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Lettera all'associazione Demos di Conversano

Enzo Mazzi

Carissimi/e,

la vostra iniziativa è un importante contributo alla "strategia della memoria" portata avanti dalle comunità di base, e specialmente dalla Comunità dell’Isolotto, dalla loro nascita fino ad oggi. Ed è per noi motivo di compiacimento e di speranza. Non siamo soli. Insieme si può.

Due pensieri per dare senso pieno e non puramente formale a questo nostro sincero apprezzamento.

La frontiera della memoria sociale sembra essere rimasta l'unica capace di contrastare la marcia trionfale del liberismo che vive della guerra di tutti contro tutti. Salvaguardare la memoria sociale, spogliarla dalla ritualità, attualizzarla, è uno dei compiti più urgenti di chi vede un futuro per l'umanesimo sociale, per la solidarietà planetaria, per la società dei diritti di tutti, per la comunitarietà oltre i confini.

Un filo teso lega insieme la lotta antifascista culminata nell'insurrezione liberatrice del '45, il processo di trasformazione nel dopoguerra, il rinascimento della speranza dopo il dominio della paura, la grande ricostruzione, l’inurbamento e il nuovo crogiolo di culture, l’incontro fra la cultura operaia e la cultura del territorio, la lotta per la pace in tempo di guerra fredda, la gestazione della "Chiesa Popolo di Dio" in tante esperienze di base nelle periferie del mondo, i movimenti del ’68-‘69 e la trasformazione sociale, il dissenso creativo verso la restaurazione, il ruolo positivo della partecipazione democratica, la lotta per la valorizzazione e la difesa della Costituzione.

L’esperienza delle comunità di base, compresa la comunità di Conversano, senza soluzione di continuità, è dentro questo immenso processo. E’ dentro questa memoria unitaria che tiene insieme la nostra identità. Un testimone importante di questa presenza della memoria di Conversano nella memoria unitaria è Beppino Coscione.

Per disarticolare tale memoria è stata attuata una vera e propria strategia repressiva.

Nella seconda metà del secolo scorso si combatte con ogni mezzo la crociata contro il comunismo avendo però come obbiettivo finale la eliminazione della centralità del lavoro, della solidarietà, dei diritti sociali e l'emarginazione se non la repressione dei movimenti di società che a questi valori si alimentano e per questi principi si battono. Compresi si noti bene i movimenti di base presenti nella Chiesa cattolica e nelle altre confessioni o religioni. Troppo spesso questo aspetto è dimenticato. La "Chiesa dei poveri", la Chiesa delle comunità di base e della teologia della liberazione, la Chiesa di ispirazione conciliare, la Chiesa del dialogo deve essere repressa, in America Latina, come nelle Filippine, come nel Nord del mondo. Va fermata anch'essa "con ogni mezzo": finché è possibile con gli strumenti del Diritto Canonico, ma se non basta ci vuole il braccio secolare. Viene perciò finanziata, sostenuta e potenziata la parte di Chiesa conservatrice, assistenzialista, autoritaria, spiritualista, anticomunista, per aiutarla a emarginare e reprimere al suo interno le esperienze conciliari. Ma ove, come nel Terzo Mondo, non sia sufficiente la repressione intraecclesiale, la strategia repressiva dovrà usare mezzi violenti come i massacri di preti, vescovi, leaders laici di comunità di base e qui da noi le provocazioni neo-fasciste.

La repressione attuata contro l’esperienza della Comunità di Conversano è dentro questa strategia repressiva.

Nella piazza di Conversano, dove ogni mattina si svolgeva il mercato delle braccia e dove celebrai l’eucaristia, era nata una nuova identità. E insieme alla comunità di Conversano, negli anni ’70 nasceranno centinaia di comunità di base in ogni parte d’Italia. Le Comunità di base sono tra le poche realtà che hanno resistito alla desertificazione dei movimenti, sebbene ridotte di numero molte sono tutt’ora vive. Sebbene su di loro sia calata la mannaia dell’oscuramento. E sebbene nell’immaginario comune, saggiamente alimentato dai media, l’esperienza delle comunità di base sia considerata una realtà del lontano passato definita negativamente "dissenso cattolico".

Le comunità di base sono realtà volutamente fragili. Vivono concretamente la dimensione della precarietà, del fermento che si nasconde e si mescola nella massa della farina e la fa lievitare tutta; del chicco di grano caduto in terra che deve morire per portare frutto. Per questo è importante che venga tenuta viva la memoria delle loro esperienze e dei loro messaggi di speranza.

La vostra iniziativa dà forza a questa "strategia della memoria".

Stiamo pensando a un progetto di Archivio storico cdb. Per preparare un tale progetto potremmo riferirci anche alla Associazione degli archivisti e al Sistema Documentario dell’area fiorentina SDIAF con cui già collaboriamo.

Si può pensare ad un Archivio storico in parte centralizzato e in parte costituito da un coordinamento di archivi o fondi locali presso le varie comunità.

Non dobbiamo perderci.

 

Vi allego intanto una descrizione sintetica del rapporto che c’è stato fra la Comunità dell’Isolotto e quella di Conversano tratta dal Regesto dei Notiziari. Se riusciamo a recuperare una copia del Notiziario n. 13-14 del 1970 ve lo spediamo: mandateci il vostro indirizzo.

 

Un abbraccio e un augurio di riuscita dell’iniziativa a nome di tutta la comunità.

                                

                                                            Enzo Mazzi