Filippo Gentiloni

Giovanni Paolo II, un ricordo inquieto

il manifesto 4 aprile 2006

 

Un anno dopo la morte

Per un paio di giorni si è avuta l’impressione che Giovanni Paolo II fosse ritornato. Le folle in piazza San Pietro, la sua figura nei media su tutti i canali a tutte le ore, le immagini, i ricordi. Eppure si è trattato di un ritorno velato, un po’ triste. Non soltanto perché attraversato dalla morte, come ogni ricordo. Anche perché questo ritorno, al di là degli inni di gloria, aveva qualche cosa di particolare.

Forse per quel «santo subito!» che le folle avevano gridato allora: è passato un anno e quel «subito» non vale più. Il tempo è crudele nella sua corsa. Travolge, distrugge, delude. Quel 2 aprile di un solo anno fa oggi sembra lontano decenni. Il tempo delle commemorazioni, dei ricordi, dei «subito» è un passato remoto.

Anche se la piazza è la stessa ed è la stessa la finestra con quella figura bianca che benedice. E che fa di tutto per sottolineare la continuità e la presenza del suo predecessore.

Una preoccupazione, questa di Benedetto XVI, che ha qualche cosa di patetico. Gli sembra faticoso distaccarsi. Faticoso, ma necessario. E al prezzo di qualche forzatura, come se gli fosse difficile essere se stesso. Papa Wojtyla come un’ombra su quella finestra, con la famosa colomba che non voleva volare via e tornava continuamente indietro.

I commenti, d’altronde, dopo un anno sono ancora troppo vicini. Vicini e localizzati. Sulla vicinanza si pensi al tempo necessario per le valutazioni più tranquille e meno legate alle grida della piazza e alle trasmissioni tv. Il tempo, per fare un esempio, che ha esaltato, ma anche demitizzato, il pontificato di papa Giovanni.

Nel caso di Wojtyla, poi, è in gioco la forte e nazionalista cattolicità della Polonia. Sembra, infatti, che il primo anniversario della morte sia stato celebrato con grande solennità, oltre che a Roma, in Polonia. Ben poco altrove.

Altrove, infatti, è lo stesso pontificato romano ad essere in gioco. Anche nello stesso mondo cattolico, più che mai fra i cristiani non cattolici. Ogni esaltazione che ha Roma per luogo e per oggetto è, per così dire, a doppio taglio. Mentre si applaude, si dubita. Più si esalta più ci si allontana.

Lo stesso Wojtyla aveva dato il via ad un difficile processo di revisione del ruolo del papato romano. Una revisione necessaria se Roma vuole parlare con sincerità di ecumenismo. Una revisione che la esaltazione di questi giorni non porta avanti, ma rischia di bloccare.

Non sarà facile per Benedetto XVI conciliare la necessità di una radicale revisione del ruolo del pontificato romano con la esaltazione del suo predecessore. Una difficoltà che le celebrazioni di questi giorni hanno evidenziato. Comunque è forse significativo che non si è più gridato «Santo subito!».