Fulvio  Fania

Comunità di base a convegno

Liberazione 10 dicembre 2006

 

Dalle realtà storiche del “dissenso” ai giovani che le scoprono oggi attraverso Internet

Cristiani in un “orizzonte di laicità”

Aperta da un confronto tra il filosofo Giorello e la teologa Perroni, l’assemblea approverà oggi due mozioni, una sul caso Welby, l’altra sulle unioni civili

Enzo Mazzi (Isolotto): «Le traformazioni provocano angoscia. Ci sono strategie che fanno leva sulla paura. Da questo punto di vista Bush e il Papa sono alleati»

 

Don Pierino Manfredi è l’unico vestito da prete tra i trecento delle comunità cristiane di base riuniti come ogni anno a convegno da tutta Italia. Ha resistito a molte intemperie fin da quando si pronunciò a favore della legge sul divorzio, insieme alla piccola comunità Mater Dei di Palma Campania in provincia di Napoli. In trent’anni nella sua diocesi, quella di Nola, sono passati tre vescovi ma Piero Manfredi è rimasto sempre al suo posto di parroco anche se sarebbe vano chiedergli di celebrare una prima comunione con il corteo dei parenti e la bimba in abito bianco. «Chissà - osserva ironico - forse mi hanno lasciato per non creare un caso». Alle sue messe accorrono i parrocchiani, «anche più numerosi che da altre parti», ma la sua omelia domenicale viene discussa nella riunione del venerdì proprio dalla comunità di base. Molti di quei testi sono stati raccolti in un volume intitolato ”Omelie per i piccoli”. Spulciamo a caso tra le pagine. Al giorno dei santi la predica comincia così: «diciamo subito che l’unico santo è Dio» e questo nel bel mezzo di quella fabbrica dei santi e dei beati che era invece così cara a Wojtyla.

Quando si parla delle comunità di base, della romana San Paolo con Giovanni Franzoni oppure della fiorentina Isolotto con Enzo Mazzi, si rischia di pensare solo al passato, tornando al dissenso cattolico degli anni Settanta, all’ostinata volontà da parte di alcuni sacerdoti, religiosi e molti laici di sviluppare le innovazioni del Concilio sopportando le sospensioni a divinis che fioccavano dalle curie.

E invece qui a Frascati, nel Centro Giovanni XXIII, ad appassionarsi sul tema prescelto per l’assemblea di quest’anno, ”orizzonti di laicità”, c’è anche una tavolata di giovani. Alcuni frequentano la loro comunità di base da quando erano bambini, portati là dai genitori, ma c’è anche chi, come Beppe, ha scoperto questa realtà attraverso Internet e soltanto dopo ha incontrato un piccolo gruppo nella sua Bologna. Claudia, 19 anni, e Daniele, 21, dicono che la comunità «aiuta a riflettere» benché  personalmente non si sentano credenti in Dio. Ma anche per tutti gli altri la divisione netta tra chi crede e chi no risulta fastidiosa e fuorviante. «Siamo tutti in ricerca», ci spiega Marco, «la comunità ci aiuta a trovare una nostra strada», aggiunge Giovanni di Formia.

La loro idea di chiesa non potrebbe essere più distante da quella ratzingeriana. La laicità, per loro, non è  solo un affare delle istituzioni civili, dello Stato, della società. E’ invece il modo stesso di essere cristiani. Quattro di loro sono stati anche scout e dunque hanno girato per le parrocchie ma - sottolineano tutti - «laicità significa guardare in modo critico anche ai dogmi della religione e a quanto ci viene dalla stessa Scrittura». E’ perfino superfluo a questo punto chiedere un’opinione sui Pacs o su altri temi caldi: «L’etica della Chiesa non corrisponde a quella dei credenti», ci rispondono, e «non ci sono valori assoluti» ma solo proposte per il confronto tra differenze. «Anche l’eucaristia - precisa Marco - per noi è comunione e condivisione».

Il convegno si è aperto venerdì con un dialogo tra il filosofo Giulio Giorello, la teologa Marinella Perroni, il ”cristiano-sociale” Giorgio Tonini e Monica Lanfranco, direttore di ”Marea”. «Dove va la Chiesa italiana?», hanno chiesto ai relatori. Domanda impegnativa, soprattutto per la presidente delle teologhe italiane, da sempre impegnate sul delicato crinale di una scrupolosa sollecitazione critica interna alla chiesa.

Cinque i gruppi di lavoro: la comunità di Pinerolo guida la discussione su ”pratiche di laicità nelle comunità di base”; quella di Oregina (Genova) conduce invece la riflessione sulla ”cittadinanza simbolica”. «I diversi simboli religiosi - sostiene Peppino Coscione -  purché non siano imposti né ostentati, possono diventare nell’agorà pubblica degli strumenti di interazione tra culture. Bisogna infatti andare oltre l’integrazione, contaminarsi, non chiudersi entro identità rigide».

Stamattina il convegno approverà anche due ordini del giorno: uno sull’eutanasia di Welby e l’altro a favore delle unioni civili.

Enzo Mazzi, fondatore dell’Isolotto, prova a descriverci la ”filosofia” delle comunità. Non vanno a caccia di proseliti, non hanno mai voluto trasformarsi in piccole chiese ”permanenti” o costruire propri campanili. E non per ragioni organizzative.

«La nostra impostazione di vita - spiega -, come comunità e come singoli senza alcuna scissione, è basata proprio sul senso del limite; non abbiamo l’obiettivo di rendere eterne le comunità. Ma questo senso del limite, della provvisorietà è appunto l’essenza della laicità. Al contrario, la violenza e la cultura della competizione si basano su una pretesa di onnipotenza e di eternalizzare ciò che facciamo». «Il senso del limite è il modo per desacralizzare». «Dunque - osserva Mazzi - se le comunità continuano a esistere è perché hanno qualcosa da dire per l’oggi».

Come mai - domandiamo - la laicità è diventata un tema così centrale nello scontro culturale e politico?

«Il problema di fondo - ci risponde Mazzi - è che le trasformazioni biologiche, sociali e di potere, sono immense e provocano un’angoscia diffusa. Ci sono strategie politiche che strumentalizzano questa paura, terrorizzando la società. Da questo punto di vista - accusa senza perifrasi - Bush e Ratzinger sono alleati».

E poco cambia se poi il Papa aggiunge che la religione deve portare speranza. L’animatore dell’Isolotto non rientra tra quei cattolici critici che, come il teologo Hans Kung, continuano a sperare in buone sorprese da parte di Benedetto XVI.

«Ratzinger sarà sempre Ratzinger», conclude.

Don Pierino ha invece una sua teoria: un papa non potrebbe comunque cambiare la chiesa, un vescovo potrebbe fare qualcosa di più e un prete a maggior ragione. Ma la vera partita possono giocarla soltanto i laici, dalla base.