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Comunità Cristiana di Base di san Paolo

Gruppo Roma sud-est

Roma, Domenica 7 novembre 2010 XXXII T.O. C

 

1 Ci fu anche il caso di sette fratelli che, presi insieme alla loro madre, furono costretti dal re, a forza di flagelli e nerbate, a cibarsi di carni suine proibite. 2 Uno di loro, facendosi interprete di tutti, disse: "Che cosa cerchi o vuoi sapere da noi? Siamo pronti a morire piuttosto che trasgredire le leggi dei padri". 
9  La fede nella risurrezione, espressa qui per la prima volta in modo così esplicito, è intesa come fede in una vita nuova ed eterna. Giunto all'ultimo respiro, disse: "Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re dell'universo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna". 10Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani, 11dicendo dignitosamente: "Dal Cielo ho queste membra e per le sue leggi le disprezzo, perché da lui spero di riaverle di nuovo". 12 Lo stesso re e i suoi dignitari rimasero colpiti dalla fierezza di questo giovane, che non teneva in nessun conto le torture.
13 Fatto morire anche questo, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. 14 Ridotto in fin di vita, egli diceva: "È preferibile morire per mano degli uomini, quando da Dio si ha la speranza di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te non ci sarà davvero risurrezione per la vita".
[Maccabei 2 (7,1.2,9-14)]


Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui» (Luca 20, 27-38).


Il gruppo ha avuto un po’ di difficoltà rispetto alle letture del canone di oggi ma dopo un iniziale “smarrimento” ha cercato di cogliere – al di là delle considerazioni storiche ed  evangeliche – se questi brani hanno ancora un significato per la nostra  vita.

Il  secondo libro dei Maccabei  rientra nei  libri del SECONDO canone (DEUTORECANONICI): questi testi non fanno parte del canone che i rabbini hanno fissato alla fine del primo secolo d.c.  In particolare in questo testo, a differenza dei  libri piu’ antichi della bibbia, si affronta il tema della resurrezione. E’ proprio la speranza nella vita eterna che induce i sette fratelli del brano ad accettare la morte,  pur di non tradire i precetti  religiosi: a qualcuno nel gruppo è piaciuto pensare che se questi aspiranti martiri avessero avuto la possibilità di conoscere il messaggio di liberazione dell’evangelo forse non si sarebbero fatti uccidere.

D’altro canto ad altri è venuto in mente  la storia narrata in un film  attualmente in circolazione (Uomini di Dio) che narra la storia recente di alcuni monaci   cristiani, che in un’ Algeria dilaniata dal fanatismo religioso, si lasciano uccidere pur di non tradire ed abbandonare il contesto in cui faticosamente si  erano inseriti, rilanciando nell’attualità il martirio.

Il film, racconta la storia realmente accaduta, nel marzo del 1996, dell'eccidio di sette monaci cattolici-trappisti-cistercensi, sequestrati ed assassinati,  in un monastero,  in Algeria. I sette furono tutti ritrovati con le teste mozzate. Il film ricostruisce l'antefatto del massacro ma si ferma un attimo prima.  L'episodio è ancora oggi avvolto nel mistero (Terroristi islamici? Servizi segreti algerini? Esercito francese?), ma il film non pretende di dare risposte e non concede nulla alla spettacolarizzazione o a scene cruente. Siamo nell'Algeria della guerra civile, dopo il colpo di stato dell'esercito per rovesciare le elezioni favorevoli agli islamici.

Il regista si dichiara ateo e dunque forse garantisce uno sguardo non parziale ed abbastanza disincantato rispetto ai monaci ed alla loro vocazione. I monaci fanno del bene senza fare proselitismo (Neanche una conversione dall'Islam al Cristianesimo.). I monaci vengono mostrati come martiri ma non come eroi. Ben descritta la loro fragilità umana.

Il film ci interroga  sui 'fondamentali' dell'esistenza: la relazione con la propria libertà, l'alternativa fra il partire ed il restare, la capacità di resistere, unita, di una comunità, le stagioni della vita, il ricatto della paura, la convivenza fra religioni. Uno dei sette monaci, il padre priore Christian, che conosceva a memoria il Corano, ha lasciato un testamento spirituale, pubblicato dalla comunità di Bose, 'Più forti dell'odio': "L'Algeria e l’ Islam per me sono un corpo ed un'anima. Anche a te, amico dell'ultimo minuto, che non avrai saputo quel che facevi, dico grazie. E che ci sia dato di ritrovarci. ladroni beati, in paradiso, se piace a Dio, Padre Nostro di tutti e due.".

Tornando  al Vangelo,occorre ricordare che la comunità dei sadducei riconosceva come libri sacri solo i testi del PENTATEUCO, in cui  non c’è traccia di riferimenti alla vita dopo la morte, alla resurrezione.  Per questo l’evangelista narra di questo episodio in cui la provocazione sul tema dei sadducei nei confronti di Gesù è evidente, anche se mascherata da motivazioni familistiche e patrimoniali

La risposta di Gesù  va a scardinare letteralmente leggi umane rivestite di sacralità, sconvolge le concezioni culturali normative che si innestavano nella tradizione religiosa:  i sadducei , che rappresentavano l’élite del popolo ebraico, detentori del potere e quindi più vicini a romani, cercano di provocare Gesù,il quale spiega che la vita dopo la morte non risponde alle consuetudini della  vita terrena   .

Ma anche rispetto alla prima lettura , possiamo riflettere come l’andare  incontro alla morte e alla tortura di Gesù,è così radicalmente diverso dall’atteggiamento sicuro (quasi baldanzoso)  dei sette fratelli: la sua non è una morte eroica tanto è vero che sul punto    di morire Gesù esprime forti dubbi sul suo tragico destino: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato?” In questa frase ritroviamo l’ebraicità di Gesù, la migliore tradizione dialettica e dubbiosa di questa cultura che si esprime anche nel rapporto con il divino. E su questo approccio ci ritroviamo anche noi.

Come riflessione conclusiva ma anche come provocazione per la comunità: il tema di oggi è la resurrezione o la necessità - per essere nella sequela del Cristo - del  superamento della legge?