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"OMISSIONI"

Comunità Cristiana di Base di san Paolo - Roma                                22 novembre 2009

Gruppo Montesacro                                                  

Introduzione alla assemblea

-         Il nostro gruppo, alla ripresa degli incontri dopo la pausa estiva, si è interrogato sui nostri modi e tempi di preparazione dell’eucaristia.

-         Abbiamo deciso di dedicare alla preparazione al massimo due incontri

-         Abbiamo constatato che non ci soddisfa più la modalità di partire da un problema che tocca la nostra coscienza o la nostra sensibilità o semplicemente la nostra quotidianità, approfondirlo, confrontarci su di esso e poi chiederci: cosa ci dice la Bibbia in merito? A quali testi altri possiamo riferirci su questo tema? Non ci soddisfa perché rischiamo di scegliere quelle letture che giustifichino le nostre opinioni, o che ci rassicurino, paradossalmente rischiamo di fare la stessa operazione che compie la chiesa ufficiale quando propone nel foglietto letture funzionali al messaggio che vuol dare.

-         Ci siamo anche detti che nelle scritture si trova tutto ed il contrario di tutto, che i fatti narrati sono stati prima raccontati da uomini, poi scritti da uomini, poi tradotti, una due tre volte sempre da uomini e che in definitiva il nostro interesse a quelle parole è finalizzato alla ricerca di tracce della sequela di Gesù.

-         E però quando passiamo dal terreno delle parole a quello dei fatti scompaiono le difficoltà di interpretazione, scompaiono le ambiguità: Gesù con la sua vita ci ha mostrato una prassi di amore, di comprensione, di attenzione agli altri a partire dagli ultimi, chiarissime, coerenti, mai smentite.

-         Senza negare il valore della Parola, siamo consapevoli che fra fatti e parole c’è un legame inscindibile: le prime diventano astrazione se non supportate dai fatti così come i fatti hanno bisogno delle parole per uscire dall’empirismo ed acquistare senso.

-         Ci siamo quindi chiesti  come ci rapportiamo noi  alla realtà di ingiustizia e povertà che ci circonda. Come affrontiamo i problemi socio economico politici che si manifestano nella nostra città, nel nostro quartiere? Qui comprenderete il titolo che abbiamo dato a questa eucaristia: noi sentiamo di aver peccato di omissione, e quanto più l’azione omessa è fattibile, quanto più essa è alla nostra portata, tanto maggiore è la responsabilità che ne consegue.

-         Nelle ultime settimane diversi fatti hanno provocato in noi sdegno, rabbia, talvolta incredulità, ma la nostra reazione si è esaurita in quello sdegno, in quella rabbia, forse in un surplus di amarezza… non abbiamo trasformato le nostre emozioni in azioni, in segni, in aiuti concreti, e nemmeno abbiamo unito le nostre voci a quelle, deboli, delle vittime.

-         A Roma esistono 200.000 vani per abitazione, nuovi di zecca o ristrutturati, invenduti ed inutilizzati. Sappiamo dei centocinquanta  afgani che a poche centinaia di metri dalla nostra sede hanno trovato rifugio solo in una fossa, all’addiaccio e che ne sono stati scacciati. In quella fossa si devono gettare le fondamenta di un nuovo edificio. Sappiamo anche che il problema dell’abitazione tocca in questo momento anche molte famiglie, soprattutto anziani, con sfratto esecutivo o già avvenuto, persone alla disperazione a cui non vengono offerte alternative.

-         Nei giorni scorsi sono stati sgombrati dal campo del Casilino circa cinquecento tra rom e rumeni,  le loro roulotte e  baracche  sono state distrutte con le ruspe, ad essi non sono stati offerti alloggi, ma un esodo forzato. Il tema degli aiuti alla  famiglia, della sua crisi e della necessità di difenderne l’unità  occupa  e preoccupa chiesa e politica. Ed intanto si è preteso di disintegrare le famiglie rom scacciate dal campo separando gli uomini  dalle donne avviandoli/e ai centri di accoglienza.

-         Si invoca  maggiore sicurezza e poi si adottano  provvedimenti, come  quello a carico dei lavavetri e dei giocolieri di strada, che aggravano le condizioni di emarginazione ed esclusione, spesso generatrici di devianza.

-         Roma è la capitale della quinta o sesta potenza economica del mondo (negli anni scorsi vantava un Pil maggiore della media nazionale e tra i più alti d’Italia) ma sotto l’incalzare della crisi la povertà vecchia e nuova nella nostra città aumenta e le mense della Caritas sono sempre più affollate.

E’ di fronte a tutto questo che noi pecchiamo di omissione, di distrazione, non abbiamo più fiducia di poter compiere gesti e pronunciare parole utili e ci ripieghiamo su noi stessi, come se Cristo non ci avesse mostrato nulla.

 

Letture proposte

citazione su Simon Weil – “I quaderni”

Simon Weil adopera di frequente nei “quaderni” l’immagine di Dio come un ladro che scivola nel nostro mondo e vi lascia un granello di infinito. Un granello infinitamente piccolo di luce, che però tutti possiamo vedere. Esso non è niente se non la capacità di illuminare il nostro mondo: la vita nella sua nuda verità. Poi se ne va furtivo come è venuto. Noi tutti viviamo questo infinitamente piccolo granello di luce, ma per la maggior parte delle nostre vite distogliamo lo sguardo, perché la forza della verità ci porterebbe a trasformarci e trasformare il mondo attorno a noi. Volgiamo altrove lo sguardo per un certo piacere di vivere comodamente, accomodandoci nella vita, nella buona coscienza di fare le cose abbastanza per bene senza farci più radicalmente inquietare.

 

Filippo Gentiloni  - da “il regno come profezia”

La memoria Jesu Christi – l’unione, cioè, del cristiano con il Cristo morto e risorto – è impegnativa, spinge all’azione: è sempre uno stimolo, un pungolo. Non spinge a ritrovare né a ricostituire, né a mantenere una “data”società di una volta o di oggi; non spinge a ritirarsi per sognare un mondo i-deale domani. Spinge all’azione liberatrice, quotidiana, concreta, qui ed oggi: è una memoria es-senzialmente rischiosa, contestatrice, rivoluzionaria. Se è autentica, la memoria di Gesù Cristo del-la quale il cristiano vive è un fatto essenzialmente politico.

Tale memoria non alimenta il singolo cristiano separatamente: se è autentica la memoria Jesu Christi è comunitaria.

 

Matteo 26, 36-40

Intanto Gesù arrivò con i discepoli in un luogo detto Getsémani. Disse: “sedetevi qui mentre io va-do avanti a pregare”. Si fece accompagnare da Pietro e dai due figli di Zebbedeo. Poi cominciò a essere triste e pieno di angoscia. Tanto che disse ai tre discepoli: “Una tristezza mortale mi oppri-me: Fermatevi e restate svegli con me”. Andò un po’ più avanti, si gettò con la faccia a terra e si mise a pregare. Diceva: “Padre mio, se è possibile allontana da me questo calice di dolore! Però non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu”.

Poi tornò indietro, verso i discepoli, e li trovò addormentati. Allora disse a Pietro: “Così non avete saputo vegliare con me nemmeno un’ora?”

 

Luca 10, 30-37

Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spo-gliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levi-ta, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passando-gli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vi-no; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno se-guente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è in-cappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso».