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In ricordo di Vincenzo Barbieri

PROCESSO ALL'ISOLOTTO

Sesta udienza. del 24 giugno 1971 Interrogatorio degli imputati.  

Interrogatorio degli imputati.

 (tratto dalla: BA073 - CD3 dell’archivio dell’Isolotto)

Presidente del Tribunale: l’imputato per istigazione a delinquere e turbamento di funzioni religiose del culto cattolico don Vincenzo Barbieri intende rispondere.

Vincenzo Barbieri: Dunque, volevo premettere questo che io sono giunto all'Isolotto non quella sera del 4 gennaio né a caso. Ero giunto molto tempo prima. Mi ero in pratica fermato quasi tutto il periodo natalizio, da Natale fino all'Epifania perché vi era una esperienza che mi interessava assai e proprio in funzione di questo interesse io ho fatto quell'intervento. Brevemente dirò quali erano i tempi, rispettata di interesse, per me, della situazione dell'Isolotto. Un primo interesse era questo: verificare un nuovo tipo di Chiesa, una nuova forma di organizzare la comunità cristiana. Perché questo?  Perché vedevo, e non soltanto io, facevo parte di un gruppo di sacerdoti, sia confratelli gesuiti sia altri con cui ci si radunava spesso e ci accorgevamo che quasi più niente resisteva della struttura ecclesiastica. Ci crollava in testa tutto ciò in cui avevamo creduto. Io venivo dall'Azione Cattolica. Ero entrato a vent'anni nella Compagnia di Gesù e quindi negli anni ruggenti del dopoguerra, dal '45 al '50. Avevo fatto tutte le battaglie dell’integralismo cattolico, del trionfalismo sia nell’Azione Cattolica, sia coi Comitati civici, sia durante le elezioni e continuamente eravamo stimolati da questo senso di conquista, diciamo, del potere e spirituale e politico. Ecco, anche io ero emiliano e quindi eravamo abbastanza caldi da ambedue le parti insomma. Coi rossi, coi bianchi, il nostro compito: i bianchi eravamo noi, i rossi erano quelli che andavano all’inferno, il nostro compito era di far venir bianchi i rossi. Ci tiravamo secchi di colla in testa vicendevolmente quando si andava ad attaccare manifesti. Ecco, ero vissuto in questo clima. E anche quando entrai nella Compagni di Gesù, nel ’50, io ero entrato un po’ con questo spirito di trionfalismo. Eravamo i più forti nella Chiesa, trentacinquemila, un mezzo corpo d’armata, sparsi in tutto il mondo, avevamo in mano tutti i gangli del potere, dalle riviste a.., eravamo i più stimati, i più intelligenti e quindi era bello sentirsi parte di una Compagnia molto forte, rispettata, tutta servita, si viaggiava, ci davano il posto, e avanti! A un bel momento invece ci siamo accorti che tutto questo non reggeva più, che non era questo che faceva parte della nostra vita sacerdotale né del nostro ministero. Ci avevano un  po’ strumentalizzati in tutto, ecco.. Periodicamente le elezioni, avanti! e in confessione e sul pulpito e sulla stampa bisognava in ogni modo dire, indirizzare i voti in un certo modo.

Ed allora ci eravamo trovati, ci ritrovavamo e : cosa facciamo ? C’era chi se ne andava, i seminari si svuotavano, i preti se ne andavano, la gente diceva: ah! Chi sa che cosa c’è sotto qui. No, non era il fatto, spesso, il fatto sentimentale, il fatto che la gente pensa sia la donna. No! Era che molti non trovano più lo scopo della loro vita. Finora mi avevan detto che c’era il grande capo stimato, il seminario per noi era stato quasi una scuola di allievi ufficiali dove si imparava tutto a comandare fuori a della gente che obbediva. Allora quando abbiamo trovato l’Isolotto, abbiam sentito sulla stampa, abbiam detto: Ah! Forse ci siamo! Forse il Concilio si sta salvando, forse c’è, mentre tutto crolla, c’è una esperienza che è vivace, che si propaga, dove c’è un gruppo di laici che costituisce insieme ai propri preti un nuovo modello di Chiesa. Allora bisogna andarci. Andiamo. Intanto per imparare qualche cosa e per vedere e poi se possibile dare il nostro aiuto per salvarla, perché, se è efficace, veramente non deve morire questa esperienza.

Questo era il primo motivo che ho già dettato. Un altro motivo, per cui io venni, era perché ero stato ufficialmente delegato a venire insieme ad altri giovani dall’Associazione Cooperazione Internazionale nella cui Comunità io vivevo. Perché era stato votata questo nella nostra associazione di mandare una delegazione all’Isolotto? Perché la nostra vicenda era stata abbastanza simile a quanto capitava all’Isolotto. Si trattava di una situazione di laici che io insieme ad alcuni giovani avevamo fondato, registrandola in Tribunale con uno statuto, fatto davanti ad un notaio, quindi a posto di fronte alla legge, e che si occupava della preparazione dell’ invio di giovani, di signorine, di coppie di sposi come laici missionari nelle varie missioni cattoliche. Dopo vari anni che l’esperienza aveva funzionato, avevamo avuto già quattro urgenze da Paolo VI, improvvisamente la Compagnia di Gesù dice: no, questa associazione è mia. E noi diciamo: no, c’è lo statuto. Ecco, prendi questa carta, firma: io padre Barbieri dichiaro che l’associazione è della Compagnia di Gesù, che non vale niente lo statuto e naturalmente cerca di convincere uno ad uno gli altri a fare altrettanto e a sciogliere l’associazione. Io dicevo: no, questo non va . E’ contro la legge. Non preoccuparti. Ci arrangeremo noi. Firma. Ecco, proprio questa …. quando don Mazzi: o ritratti o ti caccio. La stessa cosa. E allora avevamo dovuto combattere molto per difendere questa libertà che ci veniva anche dai documenti conciliari. Si trattava non di questione di dottrine ma di questione di organizzazione pratica.

Vincendo Barbieri: Appunto, perché era stata costituita con uno statuto notarile secondo l’articolo 16, mi sembra, della Costituzione della libertà di associazione. Ed allora era stato deciso di portare la solidarietà all’Isolotto che era un’altra esperienza cristiana che si cercava di sopprimere insomma, in nome non si sa di che cosa.

Un altro motivo per cui io sono venuto era perché mi trovavo molto all’unisono, vorrei dire, con alcune iniziative intraprese dall’Isolotto. Fra le tante ne cito alcune per brevità. Una iniziativa era stata la presa di posizione molto netta della Comunità dell’Isolotto riguardo alla marcia della pace in Vietnam. Io avevo partecipato a questa marcia, a piedi da Milano a Roma, e subito il mio superiore mi aveva detto: Sì, sì, vai! E’ bene che ci sia uno di noi in modo che non si dica che sono sempre gli altri che fanno queste cose! Ecco, poi sono arrivato alle porte di Roma, improvvisamente, mi si dice: no, tronca tutto. Avevo incontrato a Prato e proseguito per parecchio con molti della Comunità dell’Isolotto, con don Mazzi stesso, e quindi mi ero affratellato con loro. Quando mi sento dire, chiamare a Roma: No, piantala! Io qui ho fatto riferimento con quanto era capitato all’Isolotto dove il cardinale si era opposto ala veglia della pace per il Vietnam in chiesa e con dei motivi ben poco evangelici. Ricordo che in una discussione, a Roma, io dissi: ma qual è il motivo? Ah! Perché la politica vaticana attualmente è di neutralità e noi ci dobbiamo adeguare. Io gli dissi: ma veramente forse c’è qualche altra cosa. Io so che c’è una ditta che manda napalm nel Vietnam e voi ci avete delle azioni dentro, forse non volete perdere dei soldi. Ah! Queste cose non le devi dire, lascia stare, eccetera.

Per dire.. era per dire, ecco, dato che avevo partecipato insieme a questi amici dell’Isolotto e sapevo che una delle opposizioni che si facevano da parte della Curia erano proprio il fatto di avere partecipato a queste attività in favore del Vietnam, allora mi sentivo all’unisono perché era stata la stessa posizione che abbiamo avuto da ambo le parti.

Un’altra iniziativa, su cui ero d’accordo, era veramente quella libertà di coscienza che avevo sentito che avveniva lì all’Isolotto, ecco, proprio riguardo alle prese di posizioni nel campo sociopolitico, soprattutto al tempo delle elezioni. Mentre io appunto avevo avuto varie esperienze in questo campo, anche molto dolorose, anch’io ero stato indotto a scomunicare a destra e a sinistra, ecco.

Un altro punto ancora fu la solidarietà, come sacerdote, a don Mazzi, perché ravvisavo nel modo con cui lui era trattato, dopo tanti anni di una esperienza vissuta, sofferta, costruita insieme ai laici, ravvisavo una stretta somiglianza con quanto io e altri sacerdoti avevamo passato e qui sentivo il dovere sia di stargli vicino, sia di avvertirlo di certi inconvenienti a cui poteva andare incontro. Mi ricordo quando, per esempio, lessi sui giornali che era invitato ad andare a riposarsi un po’ perché era stanco e la Curia stava preparando, così, per farlo riposare. Era capitato anche a me la stessa storia. Mi avevano detto: allontanati un po’, sei stanco, riposati. Avevo anche subìto in quel momento un mese di internamento in un manicomio, perché.. così, portato naturalmente, preso alla sprovvista,  portato là, dopo mi lasciarono andare perché dopo un mese non avevo niente. Però i medici mi avevano detto: ci capita spesso che i Vescovi, per risolvere tante questioni, ci mandano i preti disubbidienti, perché noi dichiariamo, vediamo un po’ che gli si metta a posto la testa. E io dissi: Eh! qui succede che anche don Mazzi succede la stessa cosa. Con questo metodo: sta poco bene, riposerà, vedrà.. E attenti eh! Quando fan questo scherzetto è la volta che fan sul serio! Avevo avuto…

Comunque volevo dire questo. Questa solidarietà che io portavo all’Isolotto e a don Mazzi come sacerdote derivava da questo: dall’aver vissuto certi fatti ben precisi, che poi erano abbastanza collimanti con quanto capitava all’Isolotto e che avrebbero dovuto  esser lasciati alla libera norma morale della coscienza, mentre invece c’era una imposizione giuridico ben precisa sia sul piano della coscienza perché se non fai questo vai all’inferno, e io ripetevo agli altri, oppure se non fai questo ti buttiamo fuori. Non so. L’avvocato Filastò si ricorda di un altro fatto ben preciso. Quando io avevo fatto una denuncia a Mattei della Nazione, che durante la marcia della pace, mi aveva fatto un articolo molto insultante, dovevamo avere il processo per direttissima per diffamazione e improvvisamente mi arriva l’ordine da Roma di ritirare questa querela, ecco, perché dovevo ritirarla, pena la immediata cacciata dalla Compagnia di Gesù. Lei se lo ricorda molto bene, avvocato!

Mi ricordo anche un mese di internamento..un mese di internamento in manicomio per indurmi a cedere alle pressioni fattemi”.

“Volevo mettere in guardia don Mazzi da eventuali consimili azioni contro di lui”.

 Quello avvenne il primo gennaio e appunto io ero arrivato da poco. Ero tornato da Milano ed ero venuto la mattina presto. E allora quando monsignor Alba disse questa frase: 'Sono incaricato di dirvi che ciò che fate è contro la legge, che non si può fare una cerimonia protestante in una chiesa cattolica dopo che è stata fatta già una cerimonia cattolica', si avvicinarono a me alcuni laici dell'Isolotto, mi ricordo Quercioli e altri: 'Cosa vorrà dire con questa frase, è contro la legge?' Primo punto. E secondo: 'Secondo te si può o non si può pregare qui?' Si stava recitando proprio il Padre nostro in quel momento e dei salmi. Allora ecco anch'io.. mi fece l'impressione questo vecchietto, così, un po' sclerotico vorrei dire, e allora sentii compassione e cercai di scusarlo. Ricordo che c'è anche registrata, presi il microfono e cercai di sdrammatizzare perché veramente era un momento così di tensione e dissi pressappoco così: 'Vedete, forse è stato un lapsus quello che ha detto, forse non corrispondeva al suo pensiero perché è chiaro che non c'è niente di male, non facciamo niente contro la legge star qui a pregare e poi riguardo al fatto protestanti: buoni e cattivi, anche qui vi dico io che è cattolico ciò che fate insomma. Intanto è già anacronistica questa divisione, ma non temete insomma, si amo nel giusto perché preghiamo, addirittura stiamo recitando il Padre nostro, il Padre nostro e dei salmi, secondo la tradizione accettata dalla Chiesa quindi non c'è niente. Probabilmente - come ho detto - a don Alba è scappato detto così, di rabbia oppure voleva forse esprimere altrimenti il suo dissenso, ma state tranquilli. Invece posso aggiungere qualcosa sulla mattina del 5.

Vincenzo Barbieri: A domanda della difesa preciso che la mattina del primo gennaio fui sollecitato da alcuni laici dell'Isolotto a prendere la parola dopo che monsignor Alba aveva al microfono pronunciato la frase 'sono incaricato di dirvi che quel che fate è contro la legge perché non si può compiere una funzione protestante in una chiesa cattolica’. Nel mio intervento cercai di sdrammatizzare la cosa scusando monsignor Alba per l'espressione dovuta probabilmente ad un lapsus linguae, non corrispondente probabilmente al suo pensiero col quale voleva semplicemente esprimere un dissenso. Risposi che a mio parere non si faceva niente contro la legge e che la lettura della Bibbia e la recita del Padre nostro, che in quel momento avveniva, non erano funzioni protestanti ma decisamente ortodosse e cattoliche".

Sì, io ero presente e voglio dire fin dall'inizio per cui, a poco a poco la gente arrivava e c'era una certa tensione. Si diceva: che cosa succederà? Verranno i seguaci di Giovanni da Capestrano? Qualcheduno avrà il coraggio di dire la messa? Cosa succederà? E mi ricordo che quando vidi monsignor Alba, vestito dei paramenti, sia io che altri sacerdoti - eravamo diversi, alcuni di quelli non denunziati - fummo pregati dai laici  di spiegare un po', di chiedere  che cosa vuol fare, di fargli capire che in questa situazione non è opportuno. E infatti ci avvicinammo ma lui dice: No, no, la devo dire ugualmente oppure scuoteva. E allora lo pregammo, anch’io stesso, diversi: 'venga al microfono e chieda alla gente, chieda alla gente'. E mi ricordo molto bene le due votazioni. La prima che fu fatta fare  - si stava cantando – ‘Adesso silenzio perché monsignor Alba è qui al microfono perché  vuol sapere il vostro parere riguardo alla messa’. E la prima fu fatta fare dal Quercioli, mi sembra. L a seconda  fu fatta fare da lui, su sua richiesta: la controprova. Adesso non mi ricordo se fu lui a parlar propriom al microfono o qualcun altro che disse. 'Monsignor Alba chiede la controprova'. E così vi fu l'unanimità della popolazione sia per il no della messa, prima, sia per il sì quando fu fatta la controprova. E mi ricordo anche che monsignor Perolli andò dalla sacrestia all'altare per cinque o sei volte. Perché prima portò - era spoglio l'altare - quindi prima portò le tovaglie, poi tornò indietro e prese il libro e il messale, poi tornò indietro e prese il calice, poi tornò indietro e prese le ampolline, quindi cinque o sei volte avanti e indietro.