Filippo Gentiloni 

Le gerarchie sognano il centro

il manifesto 2 aprile 2006

 

A una settimana dalla scadenza elettorale è logico che il «divino» faccia spazio ad alcuni interrogativi sul mondo cattolico e il voto. Il voto cattolico esiste ancora? Dove si dirigono le benedizioni vaticane? Come si spiegano le genuflessioni dei politici dell' una e dell'altra parte?

Il nuovo protagonismo cattolico ha caratterizzato questa campagna elettorale, forse per l'onda lunga del referendum sulla procreazione assistita, vinto - stravinto - da Ruini. L'autorità cattolica si è così ripresa dalle altre sconfitte referendarie (divorzio e aborto) nonché dal tramonto della Democrazia Cristiana. Potrebbe essere un'occasione per riaffermare, con la benedizione del nuovo papa, una presenza forte. Nascite, matrimonio e famiglia i temi in agenda: temi cari, d'altronde, al popolo italiano.

Centrodestra, dunque, anche se la tesi ufficiale è quella dell'equidistanza. E anche se la gerarchia sa bene che una parte consistente dell'elettorato cattolico non la segue per quella strada. Parrocchie, associazioni, stampa: è difficile quantificare ma è evidente che le posizioni di Ruini non sono condivise all'unanimità. Lo dimostra l'impegno cattolico per il volontariato, la pace, gli immigrati, il terzo mondo. Se da una parte troviamo don Gelmini, dall'altra c'è don Ciotti, per citare solo due nomi fra i più significativi. E la contrapposizione non potrebbe essere più radicale. Nessuna delle posizioni, del resto, è cacciata fuori dalla porta del santuario.

Esiste ancora, dunque, un voto cattolico? La risposta è negativa. Esistono cattolici che votano, ma che prescindono sia dalle indicazioni etiche della gerarchia, sia dalle genuflessioni dei partiti. Votano come tutti, sulla base delle preferenze politiche, etiche, economiche, culturali. Un complesso del quale fa parte anche - ma in maniera certamente non maggioritaria né molto rilevante - la componente religiosa.

Se non esiste il voto cattolico, esiste - e come! - il voto della gerarchia. I palazzi sperano in un risultato che sia di destra, ma non sia schiacciante. Vorrebbero un nuovo largo centro che raccolga i voti più moderati sia della sinistra che della destra. Un centro erede della vecchia Democrazia cristiana e tale da non costringere la gerarchia a scelte politiche che la allontanino da una delle parti. Un centro all'insegna della moderazione. Ma che inevitabilmente sarebbe anche all'insegna della confusione.