Alzando la voce si fa leale servizio

 

di Giovanni Franzoni

 

Meglio astenersi dalle previsioni sul nuovo papa e impegnarsi sul campo affinché i problemi non siano nascosti

 

Post factum, lauda, dicevano gli antichi. Dopo che una cosa è successa, non resta che lodare. E questo è quanto avviene in Italia, in Europa e, con maggiore

moderazione, nel resto del mondo dopo l’elezione a  papa del cardinal Ratzinger.

Non mi sembra il momento di discutere ampiamente e di fare previsioni sul futuro del pontificato di Benedetto decimosesto. Credo sia puro vaniloquio.

Sarà un conservatore barricato nella difesa dei principi che hanno tenuto bloccata la dottrina sulla morale sessuale cattolica, così lontana dai comportamenti delle masse che si dicono cattoliche e persino dello stesso clero? Oppure consentirà che si apra il dibattito sui contesti e sulle situazioni in cui la persona o la collettività si trovano per consentire alla coscienza di prendere una decisione eticamente motivata? Morale dei principi o morale della situazione?

E per quanto riguarda il rapporto del singolo credente con la società politica, il cattolico o la cattolica saranno diretti nuovamente da indicazioni autoritarie e vincolanti o saranno liberi di cercare una propria collocazione politica in base alle proprie informazioni e ai principi etici condivisi con i laici e coerenti con la fede nel Vangelo di Gesù?

Sarà consentito alle cattoliche ed ai cattolici di trarre ispirazione e stimolo da altre fonti, laiche o religiose, per uscire dall’aridità spirituale in cui si muove l’uomo moderno o bisogna ancora chiudersi nella certezza che il cattolico possiede la verità assoluta e non ha bisogno di confrontarsi con altro?

Tutti questi interrogativi, ed altri ancora, non trovano risposta guardando alla figura del cardinal Ratzinger nei suoi comportamenti prima dell’elezione, perché chi ha grosse responsabilità ed ha il fiuto dell’animale politico non sta tanto ai suoi precedenti convincimenti quanto alle pulsioni che gli vengono dalla realtà sociale in cui si muove o dalle contingenze storiche.

Meglio dunque astenersi da previsioni e impegnarsi invece sul campo perché quanto si muove nella Chiesa cattolica, fra le coscienze vigili e coraggiose, non mimetizzi i problemi, ma li presenti in tutta la loro urgenza. Alzando la testa e la voce non si fa sterile contestazione, ma leale servizio.

Diceva una volta don Milani: «Poveri vescovi! Sempre circondati da adulatori e baciamano, nessuno che abbia il coraggio di contraddirli e stimolarli al servizio». Fra l’altro, seguitando a vivere e ad agire con prudenza, coraggio e consapevolezza, anche senza approvazione ufficiale, si guadagna tempo. Se l’approvazione verrà sarà un guadagno per tutti, rimorchiati o rimorchiatori, se l’approvazione non verrà si dovrà, una volta ancora, constatarne l’irrilevanza dell’autorità ecclesiastica e si dovrà procedere nella ricerca di fede e di linguaggio solo a livello di base.

Una parola va spesa nei confronti della stampa e dell’opinione pubblica laica. Dando una sovraesposizione all’elezione del papa si conferma implicitamente quanto non viene accettato dalle altre Chiese cristiane, ortodosse o protestanti, cioè che il papa di Roma sia una sorta di capo della cristianità. Certo Roma, perlomeno dopo i primi secoli, ha avuto questa pretesa ed ha trasformato quello che era un “primato nell’amore” in un potere giurisdizionale planetario, ma questo non è accettabile dalle Chiese “sorelle”. Ridimensionare il papato è fare anche un servizio al papa, “vescovo di Roma”.

Su questo la stampa laica dovrebbe aiutare i cattolici e lo stesso papa. Riempire pagine e pagine su dettagli inutili e gonfiare l’importanza dell’evento aumenterà forse la tiratura dei giornali o l’ascolto degli audiovisivi, ma toglie spazio a notizie più importanti e fa un cattivo servizio ai credenti.