Filippo Gentiloni

Nel vicolo delle verità assolute

Da il manifesto 2 ottobre 2005

 

È sempre più chiaro che il grande avversario del cattolicesimo di oggi è il relativismo. Lo si sapeva da tempo, ma la voce di Ratzinger, prima e dopo la nomina pontificia, lo ha confermato con decisione. Un avversario non nuovo ma certamente non facile da combattere. Era - è stato - più facile combattere l'ateismo comunista. I motivi della difficoltà sono molteplici. Il terreno della battaglia, prima di tutto: un terreno scivoloso, una disputa in difesa della verità assoluta che costringe il cattolicesimo su un terreno più filosofico che teologico, un terreno sul quale la dottrina cattolica non si trova a proprio agio. Si trova, fra l'altro, a condividere la battaglia con alleati pericolosi, che rischiano di sospingerla su baluardi ambigui, verso schieramenti lontani e dalla cultura moderna e dall'evangelo.

Basti pensare al contrario del relativismo, l'assolutismo. Una pericolosa tentazione. E' vero che la dottrina cattolica sostiene l'assoluto: ma il Dio assoluto della fede abita altrove, non trova casa fra le vicende di questo mondo, sempre in movimento. Non trova casa nelle strade della nostra storia.

Il cristianesimo ha sempre camminato oscillando fra due binari, quello del relativo e quello dell'assoluto. Se abbandona il primo per procedere soltanto sul secondo, rischia la perdita di contatti preziosi e, al contrario, di incappare in freni deleteri. Un cristianesimo che si abbarbica su una verità assoluta da difendere a tutti i costi (sul matrimonio, ad esempio) come può dialogare seriamente con chi sostiene verità diverse e forse contrarie? Non a caso il dialogo con le altre religioni appare fermo, sterile, ripetitivo. Lo stesso si deve dire del dialogo fra le varie confessioni cristiane.

Ma la battaglia contro il relativismo allontana anche il pensiero cattolico dal pensiero moderno più felice e fecondo. Non è vero che questo comporti l'eguaglianza fra la verità e l'errore, né che tutte le posizioni si equivalgano. Fa spazio, però, alla interpretazione e al movimento: è un pensiero in cammino, verso una verità oggi più piena di ieri, senza una stazione di arrivo definitivo.

Non è facile per il Vaticano combattere a spada tratta il relativismo e insieme promuovere il dialogo: una posizione che rischia sia la contraddizione che l'ipocrisia.

La lotta al relativismo comporta anche altre difficoltà, fra cui un triste giro di alleanze a dir poco indesiderabili. Basti pensare a tutto il mondo dei cosiddetti «neocons», ben disposti a schierarsi a favore di un cattolicesimo integrista se non addirittura integralista, alleato con i potenti e i ricchi di questo mondo. Meno male che Benedetto XVI ha ricevuto Hans Küng dopo aver ricevuto Oriana Fallaci.

E speriamo che il Vaticano non si adagi sulla difesa di una verità assoluta, ma cerchi di difendere quella verità di cui già parlava l'apostolo Paolo scrivendo ai cristiani di Efeso (4,15), una verità «da fare nella carità». Un bel programma, né relativista né assolutista.