostazione di questo tipo per un confronto fra le religioni. Per Mancuso si dovrebbe chiamare teoretica delle religioni anziché storia delle religioni. Occorrerebbero insegnanti laici appositamente formati. Le università statali cominciano ad avere da alcuni anni corsi di Laurea di 5 anni che preparano in tal senso (ad es. all’Università La Sapienza di Roma). Fra l’altro in Italia ci sono fino dall’Ottocento studiosi importanti sulla storia delle religioni (fra i tanti Ernesto De Martino).

Altri  sostengono, però, che sarebbe più opportuno inserire la storia delle religioni come   materia curriculare per tutti gli alunni, questa si con il voto di merito, anziché materia alternativa per chi non si avvale dell’insegnamento della RC. Ci sono limitatissime esperienze di insegnamento di storia delle religioni come materia curriculare oltre l’ora confessionale facoltativa. Ad es. in un liceo dei Gesuiti a Torino (M. Chiara Giorda), in collaborazione con l’Università statale.

 

Rapporto fra cristianesimo e cultura.

 

8.      Il cristianesimo non nasce come religione ma come messaggio escatologico di salvezza, che diffida dalla cultura del mondo (1a  Lettera di Paolo ai Corinzi – cap.1 e 2). Il messaggio di Cristo si contrappone alla sapienza di questo mondo; il dotto, il sapiente non lo può comprendere perché la salvezza di Gesù è croce per la sapienza di questo mondo. Dal momento che storicamente il cristianesimo è divenuto rapidamente cultura ha perso parte di questa sua identità originaria? Quale rapporto possiamo riconoscere tra un messaggio paradossale, folle (Paolo) di salvezza che nega alla ragione umana la comprensione dei misteri delle cose e della struttura del mondo e, al contrario, la millenaria capacità che il cristianesimo ha avuto di divenire cultura, assumendo in sé la cultura greco-romana e di costituirsi religione massimamente logica?

Roberta  De Monticelli sostiene che, fino dall’inizio, nel cristianesimo si ha nei confronti della ragione umana, della cultura un atteggiamento duplice, contraddittorio. Da un lato c’è la contrapposizione rispetto alla cultura del mondo, dall’altro il cristianesimo si sente solidale con il mondo che viene incarnato culturalmente fino dall’inizio.

    E’ possibile avere una scuola che insegni il Cristianesimo?  Non c’è il rischio di ridurre il cristianesimo a dottrina con una trasmissione poco vissuta?

Pertanto l’ora di religione in una scuola statale si dovrebbe interessare della cultura che il cristianesimo ha generato e questo dovrebbe essere importante anche a chi non è cristiano per una maggiore conoscenza della storia del mondo.

La Chiesa, al suo interno, si dovrebbe interessare degli aspetti del cristianesimo che si oppongono alla cultura del mondo per la catechesi, la predicazione, ecc., e come rapportarsi con il mondo.

9.      Normalmente si considera un’anomalia il fatto che un laico si occupi di aspetti religiosi. La Bibbia viene considerata o un libro ispirato o semplicemente un libro di letteratura.

10.  Nella famiglia e nella scuola c’è scarsa conoscenza teologica, perché si considerano prevalentemente gli aspetti moralistici e catechistici. C’è molta genericità e poco spessore culturale–religioso che, d’altra parte, non trova riscontro al di fuori. La famiglia comunica un’appartenenza, senza darle spessore culturale. Anche la predicazione domenicale ha poco spessore culturale-religioso. Molto spesso anche gli studenti dell’Università Cattolica di Milano, che seguono corsi facoltativi di religione, hanno una cultura religiosa scadente.

11.  Gli spazi che erano stati aperti dal Vaticano II ora sono chiusi. Il Vaticano II delineava la prospettiva di dialogo, di incontro, di abbandono dell’atteggiamento antimoderno che aveva caratterizzato la Chiesa. Purtroppo non portava avanti in modo pieno una prospettiva di aggiornamento ecclesiale, ma lasciava spazi aperti per un ritorno alla tradizione, alla continuità col passato, che oggi vengono accentuati. E’ di fatto ristabilito il ruolo gerarchico del Papa – Vescovo – Sacerdote – fedeli, che poco spazio lascia al popolo di Dio.

12.  Questo deficit culturale è più elevato in Italia rispetto ad altri paesi europei, in quanto manca il confronto proficuo con altre confessioni cristiane che hanno più competenze teologiche. Anche la cultura laica è impoverita dalla mancanza di laicità dentro la cultura religiosa. Se non c’è cultura religiosa anche la cultura laica ne soffre. La laicità viene considerata da parte della gerarchia ecclesiastica in chiave antireligiosa. Vedi la recente sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo sulla presenza del Crocifisso nelle scuole. In questo caso la laicità non riguarda solo il confronto fra Stato Italiano e Chiesa Cattolica ma il rispetto della libertà religiosa in senso ampio considerando, fra l’altro, che l’Italia non è più un paese monoculturale, ma c’è una presenza crescente di altre religioni. Chi si oppone alla sentenza afferma che il crocifisso è un simbolo storico che ormai fa parte della nostra cultura, mentre è chiaramente un simbolo religioso cattolico. Infatti anche i protestanti non lo mettono nei luoghi pubblici. Il problema è che si sta discutendo di toglierlo. Ben altri sarebbero i toni se la discussione fosse se metterlo o meno. Si potrebbe considerare di non metterlo nei nuovi edifici scolastici?

13.  In Italia ci sono molti incontri interreligiosi dove il confronto fra le religioni avviene in modo serio e di rispetto reciproco. Ci sono gruppi di lavoro dove sono definite le metodologie di confronto e di conoscenza reciproca. Tutto questo avviene a livelli alti, mentre nella scuola statale si continua a rivendicare l’insegnamento di come essere cattolici.

Pure con le limitazioni sopra dette il confronto-scontro fra laicità e religiosità ha determinato alcuni limiti dello spazio religioso nel mondo occidentale. Questo è avvenuto molto poco in altre religioni, come ad es. nell’Islam.

 

Socializzazione collettiva

 

Si è sviluppata una socializzazione resa molto vivace dalle esperienze concrete di genitori e insegnanti presenti. E’ stato rilevato che nelle scuole esiste una situazione di illegalità diffusa in relazione all’obbligo sancito dalla legge di assicurare un percorso educativo per gli studenti che non scelgono l’insegnamento della religione cattolica. Salvo rare eccezioni a questi studenti si chiede di entrare a scuola più tardi o di uscire prima oppure si offre di trattenersi a fare l’attività che vogliono nei corridoi o in classi dove c’è qualche posto libero senza però poter partecipare alle attività didattiche della classe che li ospita. Inoltre c’è un’altra illegalità: la discriminazione che scoraggia la libera scelta prevista dalla legge in quanto agli studenti che scelgono l’alternativa viene a mancare il contributo (quasi) sempre positivo dell’insegnante di religione nella valutazione e negli scrutini. Una insegnante ha proposto di redarre un documento di denuncia e di proposta da far circolare nelle scuole, nei consigli e nei collegi dei docenti per scuotere il torpore e l’indifferenza verso questa situazione d’illegalità e di discriminazione che oltre a creare disagi e sofferenze è in sé molto diseducativa per tutti.

Una insegnante di religione cattolica ha dato un contributo alla socializzazione riconoscendosi in sintonia con quasi tutti gli aspetti della posizione critica espressa dal gruppo che ha introdotto il tema e condivisa dalla comunità. Il suo intervento è stato molto apprezzato anche in relazione alle proposte alternative all’attuale ordinamento dell’insegnamento della religione. La scuola, è stato detto da quella insegnante di religione e confermato e completato da altri interventi, non dovrebbe dare un insegnamento nozionistico né tanto meno dogmatico in nessuna materia. Questo vale in modo particolare per la religione. Un insegnante di storia alle superiori ha detto che l’attuale insegnamento religioso, normalmente basato su tematiche di attualità politica o etica, genera una generale e grave ignoranza sul fenomeno religioso. Quindi non insegnamento confessionale di una fede o di un patrimonio dogmatico di una religione ma nemmeno pura e semplice storia nozionistica delle religioni. Si dovrebbe invece impostare un percorso educativo che possa accompagnare gli studenti nella formazione di una consapevolezza critica del fenomeno religioso in tutti i suoi diversi aspetti: storico ma anche teologico, spirituale, etico, culturale. E tutto ciò con modalità pedagogiche adeguate alle varie età. Per far questo ci vuole personale preparato che ora come ora non esiste. In qualche università di incomincia a realizzare qualche corso sulla fenomenologia religiosa.

L’intervento della insegnante di religione è stato apprezzato perché testimonia che l’impegno per una scuola pubblica laica, nel senso positivo e pieno della parola “laica”, in cui la stessa Comunità dell’Isolotto ha speso tante energie, non è inutile e fa breccia contro tutte le apparenze contrarie.

 

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                   Letture e riflessioni bibliche

dalla Prima lettera ai Corinzi

1

1Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sòstene, 2alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro: 3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.

4Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù, 5perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza. 6La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente, 7che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo. 8Egli vi confermerà sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo: 9fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!

10Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti. 11Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi. 12Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "E io di Cefa", "E io di Cristo!".

13Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati? 14Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno di voi, se non Crispo e Gaio, 15perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome. 16Ho battezzato, è vero, anche la famiglia di Stefana, ma degli altri non so se abbia battezzato alcuno.

17Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo. 18La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio. 19Sta scritto infatti:

Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti
.

20Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto?

Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo? 21Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione. 22E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza, 23noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; 24ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. 25Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.

26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili. 27Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, 28Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, 29perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio. 30Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, 31perché, come sta scritto:

Chi si vanta si vanti nel Signore.

2

1Anch'io, o fratelli, quando sono venuto tra voi, non mi sono presentato ad annunziarvi la testimonianza di Dio con sublimità di parola o di sapienza. 2Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso. 3Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione; 4e la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, 5perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.

6Tra i perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo che vengono ridotti al nulla; 7parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la nostra gloria. 8Nessuno dei dominatori di questo mondo ha potuto conoscerla; se l'avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria. 9Sta scritto infatti:

Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
queste ha preparato Dio per coloro che lo amano
.

10Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio. 11Chi conosce i segreti dell'uomo se non lo spirito dell'uomo che è in lui? Così anche i segreti di Dio nessuno li ha mai potuti conoscere se non lo Spirito di Dio. 12Ora, noi non abbiamo ricevuto lo spirito del mondo, ma lo Spirito di Dio per conoscere tutto ciò che Dio ci ha donato. 13Di queste cose noi parliamo, non con un linguaggio suggerito dalla sapienza umana, ma insegnato dallo Spirito, esprimendo cose spirituali in termini spirituali. 14L'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. 15L'uomo spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno.

16Chi infatti ha conosciuto il pensiero del Signore
in modo da poterlo dirigere?

 

Proposte di riflessioni

 

Io dissento totalmente da coloro che non vorrebbero che il popolo leggesse le Sacre Scritture tradotte in volgare, come se Cristo avesse insegnato cose così astruse da poter essere capite soltanto da un gruppetto di teologi, o come se la massima sicurezza della religione cristiana consistesse nell'essere ignorata. Può darsi che sia opportuno tenere nascosti i segreti dei re, ma Cristo vuole che i suoi siano divulgati il più possibile. Vorrei che qualsiasi donnetta leggesse il vangelo, leggesse le lettere di Paolo. E magari che questi scritti fossero tradotti nelle lingue di tutti i popoli. Mi piacerebbe che il contadino ne cantasse dei passi mentre guida l'aratro, e il tessitore mentre guida la spola, e che il viandante ingannasse la noia del viaggio con le storie della Scrittura. Tutte le conversazioni di tutti i cristiani dovrebbero basarsi su di essa. Non siamo infatti quali sono i nostri discorsi quotidiani? Sono convinto che la pura e autentica filosofia di Cristo la si attinga col maggior frutto dagli scritti evangelici e da quelli apostolici. Se desideriamo imparare qualcosa, quale autore è più piacevole di Cristo stesso? Se cerchiamo un modello di vita, perché cercare un esempio diverso da Cristo, che è il nostro archetipo? Perché preferiamo imparare la sapienza di Cristo dagli scritti degli uomini, piuttosto che da Cristo stesso? Lui che ha promesso che sarebbe stato con noi fino alla fine dei secoli, mantiene la promessa soprattutto con questi scritti, nei quali ancora oggi vive, respira, parla, direi quasi più efficacemente di quando viveva con gli uomini.
(Erasmo da Rotterdam, Paraclesis, ovvero esortazione allo studio della filosofia cristiana¸ 1516).

 

Il nostro tempo non conosce purtroppo altro genere di comunicazione se non quella dell'insegnare. Si è dimenticato completamente cos'è esistere... Senza timore e tremore, senza l'agonia da cui nasce la fede, senza il brivido anticipatore dell'adorazione, senza l'orrore della possibilità dello scandalo, si riesce a sapere subito e direttamente ciò che direttamente e subito non è possibile sapere... Con la realtà cristiana si fa ormai una confusione maledetta. Si riduce Cristo all'unità speculativa di Dio e dell'uomo, oppure si respinge senz'altro Cristo e si prende la sua dottrina; o ancora, per conservare un'apparenza di serietà, se ne fa un idolo. Ma lo Spirito è la negazione dell'immediatezza diretta. Se Cristo è vero Dio, bisogna che egli sia nell'inconoscibilità, che indossi l'inconoscibilità. La caratteristica dell'idolo è appunto la conoscibilità diretta. Ecco a che cosa Cristo è ridotto e si ha la pretesa di agire con serietà.


(SÖREN KIERKEGAARD, Esercizio del cristianesimo, 1848, tr. it. Fabro, Sansoni Editore, Milano 1972).