Forum e laboratori

 

Sintesi dei lavori redatti dalle Cdb responsabili

 

XXVII Incontro Nazionale delle Comunità di Base Formia 1-3 nov. 2002

“Chiamati alla speranza oltre i confini di ogni fondamentalismo”,

 

 

Laboratorio n° 3

DONNE  E FONDAMENTALISMO

 

1)      Sintesi dei lavori

2)      Scheda comparativa

 

1)      Sintesi dei lavori (Comunità di Oregina)

 

            Il gruppo si prefiggeva di sviluppare la ricerca del rapporto tra i fondamentalismi religiosi e le donne ( compresa la sfera dei diritti e dell’organizzazione familiare) partendo da uno schema predisposto dalla Comunità di Oregina che metteva a confronto le tre religioni monoteiste: ebraismo, cristianesimo ed islamismo. ( vedi allegato)

 

Volutamente sono state escluse dal confronto le altre religioni orientali (buddismo, induismo, confucianesimo, ecc…..) per  la loro lontananza e diversità dalla nostra cultura, ma non escludendo la possibilità di effettuare confronti più allargati o proseguire la ricerca.

 

Al gruppo hanno partecipato attivamente 25 persone di cui  5 uomini e 20 donne, alcune/i erano presenti in coppia; secondo il metodo usato nei gruppi donne, è stata data la parola a tutte/i seguendo lo schema di lavoro previsto dai conduttori del gruppo, Catti e Peppino della Comunità di Oregina che hanno inframezzato i giri degli interventi e le riflessioni dei singoli, con letture programmate di testi significativi,  espressioni di fondamentalismi o di critiche ai fondamentalismi.

 

Occorre premettere che forse c’è stato un equivoco di fondo perché il titolo del gruppo sembrava caratterizzarlo come un ambito di discussione per sole donne, invece così non era e non doveva essere;  quindi agli uomini presenti  va riconosciuto il merito di aver considerato prima di tutto che l’argomento era d’interesse comune tra i due generi, (anzi che la lettura del rapporto tra i fondamentalismi religiosi e le donne è basilare per capirne l’origine ideologica) e poi per essersi confrontati con la maggioranza di donne su di un terreno per così dire “minato”, ricco cioè di momenti di riflessione che mettono in discussione anche la sfera personale.

 

Di converso va invece rilevato che, nonostante ci sia l’opportunità di confrontarsi sugli argomenti all’o.d.g., nei gruppi misti ma con una nuova visione di genere, ancora pochissimi uomini, sul totale dei partecipanti, sceglie questo confronto ovvero apre i suoi interessi ad un approccio diverso, e questo è il segno del permanere anche nel movimento delle comunità di base di una formazione culturale esclusivista e maschilista che fa fatica a tramontare a causa di comode resistenze. 

 

Va rilevato che anche molte donne non hanno scelto di partecipare a questo gruppo per disperdersi nei gruppi diversamente attraenti; ma al di là del numero e della caratteristica di genere dei partecipanti, le riflessioni fatte possono essere sicuramente significative per tutto il movimento e quindi sono riportate nella sintesi che segue e nell’aggiornamento della scheda di confronto a cui si è aggiunta una quarta colonna elaborata insieme nel gruppo.

 

Due mezze giornate di riflessione critica delle dinamiche culturali ed istituzionali delle religioni monoteiste, hanno messo in  evidenza che il tarlo fondamentalista ancora oggi ha un peso rilevante nella vita di tante persone.

 

Il fondamentalismo religioso, contrariamente ai luoghi comuni, non è presente solo nella frange estremiste degli ebrei ultra-ortodossi o dell’islamismo estremista, ma anche nel cristianesimo ed in buona parte del cattolicesimo. Nel gruppo è stato evidenziato, per esempio, un atteggiamento fondamentalista nei pronunciamenti della gerarchia ecclesiastica cattolica, attraverso la  struttura della Congregazione per la Dottrina della Fede, allorquando per far comunque salva una tradizione e non mettere a rischio il potere clericale, vengono ribaditi principi disciplinari come discendenti da autentica ed univoca interpretazione della Bibbia (celibato dei preti, non accesso al sacerdozio femminile, discriminazione verso gli/e omosessuali e i/le transessuali/e , campagne antiaboriste e preclusione verso il divorzio,  ecc…).

 

Viene inoltre ritenuto fondamentalista l’atteggiamento maschilista di casta esclusivista a cui tutte le gerarchie clericali sono improntate e che caratterizza i comportamenti e le dottrine delle tre religioni monoteiste prese in considerazione.

 

A tale riguardo viene altresì evidenziato come la scelta di relegare le donne a ruoli ben definiti (nella famiglia , nella comunità religiosa e nella società) esaltandone le differenze rispetto al sesso, viene fatta passare come scelta  femminista: in realtà i presupposti fondamentali per una valorizzazione delle differenze, secondo il pensiero del femminismo, sono quelli  di una reale  democrazia paritaria di diritti in ogni consesso, nonché quelli del superamento dei ruoli stabiliti per sesso e pertanto nella valorizzazione di ciascuno/a per le sue caratteristiche di persona, in questo ricomprendendo per esempio, anche gli/le  omosessuali.

Ora  è del tutto evidente che questa condizione paritaria non  esiste nella chiesa cattolica, mentre si sta facendo strada anche nelle altre confessioni cristiane  ed emerge altresì un pensiero progressista femminista anche nel mondo islamico e nell’ebraismo; vengono messi in evidenza i passi avanti effettuati dalla donne in ogni campo anche in quello della teologia e quindi citate scelte  e condizioni della donne e delle famiglie nelle diverse realtà religiose.

 

Ma, cosa molto importante, all’interno del nostro gruppo è parso che quest’analisi non fosse sufficiente  se non veniva completata dalla lettura di quanto sta succedendo nella società a livello planetario!

 

Abbiamo sottolineato che la minaccia più grave per la vita delle persone e della natura viene oggi da una deriva di origine laica che si configura come un nuovo fondamentalismo basato sull’individualismo sulla sete di successo, potere, ricchezza e che costituisce l’ossatura della nostra società; questa nuova forma di fondamentalismo non risparmia uomini e donne toccando e coinvolgendo quindi, nell’occidente più ricco, entrambi i sessi.

Anche in tale nuovo contesto fondamentalista  si ritrovano ruoli prestabiliti e gerarchie di potere e sottomissione: nella maggioranza dei casi il potere è in mano a maschi ma non è esclusa la possibilità alle donne di esercitarlo e non sempre in senso progressista e liberante!

 

La struttura portante della società capitalistica , basata sul mercato sugli interessi di natura esclusivamente economica e sui poteri forti, porta oggi all’incombente minaccia della guerra, genera violenza, emargina gli ultimi sempre più e tra essi le donne che diventano le più povere tra i poveri dovendo altresì subire  lo sfruttamento e la sottomissione di genere nella società sessista.

 

Dal patriarcato nato ancor prima del monoteismo, e da quest’ultimo caratterizzante le tre religioni abramitiche, non può scaturire alcunché di liberante per le donne se non con l’aiuto di una lettura capovolta del mondo religioso nel quale siamo cresciuti/e ed è questo che la teologia femminista sta cercando di compiere:  occorre fare attenzione anche alle gerarchie  ecclesiastiche e alla loro strumentalizzazione dell’emarginazione.

 

Ma è anche da questa marginalità che le donne possono essere lievito, sprone per un più profondo cambiamento di mentalità e di comportamento che il gruppo auspica possa avvenire anche nelle comunità di base.

 

Rileggere i fondamentalismi ed in particolare i fondamentalismi religiosi con riferimento alla condizione delle donne ha significato per noi ripercorrere i fondamenti di ogni religione scoprendo una immagine di Dio che ci è stata inculcata e della quale ci è difficile prescindere,  un’ immagine del divino del tutto alienante.

 

Abbiamo quindi costruito insieme la quarta colonna delle religione individualista moderna e contemporanea ed auspicheremmo che venisse costruita in gruppi locali la quinta colonna dei desideri: non quindi una colonna di rapporto tra fondamentalismi e genere femminile o maschile , ma di come vorremmo che si svolgesse la nostra società, il nostro rapporto paritario tra i sessi, l’educazione, la crescita dei figli, il lavoro, la politica, la fede religiosa,  la solidarietà ecc…ecc….

 

Più che una quinta colonna di studio una serie di auspici, di desideri e di impegni nel personale e nel politico ( collettivo).

 

2)    Scheda comparativa

 

 

EBRAISMO

(inizio 2000 anni ante E.V.)

CRISTIANESIMO

(inizio 38 dopo Cristo)

ISLAMISMO

(inizio 622 d.C.)

LAICISMO

INDIVIDUALISTA

(epoca contemporanea)

 

 

 

 

Definizione di Dio

Il nome di  Dio, non viene pronunciato (D-o)  ma egli è sicuramente pensato e descritto unico e con attributi maschili , inoltre viene definito come padre , come sposo

Unico, il Padre proveniente dalla tradizione ebraica, tutti gli aggettivi di Dio sono al maschile.

Unico, maschile, è Allah proveniente dalla stessa tradizione ebraico-cristiana

  Io   (individuo) indifferentemente      

  maschio o   femmina

Presenza divina femminile

Inesistente

 

Inesistente ( esiste la Madre di Dio, per dogma , riconosciuta nella Madonna)

Inesistente ( esiste la Madre del libro un archetipo celeste del Corano)

Inesistente (esistono numerose star

Che sono diventati dei  miti )

Definizione trinitaria

Inesistente anzi viene ribadita più volte l’unicità di Dio

Padre, Figlio, Spirito Santo; la definizione trinitaria si forma in fase ellenistica

Inesistente

Successo, denaro, potere

Tipo di religione

del libro ( la Torah)

 del libro ( la Bibbia)

 del libro ( il Corano)

Individualismo

 

Visione della creazione

Dio creatore, uomo prima della donna, uomo dominatore natura (animali e vegetali)

Riferimenti storici alla Bibbia-Genesi

Dio creatore, uomo prima della donna, uomo dominatore natura (animali e vegetali), riferimento Bibbia – Genesi

 

Dio creatore, uomo prima della donna, uomo

 dominatore natura (animali e vegetali)

Riferimento Corano - Sura II

La creazione come grande macchina

 Tecnologica sofisticata: il mondo

 dominato dalla scienza che non è

neutrale.

Rapporto uomo-donna

Prevalenza dell’uomo sulla donna in ogni funzione importante, superiorità nei ruoli

Principio di uguaglianza nella diversità,  accettazione e conferma  storica della sottomissione della donna all’uomo

Superiorità maschile sancita dal Corano ( Sura IV )

Privilegio maschile e permanente

Rigidità dei ruoli; contrapposizione di

Opposti egoismi

Comandamenti e precetti

Dieci (Mosè) + 613 precetti irrinunciabili

 

 Dieci (Mosè ) + catechismo

Molte  regole che formano  il Codice islamico (Sura 17)

 

Fatti i fatti tuoi, egoismo, profitto,

interesse, consumo, competizione,

apparire e non essere, edonismo

Segni o sacramenti d’appartenenza

si ( circoncisione per i maschi, ) l’essere ebreo o ebrea deriva dalla discendenza da madre ebrea, oppure per scelta da adulto

si, battesimo sia per le donne che per gli uomini

 La professione di fede come fondamentale segno (cinque pilastri dell’Islam preghiera, elemosina, testimonianza di fede, pellegrinaggio rituale,obbedienza al corano)

Logo, griffe, moda, status simbol,

conformismo

Trasmissione  appartenenza religiosa

Per via matrilineare

Per via comunitaria e sociale (il battesimo come rito sociale)

Per via patrilineare

Linguaggio, gesti corporei

Presenza del demonio

si

 

 Si, descritto  come tentatore di Cristo

si

 

L’altro, il diverso, il terrorista

Presenza  del peccato originale

si ad opera di una donna

 si ad opera di una donna ( il battesimo  è anche eliminazione  del peccato originale )

si ad opera di una donna

La povertà, l’invisibilità, il non ruolo

Non produttore e non consumatore

Comunità dei credenti

si – forte senso di appartenenza al Popolo eletto di D-o

si – formazione di Chiese strutturalmente molto organizzate dai battezzati

sì – forte senso di appartenenza alla Umma , la casa di tutti i musulmani

Auditel, branco, appartenenza al mondo

Occidentale cristiano

Impurità femminile

Malattia, sangue mestruale femminile,

superamento dei concetti d’impurità legati al mestruo femminile

Donna mestruata inavvicinabile

Considerata nella donna trasgressiva

Che si oppone ai modelli,

Patologie psichiche delle donne

Visione della sessualità

storicamente l’eterosessualità è stata considerata con libertà  e non solo dentro il   legame coniugale, ma sono proibiti tuttavia i rapporti sessuali prematrimoniali in quanto in contrasto con la concezione del matrimonio; l’omosessualità non è riconosciuta

in genere si è affermata una visione della libera sessualità come  peccaminosa;  la sessualità viene esclusivamente legata alla riproduzione nell’ambito del matrimonio eterosessuale; l’ omosessualità è considerata devianza

attiene alla sfera privata ma non è in genere

considerata  peccaminosa; l’ omosessualità non è tollerata

una delle regole:”non abbandonarti alla lussuria”

Reificazione, mercificazione della

Sessualità  e del corpo femminile

Individualismo sessuale e

Banalizzazione

Indifferenza verso l’omossessualità

 

 

 

 

Concezione matrimonio e famiglia

Il matrimonio è un patto: in genere è monogamico e la famiglia-tipo patriarcale.

Il matrimonio è un sacramento: è assolutamente  monogamico e la famiglia  storicamente patriarcale

 

Il matrimonio è un contratto:è ammessa la poligamia e la famiglia è patriarcale ,

si rileva una evoluzione moderna verso la monogamia e in alcuni paesi anche verso una maggiore autonomia delle donne

Incontro di individualità

Deresponsabilizzato e desacralizzato

Indifferenza verso la relazione

profonda e duratura

Rifiuto della procreazione come

impegno e sacrificio

Adulterio

Grave colpa femminile

Peccato

Reato ,

indifferenza

Divorzio e matrimonio misto

Ammesso il divorzio

Non ammesso il matrimonio misto

Non ammesso il divorzio

Ammesso matrimonio misto

Ammesso  ripudio-divorzio

Ammesso matrimonio misto

ammesso

Metodi contraccettivi

Anticoncezionali femminili ammessi  se presi all’insaputa del marito, quelli maschili non sono ammessi

 Ammessi solo quelli naturali che sono legati alla gestione controllata del ciclo femminile e del periodo di fecondità, non ammessi tutti gli altri metodi

Non sono in genere vietati , ci sono state  evoluzioni sociali  in diversi periodi storici

Tutti i tipi di contraccezione ma

prevalentemente ad uso e consumo

e carico della donna

Aborto

Ammesso solo quello terapeutico

Considerato un grave peccato

Non ammesso

utilizzato

Rapporto con lo straniero

Accoglienza

 Accoglienza e tolleranza religiosa

 Accoglienza

Integrazione nell’economia di

mercato

Eredità femminile

Contemplata  nell’ambito della stessa famiglia

 

Riconosciuta solo in  tempi  recenti (evoluzione storica e sociale)

 non riconosciuta ( evoluzioni moderne)

Non è problema

Rapporto con la società

 separatezza formale ma forti condizionamenti

Pervasione  ai fini della formazione di una società cristiana ( evoluzione negli ultimi tempi )

Piena coincidenza tra religione e società nei paesi a totale presenza islamica ( rapporto problematico nei paesi senza religione di Stato ).

Integrazione di sistema

Rapporto con la legge dello Stato

 separatezza

 

 separatezza formale  ma condizionamento culturale

 Rapporto conflittuale ove c’è distinzione tra la Sharia e legge civile

Asservita alla ragione del mercato

Rapporto con la politica

regole comportamentali diffuse che condizionano la politica ( presenza di partiti politici ebraici nello Stato d’Israele )

attribuzione cristiana  a partiti politici, evoluzione di dottrina sociale

Formazione di partiti “religiosi” dove lo Stato si presenta almeno formalmente “laico”

Strumentale

Abiti e costumi

modernizzazione con alcuni segni distintivi (kipa maschile e copricapo femminile)

totale modernizzazione alcuni abiti e segni di riconoscimento per clero e conventuali

 presenza di segni distintivi e

abiti imposti ( burca, velo, turbante,  )

Conformismo

Preghiere

rituali, regolari, giornaliera con  vasta formulazione espressiva personale ( osservanza di un calendario liturgico)

rituali, regolari, giornaliere sia  liturgiche che  personali  e con formulazione espressiva personale ( osservanza di un calendario liturgico)

rituali, regolari, giornaliere  e imposte,

 limitata espressione personale ( osservanza di un calendario liturgico)

Comportamenti rituali

(sabato sera)

Rappresentazione iconografica

assente

 

Eccezionale sviluppo dell’arte sacra, diffusa specialmente nel cattolicesimo e nell’ortodossia ,  a carattere didattico

 vietata qualsiasi antropomorfica

 rappresentazione divina

Rappresentazione del “bello/a”

Idolatria

Luogo  di culto

sinagoga

 

basilica , tempio

moschea

Discoteche, bingo, locali vari,

ipermercati, la Borsa, la finanza

Tipo di culto

collettivo e sacrificale

 

collettivo e memoriale

 collettivo e peregrinante

Collettivo conformista,

individuale concorrenziale

Ministro del culto

Non vi sono preti; ma chi presiede il culto è maschio anzi  più maschi insieme, sono ammesse le donne in casi estremi in assenza dei maschi.

Il rabbino è un interprete della Torah, un insegnante, un saggio, non necessariamente un ministro del culto, i rabbini sono sposati

Preti maschi nella chiesa cattolica e ortodossa.Pastori , maschi e femmine , nella maggioranza delle chiese protestanti.

I preti cattolici di rito occidentale  devono essere celibi, i /le pastori/e di altre chiese cristiane possono essere sposati/e

 esclusivamente maschio ma come per l’ebraismo non è un sacerdote, bensì un saggio che interpreta il Corano ( sono detti ) ulama o mullas  e sono sposati.

Burattinai della Borsa, imprenditoria,

 banca mondiale e fondo monetario

Opus Dei, gerarchie curiali,

Politici e capi di governo

Presenze femminili

Nella storia biblica  matriarche, profetesse; in epoca moderna nessuna in particolare

Maria Madre di Gesù, definita Madre di Dio, Apostole e discepole, numerose sante,

Le donne dell’Islam c oranico sono pochissime: Maria, Fatima

Ancora oggi non possono guidare il culto

Ruoli e cliché imposti

 

 

 

 

 

Presenza fondamentalismi

sì – ebrei ultraortodossi

origine protestante del concetto  di fondamentalismo, ancora oggi vi sono correnti fondamentaliste  –nell’ambito del cattolicesimo dogmatico si usa  parlare  di movimenti o posizioni  integraliste.

Gli storici  musulmani non accettano il concetto occidentale di fondamentalismo , ma è forte la somiglianza del fondamentalismo di origine ebraico-cristiano con quello presente in movimenti di origine islamica

individualismo sfrenato

Presenza di movimenti femministi

Si, solo in epoca recente a partire dalla fine dell’ottocento

Si,  con collegamenti con il movimento femminista in generale (significativo sviluppo della teologia femminista)

Si,  con forte affermazione della peculiarità islamica fin dall’inizio del novecento

No

Uso religioso della Guerra

Nella storia del popolo ebraico molte sono state le guerre giustificate per volontà di D-o

Nella storia delle società cristiane molte guerre sono state giustificate con l’appoggio della  religione.

La guerra santa è legittimata dal Corano come lotta contro gli infedeli

Si in quanto funzionale al mercato

E alla conservazione del potere

 

 

 

 

Laboratorio n° 5

LAICITA’ OLTRE IL LAICISMO

       

1. Materiale preparatorio

2. Sintesi dei lavori a cura del Gruppo di Controinformazione Ecclesiale di Roma GCE

3 “Il principio giuridico di laicità”. Riflessione di Luciano Zannotti

 

1.   Scheda introduttiva al Laboratorio proposta dal Gruppo di Controinformazione ecclesiale di Roma

 

“Laicità oltre il laicismo: laico, laicismo, laicità”

Il termine laico, originariamente proprio del linguaggio ecclesiastico per distinguere i fedeli dal clero, nel tempo ha assunto nuovi significati. Usato - nei paesi dove si è affermato il cattolicesimo -  in opposizione a religioso, dogmatico, confessionale, fondamentalista …., ha configurato un modo di pensare e caratterizzato un orientamento culturale che, evolvendosi, sono diventati parte integrante dell’elaborazione della cultura europea. I termini laico, laicismo, laicità possono quindi essere considerati elementi preziosi del patrimonio culturale “dell’occidente” da valorizzare per individuare soluzioni valide ai problemi posti dall’ormai irreversibile convivenza tra culture diverse.

Una riflessione che ne approfondisca l’attuale significato e valore deve perciò muoversi tra passato e presente a partire dalla ricognizione di casi concreti in cui si evidenzia che nell’uso comune il termine laico è ricco di ambiguità e viene usato con significati diversi rischiando di non averne più uno veramente significativo, tanto da essere considerato da alcuni insignificante:

 

v      I diversi tentativi/rifiuti di attribuire alle diverse forme di conflitto in cui sia implicato l’Islam il carattere di guerra di religione, o di identificare la civiltà occidentale con il cristianesimo, indicano la difficoltà a cogliere l’autonomia del profano dal sacro.

v      In sede di elaborazione della Costituzione europea si discute non tanto sul valore delle “radici cristiane” dell’Europa quanto sulla necessità di sancirlo formalmente nella Carta dell’Unione europea, dando vita da un lato a schieramenti contrapposti dall’altro a “distinguo” infiniti.

v      Per anni in Italia si sono chiamati “laici” i partiti centristi non democristiani e “laici” sono chiamati  membri non “togati” del Consiglio superiore della magistratura, eletti dal Parlamento

v      Il ritorno delle polemiche sul crocefisso nelle scuole italiane evidenzia la mancanza di consapevolezza comune del confine tra confessionale e laico nella scuola e nelle pubbliche istituzioni

v      Le frequenti manifestazioni d’intolleranza tra singoli e gruppi di diversa religione e/o ideologia rivelano la difficoltà di individuare il fondamento dell’accettazione reciproca.

v      Alcuni film di recente produzione cinematografica come Magdalene, Banchiere di Dio, L’ora di religione, Amen, proponendo i temi del rapporto tra religione, cultura e costume, e del contrasto Chiesa Stato, hanno suscitato polemiche.

 

Dalla riflessione su questi casi può scaturire un discorso che, insieme a una ricognizione storica della questione consenta di rispondere agli interrogativi che nascono oggi  dai molteplici significati attribuiti ai termini in questione: laico, laicismo, laicità.

v      Si può parlare di un “pensiero laico”, di una “cultura laica? in riferimento alla religione, alle ideologie, ai rapporti stato/chiesa? Sono laici sia il liberalismo sia il marxismo? e allo stesso modo? A partire da quanto emerso nel Forum si può parlare di fondamentalismo anche per il laicismo?

v      Che cosa intendono per laicità quanti la distinguono dal laicismo pensando che possa essere conciliabile con l’idea di possedere la verità assoluta? con una prassi autenticamente evangelica?

La laicità è proponibile alle culture “altre”, maturate fuori dei principi e dei valori elaborati  dall’illuminismo europeo, per favorire il dialogo, la convivenza, l’integrazione senza che sia un’imposizione

 

 

 

 

2. Sintesi dei lavori

 

Il numero limitato dei presenti (costanti 17 – 20) ha permesso una partecipazione ampia all’impostazione del lavoro e alla discussione. Data per letta la scheda introduttiva, inviata a suo tempo dal Gruppo di controinformazione, è stata accolta la formula del metodo del brain storming (tempesta d’idee), proposto dal gruppo stesso, che ha sollecitato tutti ad intervenire anche più volte in modo tale che il discorso di ognuno ha trovato di volta in volta opposizione dialettica, arricchimento o compimento nel discorso dell’altro, all’interno di una comune ricerca che si è articolata in diversi momenti

All’inizio ciascuno ha proposto una o più parole che sono state scritte su due tabelloni, uno per quelle che sembravano più immediatamente collegarsi al concetto di laicità, l’altro per quelle che sembravano ad esso estranee: SI - NO

SI

Pensiero complesso, fede, libertario, educazione l., risorgimentale, rivoluzionario, laico/democratico, responsabilità, libertà, ignoranza, volontario, impegno,

inattuale, dubbio, punto di vista, diritto, scienza, pluralista

antropologia, solidarietà, interrogativo, credente, accettazione, storicità, popolo, umiltà, valorizzazione della soggettività, amore autentico, informazione, incompiutezza (utopia),

dio, cultura

NO

Pensiero lineare, dogmatico, bigotta, pensiero l., neutralità, intollerante, certezza, superbia, passività, etnia, folla, musica-pittura ecc., conciliare, fondamentalista, integralista, specialista, gerarchia, contributo, autorità (abuso), prete, pastore, cultura, tradizione, informazione.

 

Dalla loro lettura è emerso che alcuni concetti, per la loro stessa ricchezza, erano egualmente collocabili in entrambi i tabelloni. Per altri si è discusso sulla collocazione più adeguata. Si è con ciò verificata, per la pluralità e ambiguità di significati del termine laico, la difficoltà a trovare immediatamente un linguaggio comune.

Esaurita questa prima ricognizione, si è avviato il dibattito con l’intervento introduttivo programmato di Luciano Zannotti sul significato che il termine laico ha assunto nell’ambito giuridico.  Nel confermare la molteplicità di significati attribuiti alla parola, ha invitato a riflettere che questo non avviene solo per questo termine, ma che più in generale il contenuto dei concetti è storico, variabile, politico e dalle ambiguità si esce solo perché chi detiene il potere impone una scelta, che pertanto non ha valore assoluto. In questa prospettiva è stato interessante  scoprire che “nel nostro ordinamento giuridico non si parla mai di laicità, non c’è alcuna disposizione, legge ordinaria (anche tra quelle più recenti), non c’è alcuna norma costituzionale che contengano espressamente questo principio”. Solo poco più di tredici anni fa, la sentenza della Corte Costituzionale (n. 203/1989) ha riconosciuto la “laicità come uno dei profili fondamentali della forma” del nostro Stato democratico e repubblicano.

Ne deriva che “ L’affermazione del principio di laicità – in astratto -  dovrebbe impedire ad ogni componente istituzionale una reintroduzione surrettizia di schemi confessionali; dovrebbe - ancora in astratto – imporre l’utilizzazione di un criterio direttivo e di un parametro di valutazione nuovi per tutta la legislazione e per tutta la prassi amministrativa (la laicità  come nuovo asse fondamentale di riferimento dell’intero ordinamento  giuridico); dovrebbe – sempre in astratto – innervare quel pluralismo culturale e religioso giustamente dialettico e così necessario per lo sviluppo democratico.”

Lo Stato laico quindi si pone come “luogo privilegiato di incontro delle varie posizioni” garante del pluralismo delle concezioni e degli orientamenti.  Si pone a questo punto il problema del rapporto “tra laicità e pluralismo, tra laicità ed integrazione”, nella consapevolezza che “il pluralismo non è sempre buono. È.fenomeno ambiguo come tante altre cose della nostra vita. È un elemento decisivo della trasformazione sociale, ma può costituire un serio problema se si svolge tra gruppi che vogliono rimanere sempre eguali a se stessi in nome di una diversità da custodire gelosamente a tutti i costi”.

In questo quadro un’ulteriore lettura dei tabelloni ha permesso di evidenziare un generale consenso sulla constatazione che alcune parole, come dogmatico, autorità, gerarchia, fondamentalista, integralista, certezza, passività, ecc., rimandano ad un unico campo semantico, quello di pensiero lineare/pensiero unico, mentre altre, come accettazione, pluralista, dubbio, scienza, ecc., rimandano al pensiero complesso. In verità il pluralismo può essere solo una componente del progresso civile che deve tuttavia svilupparsi attraverso il momento altrettanto necessario della contaminazione culturale e della sintesi sociale.

A partire da queste ulteriori acquisizioni si è sviluppato un ampio dibattito che si è articolato in interventi strutturati, brevi riflessioni, proposizione di interrogativi e di esperienze, di dubbi sulla possibilità stessa di raggiungere una visione condivisa e di reciproci chiarimenti, configurandosi come un’autentica riflessione collettiva

Momenti di analisi si sono intrecciati sia con tentativi di sintesi alla ricerca di un nuovo modo di intendere la laicità, sia con dichiarazioni più o meno esplicite di impossibilità/inutilità di ottenere questo risultato, ma sempre in un percorso comune di approfondimento dei problemi evidenziati da vari interventi a partire dalle sollecitazioni emerse nella prima fase dei lavori e successivamente dai vari modi di porre interrogativi e problemi, offrire soluzioni o proporre dubbi sulla possibilità di definire il concetto stesso di laicità.

Difficile quindi racchiudere la ricchezza del dibattito e proporre una sintesi definitiva. Si possono, però, registrare  alcune convergenze e si sono acquisiti alcuni tentativi di sintesi seppure provvisoria.

Pluralismo e diversità

Se il pluralismo non è di per sé un valore mentre lo è la diversità, è necessario precisare le condizioni che lo rendono accettabile anzi ne richiedono la promozione.  Valido è quello fondato sull’accettazione reciproca e sul reciproco riconoscimento, che non promuovono integrazione intesa come omologazione dei diversi, ma autentica contaminazione. Questa scaturisce dalla piena acquisizione del senso del limite che non solo ogni individuo, ma anche ogni cultura in quanto frutto della storia, devono avere. Nella storia si sono formate e trasformate le etnie, le nazioni e i popoli e i loro “immaginari collettivi”, attraverso progressive integrazioni sociali e contaminazioni culturali, talvolta pacifiche talaltra frutto di violenza e di sopraffazione: la laicità esige che esse siano pacifiche e consensuali, soprattutto capaci di produrre solidarietà. Il pluralismo diventa così un processo da costruire a partire dalla creazione di condizioni di uguaglianza nella fruizione dei diritti e dalla produzione di valori condivisi.

Stato laico

Queste condizioni possono essere date nello Stato inteso come la struttura in cui il luogo del potere appare come vuoto, un luogo simbolico che nessun individuo o gruppo sociale può occupare una volta per tutte. Si configura così la caratteristica essenziale dello stato laico e democratico che garantisce a tutti l’esercizio dei diritti consentendo lo svolgimento pacifico dei conflitti che ne possono derivare in una sintesi sociale rappresentata dalle leggi.

In tal modo lo stato laico si configura anche nella capacità di assicurare a ciascun individuo il pieno esercizio della libertà nella costruzione dell’identità personale e a ciascun gruppo la possibilità di esprimere un’identità collettiva, senza violare, ovviamente, quella individuale dei membri del gruppo stesso.

Oltre il rapporto stato chiese

Quest’ottica esige una nuova “categorizzazione” di laico e di laicità che vada oltre l’ambito tradizionale costituito dal rapporto tra Stato e chiese, oltre la sfera del diritto investendo problemi e contraddizioni anche nella sfera della soggettività, individuale e collettiva.

La definizione di laicità propria del tradizionale laicismo, che rifiuta aprioristicamente la validità della sfera del religioso, è speculare al fideismo assoluto che, in nome della verità, condanna senza appello il valore del dubbio e il relativismo che se ne fa derivare.

Nessun alibi per l’abbandono della ricerca della laicità possibile

Al tempo stesso la ricerca di un nuovo modo d’intendere la laicità non deve essere assunta come giustificazione o alibi per l’abbandono delle lotte per la difesa della laicità nelle e delle istituzioni pubbliche nelle forme concrete in cui si esprime nella legislazione e, in particolare, nella scuola specie in presenza della ripresa dell’invadenza delle istituzioni religiose riemergente dal rinnovato consenso intorno ad esse.

Solo l’impegno nel loro rafforzamento e la partecipazione alle lotte per il loro sviluppo possono dare credibilità ai tentativi di promuovere un modo d’intendere la laicità adeguato al tempo che stiamo vivendo

Il dubbio

L’altra condizione perché la ricerca  sia  fruttuosa è il riconoscimento del valore del dubbio. Il dubbio è in realtà molla ed elemento essenziale della ricerca. Va pertanto assunto come riconoscimento dei limiti imposti alla conoscenza umana dalla condizione storica in cui si realizza. Il rischio che il dubbio produca relativismo va perciò vissuto come la naturale conseguenza della libertà nella ricerca. Il relativismo va liberato della connotazione negativa che gli si attribuisce: in verità esso denota  la parzialità e la provvisorietà delle sintesi di volta in volta realizzate come momenti dei percorsi del pensiero umano che si sviluppa nelle acquisizioni della scienza e nella costruzione di sempre nuovi immaginari collettivi. I risultati raggiunti consentono generalizzazioni e guidano le azioni, ma non devono essere finalizzate ad assolutizzazioni o a sacralizzazioni, né sotto forma di leggi scientifiche immodificabili, né di dogmi indefettibili.

Sacro profano

Un nuovo modo d’intendere la laicità che si andasse così configurando, non mette solo in discussione il tradizionale concetto di sacro, in contrapposizione al profano, ma anche le nuove forme di sacralità (pensiero unico, mercato, consumo …) che, complice lo strapotere dei media, vengono riproposte.

La desacralizzazione dell’esistente, delle nuove forme di divinizzazione è indispensabile per evitare l’involuzione del processo di secolarizzazione che si è affermato negli ultimi secoli.

Educazione

Al di là di questa prospettiva l’educazione e la scuola, che la proietta fuori della sfera della famiglia, sono stati riconosciuti elementi fondanti per sviluppare laicità, anche se la scuola talvolta tradisce questo compito.  

Nell’approfondire l’importanza di questo fattore, anche a partire dalla presentazione di un’esperienza diretta, è emerso il valore dell’educazione al pensiero liberante come percorso per giungere alla democrazia, dell’educazione alla complessità come antidoto contro i rischi del pensiero lineare e del pensiero unico, dell’educazione alla mondialità come collocazione della  propria identità culturale nel contesto di altre, e come ricerca di senso e di valori condivisibili.   

Laicità e complessità

Proprio per orientarsi nella complessità, che caratterizza le società contemporanee, la laicità può offrire un criterio di orientamento e di discernimento nella consapevolezza, però, che le sue radici affondano nella cultura dell’Occidente, che si è sviluppata nella lotta contro il confessionalismo all’interno degli eventi approdati nella nascita dello stato liberale e che è stata, ed è, caratterizzata spesso da venature di anticlericalismo e irreligiosità. Questa consapevolezza è necessaria, in questo tempo di planetarizzazione della convivenza umana, per affrontare correttamente l’incontro e l’intreccio tra etnie e culture diverse che non devono essere considerate subalterne. Del resto ambiguità e diverse opzioni nelle definizioni di laicità sono presenti anche nella cultura occidentale, che pure l’ha prodotta.

Un percorso possibile

Nel tentativo di abbozzare la costruzione di percorsi possibili per giungere a configurare un nuovo modo di dare senso alla laicità è emersa una proposta di partire dalla valorizzazione della soggettività. Laica è una soggettività responsabile, che cresce nella consapevolezza dell’essere calata nella storia, si definisce nella libertà e sceglie l’impegno fatto di accettazione e solidarietà, molto più ricche della tradizionale e sempre auspicabile tolleranza. Si pone consapevolmente  all’interno dei processi di costruzione dei popoli, intesi come soggettività collettive coscienti che sviluppano la propria identità, diversamente dalle folle e dalle etnie, promovendo valori condivisi da tradurre in diritti, affidati allo stato per garantirne la fruizione generalizzata, e da affidare al sistema scolastico perché siano trasmessi alle nuove generazioni attraverso l’educazione.

 

3) 

 

IL PRINCIPIO GIURIDICO DI LAICITÀ

                                                        Quando uso una parola,

         disse Humpty Dumpty in modo abbastanza sdegnoso,

         significa esattamente quello che voglio io,

         né più né meno.

         Il problema è,

         disse Alice,

         se puoi fare significare alle parole così tante cose.

        Il problema è,

        disse Humpty Dumpty,

        chi è che comanda, tutto qua.

        (da Alice attraverso lo specchio di L. CARROLL)

 

1. Ho messo questo brano all’inizio della mia riflessione perché a me sembra molto significativo a rappresentare l’ambivalenza dei concetti ma soprattutto per dire che il loro contenuto reale è quello dato da chi riesce ad avere il potere di farlo. Il contenuto dei concetti è storico, variabile, politico. Sembra una consapevolezza da poco ma è invece frequente che si assegni al diritto, alle leggi, ai principi giuridici, una funzione assolutamente imparziale quasi che essi potessero davvero sfuggire ad ogni condizionamento.

Dopo questa osservazione che – ripeto – non considero affatto superflua, vengo all’argomento per cui sono stato interpellato: la laicità e il suo significato giuridico.

Bisogna subito dire che del principio di laicità non c’era traccia nelle enciclopedie giuridiche e nei manuali di diritto ecclesiastico fino a una quindicina di anni fa: si poteva trovare la parola laico, contrapposta a chierico in una logica tutta interna all’ordinamento canonico; si poteva trovare laicismo, che ha come noto un significato profondamente diverso e su cui tornerò più avanti. In Europa non c’è una medesima parola che traduce un’idea comune di laicità: laicité in Francia ma secularism in Inghilterrra, per esempio, che non sembrano proprio la stessa cosa.

Questi sono già fatti molto indicativi. La laicità è un concetto recente e non univoco.

Nel nostro ordinamento giuridico non si parla mai di laicità, non c’è alcuna disposizione, legge ordinaria (anche tra quelle più recenti), non c’è alcuna norma costituzionale che contengano espressamente questo principio. E’ solo di poco più che tredici anni fa la sentenza della Corte costituzionale – il giudice delle leggi – la quale riconosce la laicità come uno dei profili fondamentali della forma del nostro Stato democratico e repubblicano, implicito nella Carta costituzionale, desumibile da altri valori e principi contenuti nella stessa che contribuiscono a strutturarlo e a delinearlo. Da questa pronuncia della Corte (la 203 del 12 aprile 1989) si possono ricavare i seguenti tre elementi legati da un rapporto consequenziale:

1)che il principio di laicità è incompatibile con quello di religione di Stato. Un ciclo storico si conclude. Lo Stato confessionale è abbandonato al passato, come d’altra parte aveva già fatto formalmente il nuovo accordo concordatario del 1985 (nel Protocollo addizionale al punto 1, in relazione all’art. 1);

2)che il principio di laicità concorre a descrivere un’attitudine dello Stato il quale risponde non a postulati ideologici e astratti di confessionalità, di estraneità, di ostilità delle istituzioni  o di coloro che le rappresentano verso la religione o verso un particolare credo, ma si pone al servizio di tutti i bisogni socialmente rilevanti, di ogni esigenza concreta della coscienza civile e religiosa dei cittadini;

3)che il principio di laicità non implica perciò indifferenza dello Stato nei confronti delle religioni ma corrisponde all’impegno a garantire la salvaguardia della libertà religiosa dentro un regime complessivo di pluralismo confessionale e culturale.

E’ interessante osservare che il principio di laicità viene affermato nella sentenza in cui la Corte decide per la compatibilità costituzionale dell’insegnamento della religione cattolica previsto dal nuovo concordato (l’art. 9 della L. 25 marzo 1985, n. 121). Pure con questa consapevolezza dei limiti nei quali collocarla e anche interpretarla bisogna tuttavia riconoscere che la sentenza introduce elementi di forte discontinuità rispetto al passato. L’affermazione del principio di laicità - in astratto - dovrebbe impedire ad ogni componente istituzionale una reintroduzione surrettizia di schemi confessionali; dovrebbe - ancora in astratto – imporre l’utilizzazione di un criterio direttivo e di un parametro di valutazione nuovi per tutta la legislazione e per tutta la prassi amministrativa (la laicità come nuovo asse fondamentale di riferimento dell’intero ordinamento giuridico); dovrebbe – sempre in astratto – innervare quel pluralismo culturale e religioso giustamente dialettico e così necessario per lo sviluppo democratico.

 

2. Dico dovrebbe - in astratto - perché come abbiamo potuto constatare anche di recente il passaggio da uno Stato confessionale ad uno Stato laico è tutt’altro che facile e indolore nel nostro paese. Mi riferisco alla vicenda del crocifisso. Non ne parlo mai volentieri perché è cosa talmente consuetudinaria – fa parte integrante dell’arredo di ogni stanza pubblica - che si può facilmente scambiare il mio pensiero per anticlericale. Il laicismo con la laicità, per l’appunto. Penso proprio che nelle strutture pubbliche la presenza del crocifisso dovrebbe essere ritenuta contraria al principio di laicità perché mi sembra che imporre non solo valori ma anche simboli religiosi sia profondamente contrario al senso di rispetto reciproco e possa rappresentare un ostacolo alle possibilità di integrazione.

Ogni tanto la questione del crocifisso ritorna alla ribalta e per la verità sempre più spesso nei tempi più recenti. Questa volta dopo un intervento di Giovanni Paolo II che ha sottolineato come il simbolo della croce “ha qualcosa da dire a tutti. Nelle scuole, negli ospedali, in ogni luogo parla di verità e libertà, di fiducia e speranza”; e dopo una replica dai toni inopportuni di alcuni rappresentanti della comunità musulmana in Italia, i quali hanno ripetuto che il crocifisso è solo “la macabra raffigurazione di un cadavere in miniatura”; con un seguito di interrogazioni in Parlamento, di risposta del Ministro Moratti a conferma del mantenimento del crocifisso e di proposta della maggioranza al fine di rendere obbligatorio per legge la sua esposizione in ogni ufficio pubblico.

Posso solo ricordare di passaggio che le disposizioni che prevedono la presenza del crocifisso negli uffici pubblici sono tutte provvedimenti amministrativi, risalgono allo Stato sardo ma si sono moltiplicate nel periodo fascista, costituiscono l’applicazione del principio di religione di Stato  contenuta nell’art. 1 dello Statuto albertino e sono transitate negli ordinamenti successivi attraverso l’art. 1 del Trattato lateranense del 1929. Sono norme amministrative che sopravvivono a tutti i cambiamenti pure se l’art. 1 del Trattato è ormai – come detto – stato abrogato, pure se la repubblica italiana è stata autorevolmente qualificata come laica, pure se qualsiasi atto amministrativo non può mai essere contra legem. Ma questo non conta – ha affermato il Consiglio di Stato in un parere del 1988 cui la pubblica amministrazione continua tuttora a sentirsi vincolata – prima di tutto perché il nuovo concordato non menziona i crocifissi (niente abrogazione implicita) e quindi resistono le vecchie regole, e poi per il significato che assume la croce nei riguardi della civiltà e della identità culturale del nostro paese, per il suo valore universale che è ormai divenuto indipendente dalla storia di una specifica confessione religiosa.

Insomma, qui non vale il principio giuridico simul stabunt aut simul cadent (insieme staranno o insieme cadranno) che è efficace espressione latina per dire che le norme sono spesso legate da un rapporto di interdipendenza, talora derivano strettamente da un principio – sono la sua applicazione – e durano finché dura il principio, se questo viene per qualche motivo modificato le norme non hanno più alcuna ragione di essere. La laicità che dovrebbe permeare di sé l’ordinamento non incide, è determinata dall’interpretazione, da una interpretazione. E così si torna al dialogo tra Alice e Humpty Dumpty e al problema di chi ha il potere di decidere.

Ma ci sono tanti altri esempi nel nostro ordinamento in cui di fatto resiste il principio confessionista: basti pensare, sempre nella stessa materia allo svolgimento di attività di culto in orario scolastico che continuano come se niente fosse accaduto e sono puntualmente denunciate dal Comitato Scuola e Costituzione - le preghiere prima e dopo le lezioni, la partecipazione di scolaresche alla messa nei giorni che precedono le feste di Natale e di Pasqua, la visita del vescovo (si badi che qui sentenze amministrative li hanno espressamente considerati illegittimi) - ma basti pensare anche a tutte le più importanti cerimonie ufficiali dove non manca mai un prelato in prima fila, ai funerali di Stato che avvengono quasi esclusivamente in una chiesa cattolica con una omelia pronunciata e una eucaristia officiata da un sacerdote cattolico, senza parlare della presenza dei preti in qualunque dibattito e spettacolo televisivi. Anche il pluralismo religioso che è stato faticosamente e – sottolineo – molto discutibilmente riconosciuto nel nostro paese con le intese, cioè attraverso gli accordi ex. art. 8 della Costituzione con le confessioni minoritarie, delinea un quadro in cui alla Chiesa cattolica è rimasto un trattamento largamente privilegiato. Non so se quello italiano possa definirsi uno Stato laico, si domandava qualche anno fa un illustre ecclesiasticista, concludendo di no anche per l’assenza di parametri certi (Finocchiaro). Forse è davvero più giusto definirlo post-confessionista, un ordinamento in fase di transizione anche nella disciplina dei fenomeni religiosi.

 

3. Lo Stato laico – secondo la mia interpretazione della sentenza della Corte e nel pensiero degli studiosi più sensibili della materia – è il luogo privilegiato di incontro delle varie posizioni, senza escluderne alcuna, l’ordinamento che non assume nessuna concezione come propria, che deve garantire le condizioni per il confronto delle idee e la loro sintesi. Compito delle istituzioni laiche è quello di predisporre tutti gli strumenti necessari per impedire l’affermazione definitiva di una ideologia, la vittoria dell’integralismo e di tutti i fondamentalismi. Si è detto - con una immagine che trovo efficace – che in sistema laico e democratico il luogo del potere appare come vuoto, un luogo simbolico che nessun individuo o gruppo sociale può occupare una volta per tutte. Questa formula, forse un po’ paradossale specie pensando al momento che stiamo vivendo, sta in effetti a significare che il potere non appartiene a nessuno, che esso non è nella disponibilità di nessuno di noi e che il primo compito di chi rappresenta le istituzioni è proprio quello di impedire la pietrificazione dei rapporti sociali. Di sostenere la società aperta contro la società chiusa, come sosteneva Karl Popper.

Ma vorrei tentare di aggiungere qualche altra considerazione sul significato che il principio di laicità può ancora assumere. In primo luogo a proposito della laicità come imparzialità, come neutralità degli apparati pubblici rispetto alle diverse posizioni ideologiche. Invero l’imparzialità esprime un concetto persino ovvio in un sistema democratico dove è impensabile – credo ne fossimo convinti tutti fino a ieri – che le istituzioni in cui si esprime tutta la comunità possano agire in favore di un  determinato soggetto o contro e che dunque si impone ad esse un modo di essere non parziale nel senso di non arbitrario. L’imparzialità è un principio che si fonde con quello di legalità, con il rispetto delle decisioni che abbiamo preso insieme, le regole condivise, e che sono le sole che consentono il confronto delle idee. E’ vero che l’imparzialità assoluta non esiste, così come non esiste un pensiero totalmente neutro, che non è possibile realizzare il bene ma semmai solo il giusto, cioè quello che diventa in un certo momento storico il punto di equilibrio tra le varie esigenze sociali. Con quel realismo che sempre gli intellettuali dovrebbero cercare si può concludere che l’imparzialità non condanna le istituzioni alla indifferenza o – peggio ancora - all’impotenza. Credo che l’imparzialità possa collegarsi al senso di autonomia, indichi la possibilità di una politica autonoma delle istituzioni, la quale deve trarre forza dalle idee che circolano nella società ed insieme deve prescinderne.

La seconda considerazione a proposito dei profili del principio di laicità è sul rapporto tra laicità e pluralismo, tra laicità e integrazione. Il pluralismo è concetto contiguo a quello di laicità, come si deduce anche dalla sentenza della Corte. Ma il pluralismo non è sempre buono. E’ fenomeno ambiguo come tante altre cose della nostra vita. E’ un elemento decisivo della trasformazione sociale ma può costituire un serio problema se si svolge fra gruppi che vogliono rimanere sempre uguali a se stessi in nome di una diversità da custodire gelosamente a tutti i costi. Il terzo millennio si è aperto di fronte a noi con questo grande, immenso, spettacolo multiculturale, con la scoperta di mondi così distanti, con le richieste di riconoscimento, con la rivendicazione sempre maggiore di spazi di libertà, con la stessa individualizzazione della nostra esistenza, che è prospettiva affascinante ma insieme anche preoccupante. Il pluralismo può essere solo una componente del progresso civile che deve tuttavia svilupparsi anche attraverso il momento altrettanto necessario della sintesi culturale e sociale. L’integrazione è l’unica condizione per un avanzamento politico, sociale e culturale. Il problema è chi decide che, di chi governa il processo e dei modi della integrazione, ma anche questo - come sempre – riconduce pari pari al dialogo tra Alice e Humpty Dumpty.

C’è poi un altro profilo - decisivo - della laicità, quello più concreto, che è legato alla dimensione sociale dello Stato, alla sua disponibilità a sostenere tutti i bisogni socialmente rilevanti – come ha sottolineato la Corte - e quindi ad intervenire anche in favore delle esigenze religiose. Quale strategia ha scelto l’ordinamento per procedere? Quale prospettiva scegliere per la laicità? Quella di tipo rigidamente separatista, della irrilevanza istituzionale di ogni fenomeno religioso, quella di insistere sulla riduzione della religione a fatto privato? (fare come se Dio non ci fosse, suggerisce Rusconi riprendendo Bonhoeffer); oppure di imboccare più coerentemente e consapevolmente la strada della possibilità che anche interessi religiosi divengano - al pari di altri - interessi pubblici, generali, della loro collocazione tra tutti quelli socialmente significativi e del loro trattamento uguale? Ricordo che nel primo caso siamo obbligati a separare, appunto, a distinguere tra un fatto religioso e un altro che religioso non appare, tra attività che sono religiose e altre che lo sembrano soltanto, che è operazione difficile, per non dire impossibile, e contraddittoria assai. L’esempio più chiaro di questo problema lo fornisce la recente legge sul finanziamento pubblico degli oratori, approvata alla Camera nel luglio scorso, dove lo Stato riconosce e promuove la funzione educativa e sociale svolta dagli oratori parrocchiali - in quanto tali - nel loro ruolo di soggetto sociale ed educativo della comunità locale (lo dice l’art. 1). Bisogna ricordare che la nozione di oratorio, secondo il codice diritto canonico, è quella di luogo destinato allo svolgimento di funzioni di culto, complementare rispetto alla chiesa, che appartiene ad un collegio, un ospedale, un carcere, o ad una fabbrica (cann. 1223-1229). Non mi meraviglio che la prima reazione verso provvedimenti del genere possa essere di rifiuto come è stata istintivamente la mia (lì per lì non è bastato a convincermi nemmeno il ricordo della celebre canzone di Celentano “Azzurro”: sembra quand’ero all’oratorio/ con tanto sole tanti anni fa/ quella domenica ero solo/ in un cortile a passeggiar./ Ora mi annoio più di allora/ neanche un prete per chiacchierar). A pensarci bene mi pare che la scelta più giusta debba essere però quella di impedire le separazioni, i privilegi, di eliminare i trattamenti speciali, e con ciò di non escludere la possibilità di sostenere pure attività specificatamente religiose (senza porsi il problema di tracciare confini) se questo avviene dentro un quadro di promozione verso ogni fenomeno che svolge un ruolo sociale e in un regime di condizioni e di limiti che devono valere uguali per tutti. Insomma, prevedendo - compatibilmente con le risorse disponibili e gli altri interessi in campo - una azione di sostegno pubblico rivolta a una pluralità di soggetti che comprenda anche quelli religiosi e non sia solo per loro o, peggio ancora, solo per la Chiesa cattolica, come poi per lo più avviene. Non so se siamo d’accordo su questo ma è un punto decisivo su cui richiamo la vostra attenzione. Giudicarlo in un modo o nell’altro non è indifferente.

Collegato a questo punto è il rapporto fra laicità e laicismo, parole troppo spesso usate come sinonimi ma che hanno, invece significati profondamente diversi. A parte le sue versioni caricaturali, si usa definire per laicista un atteggiamento di rifiuto, di principio più che attivo, della religione. Alla sua base ideologica sta il razionalismo inteso in senso assoluto, immagine speculare della fede intesa in senso assoluto. L’unica fonte e l’unico metro della verità è la ragione umana. Il laicismo, generalmente ateo o tutt’al più agnostico, professa l’autonomia totale dell’uomo e della società umana dalla religione che alimenta solo regresso. Il laicismo è contrario ad ogni intervento della Chiesa e della gerarchia ecclesiastica negli affari pubblici, pretende di confinare la Chiesa alle materie di competenza come se una società matura e democratica non fosse capace di sfuggire al suo ascendente, pretende di ridurre la Chiesa ad occuparsi solo di fatti strettamente religiosi che poi non si sa in cosa consistono, che non sono mai soltanto religiosi e non possono (e spesso proprio noi diciamo che non devono) esserlo. Diceva – secondo me, molto giustamente - qualche tempo fa Michele Serra in uno dei suoi gustosi interventi quotidiani su La Repubblica che il nostro paese smetterà davvero di essere clericale il giorno in cui un pronunciamento del Papa passerà inosservato fuori della Chiesa.

La religione è insomma un problema di preti: i falsi sacerdoti dell’eterno solidarizzano, sotto sotto, con i gigioni della negazione, di cui hanno bisogno per recitare la loro parte di custodi del positivo, ha scritto un magistrale Claudio Magris. Questo giocare di rimessa è una caratteristica congenita del laicismo. Ogni tanto ci vuole una ingerenza vaticana così ci ricordiamo di esistere, dice un personaggio di Altan in una delle sue tante azzeccate vignette.

E’ vero che la questione della laicità viene giustamente e anche storicamente identificata nella contrapposizione tra clericali e anticlericali, ma oramai i tempi che viviamo richiedono un approccio e una strategia diversi (che è poi quello che le cdb hanno sempre avuto). Chi ancora si professa ateo, o marxista, e ha bisogno di un cristiano per completare la serie delle rappresentanze sul proscenio culturale, non mi cerchi, io non sono che un uomo, ripeteva Ernesto Balducci: da questa ricomposizione bisogna ripartire. Ma davvero ci sono valori religiosi e valori laici? ha chiesto Bobbio nella lettera in cui nega il suo appoggio ad un documento di qualche anno fa, intitolato “Manifesto laico”. Penso anch’io che l’unico modo per ritrovare veramente un nesso comune, un senso alla nostra esistenza, sia quello di concepire tutte le sue dimensioni, ogni suo dualismo (scienza e fede, anima e corpo, bene e male, vivo e morto, giorno e notte, uomo e donna, e chi più ne ha più ne metta), come naturalmente intrinseci alla contraddittoria condizione umana. Nulla si può separare della nostra vita. Ogni cosa deve essere rivisitata criticamente, insieme e con pazienza, senza lasciare buchi neri perché quando meno te lo aspetti essi possono ringoiare tutto. E’ necessario non solo politicamente ma anche per se stessi manifestare interesse verso i problemi di un mondo da cui poi più o meno tutti proveniamo, non abbandonarli unicamente agli “specialisti”, è necessario non limitarsi al lamento solo quando da quel mondo viene qualcosa che non va. Bisogna cercare i modi per suscitare finalmente una grande riflessione collettiva che sostenga idee, proposte di cambiamento nella Chiesa e indichi i percorsi possibili della laicità nello Stato.

Concludendo queste mie considerazioni mi rendo conto che forse può sembrare di comodo il mio frequente rinvio al brano di Alice e all’incombere inesorabile del problema del potere, ma da parte mia è solo scelta di realismo e di onestà intellettuale. Credo di poter dire che l’imperativo funzionale delle tecniche, sempre più frammentate e sofisticate, che l’imperativo funzionale di tutte le tecniche compresa quella del diritto e forse soprattutto quella del diritto, sia quella di offrire e approfondire una particolare conoscenza del nostro mondo ma anche di sbiadire, di tendere a far scomparire le questioni vere che stanno sullo sfondo e all’origine. E’ invece opportuno ogni tanto rendersi conto che il diritto non è altro che politica e laicità un principio cui si può attribuire un contenuto variabile. Tutti i principi giuridici corrispondono a valori politici e se non ci convincono bisogna solo attrezzarci a cambiarli.

Luciano Zannotti, Firenze 10 ottobre 2002