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Da Leo Piacentini - Livorno

Caro Alberto,

ho appena terminato di vedere in televisione (telegranducato) il funerale di Mons Ablondi, con un misto di commozione e di insofferenza. Non sono andato direttamente in duomo per varie ragioni, ma principalmente perché c'erano persone che, a mio avviso, non avrebbero dovuto esserci. Sono andato invece, insieme a tanti cittadini di Livorno, a dare un saluto ad Alberto Ablondi ed ho lasciato sull'apposito registro il mio nome e la mia appartenenza alla comunità di base "Luogo Pio".

Con Ablondi abbiamo avuto dei rapporti in un certo senso strani. A livello personale è stato vicino a me ed a Carla e ci ha aiutati con simpatia in un momento particolare della nostra vita. È stato molto vicino a Martino, specialmente negli ultimi mesi di vita. È venuto varie volte a trovarlo quando Martino era ospite a casa nostra, tra il gennaio ed il settembre del 1999; ed erano incontri quasi divertenti, spesso con punzecchiature vicendevoli, ma pieni di affetto e di sintonia profonda. Al funerale di Martino non è potuto venire per un impegno precedente ma ha pregato Mons Savio di intervenire per portare il saluto della diocesi. Ed è stato molto contento quando gli ho portato il libro di Martino "Mai dire fine": ha voluto sottolineare la grande somiglianza del titolo del libro con quel suo insistere perenne sull'andare avanti, sull'eliminazione della parola e del concetto di "oramai".

A livello di comunità di base le cose non sono state sempre pacifiche. Verso la seconda metà degli anni ‘70 è venuto nella nostra sede di allora, e non era cosa da poco, per un confronto. Ci ha "concesso" di celebrare l'eucaristia, ed anche questo in quei tempi non era scontato, ma su tutto il resto non è stato possibile giungere ad un accordo o a dei compromessi. Da allora i nostri rapporti come comunità di base si sono diradati fino quasi ad interrompersi.

Ed è qui che vorrei introdurre un elemento di distinzione rispetto a quello che tutti hanno affermato e dichiarato in questi giorni: Ablondi è stato ecumenico con tutti, ebrei, islamici, fratelli cristiani separati, noncredenti. Con la nostra comunità di base non lo è stato. Vedi, Alberto, non voglio elevare una critica ad Ablondi; voglio solo farti conoscere una cosa che diceva spesso nei nostri confronti: se voi foste protestanti, valdesi, in qualche modo "separati" non avrei nessun problema ad incontrarvi e ad ascoltarvi. Ma con i cattolici del "dissenso" no, non si può "concedere" nulla sul piano dottrinale o disciplinare. E questo è un atteggiamento molto comune, per non dire generale, da parte delle gerarchie cattoliche. Il pluralismo non può esistere nella chiesa cattolica. Peccato che in questo anche mons Ablondi non abbia saputo, o potuto, andare oltre.

Un saluto cordiale da Carla e da me

Leo Piacentini