Peppino Coscione

Testimoni dell'impotenza della croce

Adista n.45/2007

 

Fuoritempio: Anno C 1 luglio 2007 XIII Domenica del Tempo Ordinario 1Re 19,16.19-21 Sal 15 Gal 5,1.13-18 Lc 9,51-62

 

Ma Giacomo e Giovanni, prima di chiedere a Gesù di far piovere il fuoco sul villaggio dei samaritani, se lo sono chiesti perché non hanno trovato l’ospitalità desiderata?

Edmond Jabès ha scritto: “Se ti si nega l’ospitalità, fai in modo che il rifiuto sia attribuito a te. Così darai agli altri una lezione magistrale di saggezza”.

Saggezza che non dimostrano di aver ancora raggiunto Giacomo e Giovanni, che pure erano discepoli di Gesù, figlio di Myriam e profeta laico della Sophia, terapeuta itinerante e annunciante la priorità del regno di Dio su ogni altro vincolo o convenzione sociale e politica.Vi sono codici che fanno seguire al rimprovero fatto da Gesù agli scan-dalizzati e furiosi discepoli la frase: “Non sapete di che spirito siete”.

Da quale spirito infatti sono animati questi discepoli che ancora non hanno compreso il senso della missione di Gesù che cammina con faccia risoluta verso Gerusalemme, cioè verso quella che ai poteri politico-religiosi apparirà come una definitiva sconfitta di un miscredente sovversivo?

Giacomo e Giovanni vogliono un Gesù messia taumaturgico, combat-tente che usa “ferro e fuoco” nei confronti di coloro che non accettano il loro messaggio, vendicativo nei confron-ti di donne e uomini che non sotto-stanno ai loro principi e ai loro valori, soprattutto se, come i samaritani, sono ritenute persone appartenenti ad una razza impura.

È la storia amara e tragica di generazioni cristiane formate all’idea che il vangelo non si presenta come una proposta, povera di potere mondano ma ricca dello spirito di Dio, che scende soave nei cuori e nelle menti disposte a mettere in gioco la loro esistenza, educate all’idea che il vangelo lo si deve imporre con tutti i mezzi, con la forza del potere economico, politico, legislativo, praticamente con la violenza sui corpi e sulle menti delle persone.“Non sapete di che spirito siete”, è la parola che oggi richiama noi a vivere con autenticità l’avventura della sequela di Gesù nella società plurale attuale, a viverla nello spirito di Dio che non ha recinti teologici, ecclesiastici, culturali, ma che si manifesta là dove c’è la persona disponibile all’incontro dell’Altro nelle altre persone, perché come afferma anche Jaspers: “La verità è la manifestazione dell’altro che ci viene incontro”.

Perciò ho trovato sempre di grande nutrimento spirituale quanto viene espresso da Shantideva, monaco buddista indiano, nella guida al modo di vivere del Bodhisattva:

“Possa io divenire in ogni momento, ora e sempre, un protettore di quanti sono senza protezione, una guida per coloro che hanno perso la via, una nave per quanti devono solcare gli oceani, un ponte per coloro che devono attra-versare i fiumi, un santuario per quanti sono in pericolo, un lampada per chi ha bisogno di luce, un luogo di rifugio per quanti hanno bisogno di riparo, un servo di quanti sono nella necessità. Per tutta la durata dello spazio, per il tempo che gli esseri viventi rimangono, sino ad allora, possa anch’io restare e sconfiggere le miserie del mondo”.

Possiamo vivere la sequela di Gesù senza una spiritualità che ci mantiene lo spirito libero dal peso della violenza, dell’orgoglio, dell’ambizione, della ricchezza, senza una spiritualità che ci confermi un cuore pronto alla giustizia nella misericordia e alla misericordia nella giustizia?

Che testimonianza diamo quando incapaci di ascoltare, di saper leggere anche il rifiuto e la non accettazione del messaggio da parte delle altre persone, ricorriamo a strategie di esclusione, di emarginazione se non di condanna?Anche oggi, dove “banalità” e “stupidità” vanno spesso a braccetto e si diffonde il “contagio mimetico” per cui tante persone aderiscono a logiche, istituzioni e comportamenti che instaurano un’idolatria della potenza e della violenza, siamo chiamati ad essere testimoni dell’impotenza della croce.         

 

* Ordinato prete nel ‘68 nella diocesi di Aversa, licenza in teologia, laurea in filosofia, escluso da ogni incarico pastorale pubblico perché ritenuto prete sovversivo. Dal ‘72 al ‘79, presbitero e coordinatore nella Comunità del Carmine di Conversano (Bari). Negli anni ‘71-‘73, brevi esperienze di lavoro in fabbrica (Germania) ed in campagna (Puglia). Dal ‘73 al 2006, docente di filosofia in un liceo statale di Genova. Dal ‘75 al ‘79 capogruppo consiliare Pci nel consiglio comunale di Conversano. Nel 2001, ha partecipato come rappresentante della comunità cristiana di base alla Rete “controg8". Dal 2002, è presidente del Comitato “Piazza Carlo Giuliani Onlus”.