don Vitaliano Della Sala

Quelle firme dal “basso” contro la visita di Berlusconi in Vaticano

Liberazione 8 marzo 2006

 

Più democrazia per la Chiesa, prima che i suoi servitori...

 

Il 15 febbraio scorso, presso la sede della Comunità Cristiana di base di San Paolo a Roma è stato presentato il libro “Mai dire fine”, che raccoglie alcuni scritti di Martino Moranti, prete operaio cacciato dall’ordine francescano nel 1997 e morto nel 1999, profeta di una Chiesa-altra «fatta solo di fratelli e sorelle, non di vertici e base».

Il teologo Carlo Molari, intervenuto all’incontro, ha affermato che nella Chiesa cattolica già esistono «le strutture che dal vertice discendono verso la base, ancora non hanno spazio quelle che consentono di percorrere il cammino opposto: dal basso verso l’alto, verso il vertice».

La cronaca di questi giorni dimostra che, per fortuna, non è sempre vero quanto detto da Molari, anzi, anche se so che forse è una forzatura, mi piace sognare e sperare che sarà sempre vero il contrario e che una “Chiesa-altra” sia veramente possibile: una Chiesa cattolica nella quale i vertici si lasceranno sempre più subordinare evangelicamente dalla base, una Chiesa dove finalmente “i primi saranno ultimi” e viceversa. Sogni e utopie? Staremo a vedere!

Certo è che alcuni deboli segnali già ci sono, ultimo nel tempo è la lettera di don Paolo Farinella - correlata di oltre 6.500 firme di laici e preti cattolici - che, invitando il Papa a non ricevere in udienza Berlusconi a pochi giorni dalle elezioni, ha “costretto” il Vaticano a bloccare l’imbarazzante ospite.

La lettera del prete genovese è solo l’ultimo dei segnali di una voglia sempre più diffusa nella base cattolica di far sentire il proprio dissenso o solo di pretendere di partecipare alle decisioni importanti riservate esclusivamente alla gerarchia. Il sacro stop vaticano ad un’udienza già confermata, indica il peso che l’opinione pubblica cattolica può avere sui vertici, e di questo c’è solo da gioire, ringraziando i tanti che si sono impegnati per una Chiesa che, come diceva il compianto vescovo di Pax Christi don Tonino Bello “non si serva dei segni del potere, ma del potere dei segni”.

A partire dal contro-G8 di Genova, è emerso con evidenza un contrasto all’interno delle gerarchie e del mondo cattolico, un contrasto antico che già covava sotto la cenere, tra progressisti e conservatori/integralisti, tra chi si rifà al Concilio Vaticano II e chi vuole definitivamente affossarlo tra, ad esempio, Pax Christi e Comunione e Liberazione.

Contemporaneamente, la presenza nel Movimento del movimenti di tanti cattolici di base, ha

fatto prendere loro coscienza che non solo “un altro mondo”, ma appunto “una Chiesa-altra” deve essere possibile; e se si pretende di partecipare alle decisioni in ambito sociale e politico, si può pretenderlo anche in campo ecclesiale.

Si è scoperto allora che in tante chiese e comunità cattoliche locali – anche se con sempre maggiori difficoltà e repressioni - questo già avviene, come ad esempio in quelle dell’America Latina; e, in maniera silenziosa, quasi catacombale viste le ritorsioni e le punizioni da parte del Vaticano e degli episcopati, anche in Italia e in Europa molti, da anni, attraverso minuscole comunità, tengono viva la speranza di una Chiesa dal basso, di base.

Un vero e proprio “terremoto” ecclesiale, per fortuna incruento, provocò l’intervista rilasciata dall’allora cardinale Joseph Ratzinger a Marco Politi, apparsa su Repubblica il 16 gennaio dello scorso anno. Interrogato sulla proposta di un altro cardinale, Carlo Maria Martini, di convocare un nuovo Concilio, Ratzinger rilanciò con una controproposta: «Si dovrebbe cercare di individuare una rappresentanza di tutti i principali soggetti ecclesiali, ma senza creare strutture giuridiche. Iniziative di questo genere devono maturare gradualmente, magari a livello continentale o di Conferenze episcopali». A sorpresa, quindi, il cardinale tedesco si inseriva nel solco di quel movimento ecclesiale che chiede un rinnovamento della Chiesa; tutto questo sembrò strano a molti, visto che lo stesso, anche se era conosciuto per la sua partecipazione progressista al Concilio Vaticano II agli inizi degli anni ’60, divenuto poi Prefetto della Congregazione della Fede, aveva avuto una virata a destra ed era divenuto il fustigatore e l’inquisitore di vescovi, preti, suore, teologi, associazioni e media progressisti.

La parziale apertura riformatrice di Ratzinger arrivava in un momento in cui prendeva quota la sua candidatura come potenziale “papabile” nell’imminente Conclave. Erano, comunque, sconvolgenti alcune affermazioni “porporate” dell’intervista: «Una Chiesa di dimensioni mondiali, non può essere governata in modo monarchico» e «col tempo si troverà anche il modo di creare una profonda collaborazione tra i vescovi e il papa»; il cardinale pensava ai cattolici come ad una “minoranza creativa”. Dopo tante affermazioni “rivoluzionarie” di Ratzinger, Marco Politi si spingeva a dire che «è il papabile numero uno, capace di avviare a sorpresa la stagione di una Chiesa più democratica».

Rileggendo oggi quell’intervista, una domanda sorge spontanea: visto che, negli oltre 20 anni durante i quali il cardinale Ratzinger è stato a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, non ha nemmeno avviato quei cambiamenti da lui auspicati, potrebbe farlo senza problemi oggi che è Papa, iniziando quella “benedetta” (è proprio il caso di dirlo!) riforma della Chiesa che sognava più di un anno fa e durante il Concilio? Se prima, da cardinale, era impegnato a processare suore, preti, vescovi e teologi progressisti che la riforma della Chiesa hanno cercato di realizzare quotidianamente e concretamente, oggi, con la Grazia divina e l’assistenza particolare riservate dello Spirito Santo al Papa, “Servo dei servi di Dio”, Benedetto XVI potrebbe concedere maggiore democrazia alla Chiesa cattolica. Prima che quei “servi di Dio” di cui egli è “Servo” lo pretendano ad alta voce.

Papa Benedetto ha la possibilità di smentire nei fatti quanto affermava, non molto tempo fa, non un agitatore di folle, ma un altro cardinale, il domenicano Yves Congar: «E’ per me palese che Roma non ha mai cercato né cerca che una cosa sola: l’affermazione della sua autorità. Il resto non le interessa, se non come luogo di esercizio di questa autorità. Salvo un certo numero di casi, rappresentato da uomini di santità e di iniziativa, tutta la storia di Roma è rivendicazione e affermazione della sua autorità, e distruzione di tutto quello che non si conforma alla sottomissione».

Spero che lo stop papale a Berlusconi sia un ulteriore segnale, lanciato dai “vertici” alla “base” cattolica, che una “Chiesa-altra” è veramente possibile.L’utopia va praticata