30° INCONTRO NAZIONALE DELLE COMUNITA’ CRISTIANE DI BASE

"ORIZZONTI DI LAICITA' - PRATICHE NELLE CDB E NELLA SOCIETA'"

 

     Frascati 8-10 dicembre 2006

 


  

 CHIESA E STATO IN SPAGNA:

FAMIGLIA, RELIGIONE NELLA SCUOLA E  FINANZIAMENTI

 

di JUAN JOSE’ TAMAYO (*)

 

Spagna: Stato non confessionale?

         Dal 1978 ad oggi ci sono stati in Spagna cambiamenti importanti e progressi significativi nelle relazioni tra Chiesa e Stato e nella confessionalità di quest’ultimo. La Costituzione spagnola al suo articolo 16.3 afferma che “nessuna religione ha carattere statale”. Progressi importanti ci sono stati nella separazione tra Stato e Chiesa, tra la Chiesa cattolica e i pubblici poteri. Il parlamento ha approvato leggi che hanno ampliato e applicato principi di uguaglianza e di libertà, ha approvato leggi che hanno dovuto fare i conti con la opposizione della gerarchia cattolica e delle organizzazioni confessionali vincolate alla destra spagnola: leggi sul divorzio, sull’aborto,  legge sul matrimonio tra omosessuali, legislazione delle pillole  RU  e del giorno dopo.

         Ma in Spagna non viviamo in uno Stato non confessionale, e meno ancora laico. Si è prodotta la transizione politica dalla dittatura alla democrazia,  senza problemi particolari, sebbene con importanti limitazioni. Si è creata ugualmente in modo ragionevole la transizione territoriale, passando dallo Stato centralizzato allo Stato  delle nazionalità, sebbene con problemi in alcune regioni autonome. Ma non si è prodotta con lo stesso rigore e intensità la transizione religiosa. Sono stati fatti alcuni passi verso questa, ma ancora rimangono importanti resti di nazional-cattolicesimo. La Costituzione privilegia la Chiesa cattolica quando si riferisce ad essa esplicitamente nello stesso articolo prima citato: “I poteri pubblici terranno conto delle fedi della società spagnola e manterranno le conseguenti relazioni di cooperazione con la Chiesa Cattolica e le altre confessioni”.

Tra le cause di questa situazione è opportuno citarne due. La prima, le resistenze della Chiesa Cattolica: è contraria allo stato laico, non accetta il clima di secolarizzazione, accusa il governo di fondamentalismo e laicismo; richiama l’attenzione sul crescere delle tendenze laiciste, con l’appoggio del potere politico; si sente scomoda nella democrazia. La seconda le contraddizioni dei successivi governi di centro, di destra o di sinistra, che per ragioni elettorali o di opportunità politica hanno continuato a mantenere i privilegi alla Chiesa Cattolica.

Vengo ad analizzare tre campi nei quali sono esplicite le resistenze della Chiesa cattolica in alcuni casi e le contraddizioni del governo in altri: la concezione patriarcale e omofoba della gerarchia ecclesiastica sulla famiglia, l’insegnamento della religione e il finanziamento economico.

 

Concezione omofoba della famiglia

         La gerarchia ecclesiastica e i movimenti cattolici conservatori hanno usato il tema della famiglia e del matrimonio come bandiera della identità cattolica in Spagna e come espressione della concezione patriarcale e omofoba del matrimonio. Questa strategia è stata usata per contrastare la profonda crisi del cattolicesimo istituzionale e per screditare il cattolicesimo nella società: la Chiesa Cattolica è l’istituzione meno stimata dai cittadini spagnoli e spagnole, secondo le ultime inchieste del Centro di Ricerche Sociali, della Fondazione Santa Maria e di altri collettivi sociologici;  solo il 3% dei giovani considera che la Chiesa cattolica è importante nel loro progetto di vita. A questo bisogna aggiungere la disaffezione dei cattolici veri e propri verso gli orientamenti dei vescovi riguardo alle questioni relative alla sessualità, la coppia, l’origine e il termine della vita (aborto, riproduzione assistita, eutanasia) e alle opzioni politiche.

         Il matrimonio e la famiglia sono diventate pure la trincea dell’opposizione e un elemento di confronto con il governo socialista, che viene accusato di “fondamentalismo laicista” e di distruggere la famiglia. Numerosi sono stati i documenti del magistero ecclesiastico vaticano e spagnolo in questa materia, sempre con toni di condanna ed anche d’insulto contro l’omosessualità e contro le coppie gay e lesbiche. L’atto più visibile di rifiuto alla politica del governo in questa materia è stata la manifestazione del 18 giugno del 2005, organizzata da gruppi cattolici difensori della famiglia tradizionale e appoggiata dalla CEE. Vi parteciparono – fatto insolito nella storia della Chiesa spagnola – 20 vescovi, facendo causa comune con i leader del Partito Popolare. I vescovi, tuttavia, non parteciparono alle manifestazioni contro la guerra nel 2003 e neppure alle manifestazioni contro la povertà.

         La visita del papa Benedetto XVI a Valencia per la chiusura del V Incontro Internazionale delle Famiglie, organizzato da settori dell’Opus Dei, dal cardinale Lòpez Trujillo e dal Partito Popolare, a margine del governo, è stato programmata come una specie di gigantesca messa in scena della manovra con la quale il Vaticano e la gerarchia ecclesiastica spagnola stanno incalzando l’Esecutivo e il Legislativo dall’inizio del suo mandato cioè da due anni e mezzo.

         L’idea centrale che il papa ha trasmesso durante la sua visita in modo reiterativo fu quella della famiglia basata sul matrimonio indissolubile tra uomo e donna, come uno dei maggiori servizi che si possono dare al bene comune e al vero sviluppo dell’”uomo” (linguaggio non inclusivo) e delle società. Per questo modello di famiglia chiese l’appoggio e l’aiuto ai poteri politici dal momento che si tratta, a suo giudizio, dell’unico valido e del più conforme allo spirito cristiano. Secondo me, il suddetto modello è una costruzione ideologica al servizio del patriarcato e della discriminazione di genere che non appartiene al nucleo fondamentale del cristianesimo il cui fondamento è la comunità paritaria di uomini e donne e non la famiglia. Le idee di Benedetto XVI sono state riprese dal presidente della Conferenza Episcopale Spagnola (CEE) nel suo discorso alla recente Assemblea plenaria della CEE, nella quale qualificò il matrimonio indissolubile tra uomo e donna come “patrimonio dell’umanità”.

         L’impianto del papa e dei vescovi esclude altre forme di famiglia, come la monoparentale, i matrimoni omosessuali, le coppie di fatto, riconosciute dalle leggi spagnole con uguale legittimità della famiglia tradizionale. Questa impostazione escludente s’inscrive nella tendenza a negare il pluralismo e ad accusare di relativismo le impostazioni e le forme di vita che non coincidono con la loro. Come si può imporre un unico modello di famiglia in mezzo al pluralismo culturale e associativo che ha sempre caratterizzato l’umanità? Anche all’interno del cristianesimo si vive una pluralità di forme di famiglie ed un ampio pluralismo ideologico su questo tema.

         Le recenti leggi sul matrimonio approvate dal Parlamento spagnolo, sede della sovranità popolare, non attentano all’integrità della famiglia; anzi al contrario, l’appoggiano e la rinforzano. Quello che fanno è ampliare l’orizzonte dei diritti umani, difendere la libertà, l’uguaglianza ed eliminare gli ostacoli che obbligavano alcune persone a vivere in coppia in modo clandestino e con vergogna.

         Ho qui gli argomenti e le strategie della gerarchia cattolica contro il matrimonio omosessuale:

1.      Concezione dualistica della sessualità

2.      Appello alla legge naturale

3.      Petizione ai parlamentari affinché votino contro la legge dei matrimoni omosessuali

4.      Fondamentalismo biblico: lettura letterale dei testi biblici sul tema, senza ermeneutica. Occupare ogni spazio, rifiuto di un’etica laica.

5.      Richiamo ai cittadini a manifestare contro il governo per le strade

6.      La gerarchia si è autocostituita l’autorità morale in questa materia

 

In verità, i vescovi non rappresentano tutta la Chiesa cattolica, all’interno della quale c’è un ampio pluralismo.

 

Insegnamento della religione confessionale

Quattro accordi regolano l’insegnamento della religione nella scuola: l’Accordo con la Santa Sede del 1979 che è un trattato internazionale, e gli Accordi con le Comunità Islamiche, con la Chiesa Evangelica e con la Comunità Ebraica del 1992, che sono un trattati nazionali.

         L’Accordo del 1979 stabilisce l’obbligo della religione come materia principale in tutti i gradi della scuola, la libera scelta di frequentarla da parte dei genitori degli alunni o di essi stessi, ed affida l’approvazione dei libri di testo, così come la nomina e la scelta dei professori di religione ai vescovi.

         La situazione attuale è la seguente: offerta obbligatoria della religione confessionale valutabile e computabile nella pratica  scolastica; chi non vuole seguire la lezione di religione confessionale può scegliere in alternativa: “storia e cultura della religione”; i professori sono nominati dai vescovi e destituiti da essi se considerano che la loro vita privata non si accorda con gli orientamenti ecclesiastici (per esempio se sono divorziati, iscritti a sindacati che non sono graditi alla gerarchia, se non compiono il precetto della domenica, ecc.); i professori di religione sono pagati dallo Stato, come tutti gli altri professori e professoresse.

         I vescovi e le associazioni cattoliche dei padri e delle madri degli alunni hanno criticato severamente la nuova materia d’insegnamento del curriculum scolastico “Educazione per la cittadinanza e diritti umani”, argomentando che è una materia ideologica e che attraverso quella si va ad imporre una concezione politica  e morale del governo socialista a tutti gli alunni spagnoli. Appoggiano, per questo, l’obiezione di coscienza fra gli alunni che non vogliono frequentarla.

         Le religioni ebraica, evangelica e mussulmana possono essere insegnate se ci sono sufficienti alunni/e, minimo 10 persone. Già ci sono, sebbene in numero scarso, lezioni di Islam che si basano su di un testo per l’insegnamento primario intitolato: “Scoprire l’Islam”, finanziato dallo Stato.

         L’attuale metodo d’insegnamento scolastico della religione rivela la permanenza di residui di confessionalità in una istituzione laica come la scuola e privilegi per la Chiesa cattolica. Lontano dal fomentare il dialogo interreligioso, esso contribuisce alla divisione tra gli alunni per motivi di fede.

         La scuola non è il luogo adeguato per insegnare a credere, qualunque siano le fedi, ma bensì per insegnare la storia delle religioni come parte importante della storia  delle culture, per analizzare il significato e la funzionalità delle fedi nelle differenti società e nel mondo attuale. L’unica forma di presenza della religione nella scuola è pertanto lo studio del fatto religioso nelle sue varie manifestazioni dalla sociologia, alla filosofia, alla storia delle religioni come parte fondamentale della storia della cultura, del pensiero, dell’arte e dei saperi in genere. Uno studio scientifico, critico, mai apologetico e confessionale.

 

5. Finanziamento della Chiesa cattolica: segno di minore età

         Altro ostacolo per la creazione di uno Stato laico in Spagna, è il finanziamento della Chiesa cattolica. Nel settembre del 2006 i dirigenti ecclesiastici e il governo si accordarono per un aumento del finanziamento dello Stato alla Chiesa cattolica dal 0,52 % al 0,7% nella Dichiarazione dei Redditi. Questo incremento è accolto  con carattere definitivo, dai Bilanci Preventivi Generali dello Stato per il 2007, con l’appoggio del PSOE e di altri gruppi di sinistra e dei nazionalisti. Ciò costituisce una contraddizione. Nella recente assemblea plenaria della Conferenza Episcopale Spagnola, il suo presidente Monsignor Blàzquez ha espresso la naturale soddisfazione per l’incremento del finanziamento alla Chiesa cattolica. Si tratta di un favore politico di speciale rilevanza dal momento che consolida una situazione di privilegio per la Chiesa cattolica e sanziona la costante e pervicace discriminazione che soffrono le altre religioni.

         Ciò che per primo richiama l’attenzione è il fatto stesso dell’accordo, che è in contraddizione con le reiterate dichiarazioni della vicepresidente e di altri membri del governo favorevoli a che la Chiesa riceva sempre minori appoggi economici dallo Stato e che tenda all’autofinanziamento con i soldi dei fedeli, contemplato come obiettivo degli Accordi con la Santa Sede nel 1979. E non solo questo non è avvenuto, ma bensì c’è stato un incremento dallo 0,52% al 0,7%  nella assegnazione tributaria, che, secondo i calcoli di alcuni esperti ecclesiastici, permetterebbe di riscuotere alla Chiesa cattolica nel 2007 trentun milioni  di euro in più di quelli che ha ricevuto nel 2006.

         Si  vuol far credere che l’accordo sanzioni un modello di autofinanziamento della Chiesa cattolica da parte dei suoi fedeli, quando questo non è vero. Coloro che fanno la croce sulla casella della Chiesa cattolica non è che pagano più tasse di quelli che non la segnano. Ciò che somiglia di più all’autofinanziamento è il modello tedesco, dove i cattolici e gli evangelici arrivano a pagare il 9% in più delle loro tasse per il sostentamento delle loro rispettive chiese, quantità di cui sono esenti coloro che non si dichiarano credenti di entrambe le religioni. Nel modello spagnolo, i salari dei sacerdoti e dei vescovi e il culto li pagano tutti gli spagnoli, che siano cattolici o no. Siamo pertanto molto lontani dall’autofinanziamento.

         L’accordo è stato presentato come un successo per il governo e per la Chiesa cattolica, quando in realtà  costituisce, a mio giudizio, una retrocessione e un fallimento, tanto che per arrivare a questo sia il PSOE che la Chiesa cattolica hanno dovuto rinunciare a principi fondamentali dei loro ideali e dei loro rispettivi programmi di attuazione. Il PSOE rinuncia alla costruzione di uno Stato laico. Con questo accordo lo Stato è più confessionale cattolico di prima, il che si scontra con l’affermazione costituzionale “Nessuna religione avrà carattere statale” e con l’ideologia laica del PSOE. La Chiesa cattolica va contro i principi evangelici della gratuità e dell’incompatibilità del servire due padroni, Dio e il denaro.

         Questo accordo discrimina le altre religioni, specie quelle di antica tradizione  come il giudaismo, l’islam e le chiese evangeliche, ma anche a quelle che non sono considerate tali. Né le une né le altre hanno una casella da barrare nelle dichiarazioni dei redditi per i dichiaranti che desiderino destinare lo 0,7% delle loro imposte. Ciò è contrario al principio di uguaglianza riconosciuto nella Costituzione e ciò dimostra che anche tra le religioni ci sono diverse classi e categorie: prima la Chiesa cattolica, che riceve appoggi economici ogni volta più significativi; in secondo luogo quelle chiese che contano su qualche appoggio economico per le proprie attività culturali – non per il culto o per il clero-; in terzo luogo quelle che non sono considerate di antica tradizione note radici nè hanno la capacità di firmare accordi con lo Stato. L’offesa nella comparazione fra le 3 categorie non potrebbe essere maggiore!

         La Stato diventa l’esattore per la Chiesa cattolica e questa un destinatario passivo del raccolto senza alcuno sforzo. Uno Stato che si dedica a raccogliere fondi per la sopravvivenza, la riproduzione ideologica e il mantenimento istituzionale di una religione, ha ben poco di laico e lascia molto a desiderare come Stato Sociale di Diritto. Una religione che reclama appoggi economici dallo Stato per sopravvivere lascia molto a desiderare come forza spirituale e referente etico della società. Le relazioni tra Stato e Chiesa cattolica si muovono oggi in Spagna sul terreno puramente di mercato. E questo costituisce una pericolosa deviazione dei fini e delle funzioni di ciascuna delle due istituzioni.

Il finanziamento dello Stato genera dipendenza e protezionismo ed è segno di infantilismo. Al contrario, l’autofinanziamento è prova inequivocabile di indipendenza, libertà e credibilità tra i fedeli. Con l’attuale modello di finanziamento, Chiesa e Stato si ipotecano e in un tempo in cui gli interessi crescono come è oggi, già si sa chi pagherà l’ipoteca: lo Stato.

Partendo dai progressi prodotti negli ultimi trent’anni in Spagna nei rapporti tra Stato e Chiesa in Spagna, credo che siamo tuttavia lontani da quel principio che, rivoltosi a Papa Pio IX, difendeva Cavour nei suoi celebri discorsi del 25 e 27 marzo 1861 sulla questione romana: “Una Chiesa libera in un libero Stato”. Il criterio imperante oggi in Spagna è invece “Una Chiesa dipendente in uno Stato sottomesso alle pressioni della Chiesa cattolica”.

 

Secolarizzazione e pluralismo religioso, fatti più salienti della società spagnola

         Due sono i fatti più importanti della società spagnola dal punto di vista delle fedi. Uno il rapido avanzare della secolarizzazione attraverso le sue diverse manifestazioni: ateismo, agnosticismo, indifferenza religiosa. Qui intendo per secolarizzazione l’emancipazione delle differenti sfere della vita personale, sociale e politica dalla tutela religiosa. La Spagna oggi, secondo me, è il paese più secolarizzato di tutta l’Europa. Inoltre c’è il fenomeno del pluralismo religioso. In pochi anni siamo passati dall’essere un paese di un’unica religione, al pluralismo religioso, dall’universo cattolico mosaico di religioni.

Infine, il trattato privilegiato con la Chiesa cattolica da un punto di vista economico, educativo e culturale, non rispetta l’attuale pluralismo religioso. Peggio ancora, costituisce un paragone peggiorativo e una discriminazione per le altre religioni.

 

Proposte per uno Stato laico che rispetti le secolarizzazioni della società e il pluralismo religioso

         Nel suo eccellente libro: “Spagna: dalla tolleranza al laicismo”, il deputato Victorino Mayoral fa tre proposte che condivido pienamente. La prima consiste nella revisione degli Accordi con la Santa Sede del 1979, che tengono legati mani e piedi al Governo, a tutti i governi, siano di destra che di centro o di sinistra. Egualmente bisogna rivedere gli Accordi del 1992 firmati  con le Comunità Islamiche, con la Chiesa Evangelica e con le Comunità Ebraiche. La seconda è la elaborazione di una nuova Legge Organica della Libertà di Coscienza e Religiosa, che sostituisca  quella del 1980, superata dai profondi cambiamenti socio-religiosi prodotti nei ventisei anni trascorsi da quando fu approvata in Parlamento. La terza è l’elaborazione di uno Statuto della Laicità nella sfera nazionale, regionale e municipale.

Io ne aggiungo una quarta. Le relazioni tra Stato e Chiesa cattolica e con le altre religioni debbono muoversi nel terreno sociale ed etico, e non nel puro mercantilismo. Oggi il meglio delle religioni si trova nei movimenti critici coinvolti con i settori dell’emarginazione, nelle ONG sorte da ambienti religiosi e nei loro programmi di solidarietà con il Terzo e Quarto Mondo. L’etica, dice Zygmunt Bauman, vive sottomessa all’assedio del mercato e non le è facile superare questo assedio a causa del neoliberalismo che applicano anche governi di sinistra.  Nelle religioni ci sono proposte umanitarie e di emancipazione che possono contribuire a liberare l’etica da questo assedio e che devono essere attivate politicamente.  E’ in questi campi che devono collaborare le religioni e lo Stato per la costruzione di una società interculturale e interreligiosa senza discriminazioni per  ragioni di fede.

          Le religioni non possono rimanere rinchiuse nella sfera del privato, nell’ambito della coscienza e nel campo puramente culturale. Tutte hanno tradizioni di emancipazione. Hanno da assumersi la responsabilità sul piano etico e sociale, ma anche politico, ma non attraverso nuove alleanze con il potere e meno ancora costituendo esse stesse un potere, ma esercitando la critica al potere, compromettendosi nei processi di emancipazione  e appoggiando i movimenti di liberazione, in modo particolare i movimenti sociali e di globalizzazione alternativa. Solo così possono contribuire alla proposta dei Forum Sociali Mondiali di “Un altro mondo è possibile”.

Lo Stato laico costituisce il marchio politico e giuridico più adeguato per la difesa della libertà di coscienza, della libertà religiosa, della neutralità dello Stato in materia religiosa e del principio di uguaglianza.

grazie

 

 

(*)  Direttore della Cattedra di Teologia e Scienze delle religioni “Ignacio Ellacuria”

Università Carlos III di Madrid