Filippo Gentiloni

Supremazia del cristianesimo

il manifesto 11/06/2006

 

«Eclissi di Dio»: è l'espressione che Benedetto XVI ha usato qualche giorno fa per esprimere il suo pessimismo sulla situazione culturale, sociale, politica del mondo di oggi. Un pessimismo che i suoi interventi vanno chiarendo di giorno in giorno e che, ormai, a più di un anno dalla nomina, si può cercare di sintetizzare, sia nell'analisi , sia - soprattutto - nei rimedi.

Il mondo, dunque, va male proprio perché si è allontanato dai valori della religione. I valori che sono rappresentati in qualche modo da tutte le religioni, ma soprattutto in quella cristiana cattolica. L'ecumenismo, quindi, va sostenuto, ma fino a un certo punto. Gli entusiasmi ecumenici sembrano relegati al tempo di Giovanni Paolo II e delle preghiere interreligiose come quella famosa di Assisi. E la supremazia del cristianesimo cattolico deve essere affermata dove è possibile: lo dovrebbe essere anche in ambito europeo.

La supremazia del cristianesimo, infatti, si ancora in quel rapporto fra la ragione e la fede che per Ratzinger è fondamentale. Riprendendo una tradizione culturale antica, radicata nella Scolastica medioevale, il papa ripete che la fede cristiana si collega con la ragione e che questa, se bene intesa, porta alla fede. Un binomio fondamentale che la cultura moderna ha messo in discussione, ma che bisogna recuperare. Il magistero cattolico, infatti, detta legge non soltanto nell'ambito della fede, ma anche in quello della ragione. Se è così il papa parla non soltanto ai suoi fedeli, ma a tutti.

Ne segue la logica degli interventi oggi più delicati e discussi, proprio quelli sulla famiglia. Un tema che non riguarda soltanto i cattolici ma per il quale il papa pretende un magistero universale, proprio perché basato non su pagine del Vangelo ma su ragionamenti. Il famoso «diritto naturale» torna, così, in auge, nonostante i secoli e la cultura moderna, dal tempo delle scoperte geografiche e scientifiche che lo avevano messo in discussione. Il matrimonio predicato da Roma è dunque l'unico valido universalmente: è anche l'unico in grado di restituire a tutti gli uomini felicità e amore. Se questa è l'ottica ratzingeriana, è logico che il grande pericolo sia il relativismo. La negazione di un Dio unico, sovrano universale, si accompagna con le incertezze, con il pluralismo, con lo scetticismo. Questi i veri pericoli dai quali l'impegno del papa vuole salvare.

Un programma ambizioso che di settimana in settimana \prende le distanze da quelli che erano stati i pontificati precedenti. Non soltanto dall'atteggiamento di Giovanni XXIII, piuttosto contrario ai «profeti di sciagure», come era solito dire. Lontano anche Giovanni Paolo II, impegnato più a una «evangelizzazione» che a una «razionalizzazione» del messaggio cristiano. Differenze, comunque, che a tutt'oggi sono appena indicate ma che probabilmente si andranno accentuando con il passare del tempo. Come si andrà accentuando la distanza fra il pensiero di Benedetto XVI e la cultura contemporanea.