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«TRA I CATTOLICI AUMENTA IL DISSENSO»

Luca Kocci

Il manifesto 4 ottobre 2009

COMUNITÀ DI BASE - TIRRENIA (LIVORNO)

Nascono fra la fine del Concilio Vaticano II, con le sue speranze di rinnovamento della Chiesa, e i movimenti studenteschi e operai del '68-'69, le comunità cristiane di base: quarant'anni di cammino comune nel tentativo di costruire «una Chiesa altra per un altro mondo possibile», come dice il sottotitolo di un libro appena pubblicato che ne ripercorre il percorso collettivo (Mario Campli e Marcello Vigli, Coltivare la speranza, ed. Tracce). Una Chiesa dal basso, non della gerarchia ma del popolo di Dio, capace di mettere al centro la profezia e le istanze di giustizia del Vangelo invece del potere dell'istituzione.

Catalizzatore dell'esperienza è stata la comunità dell'Isolotto, quartiere popolare di Firenze, che quando il parroco, Enzo Mazzi, venne rimosso per le sue posizioni progressiste, nel 1968, abbandonò la parrocchia e iniziò a celebrare l'eucaristia in Piazza. Da lì in poi, le comunità di base sono nate in tutta Italia, e vivono ancora adesso. Si incontrano a Tirrenia (Li), ieri e oggi, per il loro Collegamento nazionale. All'ordine del giorno «il futuro delle comunità», come annunciato anche nel titolo dell'incontro, a partire dalla consapevolezza che «a distanza di quarant'anni la società, la politica e la Chiesa cattolica in Italia, e non solo, sono radicalmente diverse». E i mutamenti si colgono anche dalle risposte al questionario sui rapporti istituzione/profezia e fede/politica date dalle comunità di base, i cui risultati sono stati presentati durante la giornata di ieri. Il rapporto fede/politica per esempio, che fu fondamentale nella nascita di tutte le comunità di base, rimane importante anche oggi, ma in misura leggermente minore rispetto al passato. E l'impegno nel volontariato sociale talvolta prende il posto della militanza politica anche in diversi appartenenti alle comunità di base - in linea del resto con la tendenza generale italiana dell'ultimo decennio - anche se l'analisi sul mondo del volontariato è netta: le strutture dell'associazionismo «sono in profonda trasformazione per l'affermarsi della ideologia della sussidiarietà e per l'accesso al finanziamento pubblico che le spingono all'istituzionalizzazione e alla burocratizzazione». Cala leggermente la militanza politica in senso stretto, ma non l'idea che «la politica sia un'espressione dell'amore per il prossimo». Il timone rimane indirizzato a sinistra - con le sue varianti - eppure il giudizio sulla crisi della sinistra è severo: crisi forte, non passeggera, anzi quasi irreversibile per alcune comunità. Ma nessuno pensa che «i cristiani debbano costruire forme di presenza politica autonoma».

I rapporti con le istituzioni ecclesiastiche rimangono fortemente critici: pressoché assenti con le diocesi, occasionali con le parrocchie, un po' meglio con le associazioni ecclesiali. Anche perché le comunità di base - fedeli alla loro origine - preferiscono rivolgersi direttamente alla base, al popolo di Dio, prendendo posizioni, assai spesso negli ultimi anni, su questioni etiche, politiche e anche teologiche. Ma il «dissenso» nei confronti dell'istituzione, prima quasi esclusivo delle comunità di base, si sta trasformando in «disagio» e si sta allargando ad altri settori della «base della comunità ecclesiale», che prima rimanevano in silenzio, negli ultimi anni invece manifestano «timidi segni di iniziativa». Oggi le proposte, a partire da alcuni nodi: i rapporti con gli altri movimenti e gruppi di base, appunto la nuova area del disagio ecclesiale che inizia a manifestarsi; le relazioni con le Chiese evangeliche; la presenza nel sociale, alla luce del nuovo rapporto fra fede e politica.