Le Comunità di base devono "strutturarsi"?

Confronti, N° 3 - Marzo 2008

 

Tutti in cerchio, nessuno al centro

1 – Quale percorso vi ha portato a proporre alle comunità di base italiane una riflessione su quali servizi o “ministeri”, per usare una parola antica, possano essere utili o indispensabili per “fare comunità”?

 

Il percorso che ha fatto maturare la riflessione sui ministeri in comunità non è nato all’interno del gruppo donne, ma da alcune donne e alcuni uomini che frequentano i gruppi della cdb.

Le motivazioni, a nostro parere, sono soprattutto riferite alla condivisione di responsabilità, di scelte e di impegno, che veda coinvolto il maggior numero possibile di uomini e donne che si sentono parte della comunità stessa. Consapevolezza che è cresciuta negli anni, fino a farsi parola.

Pensiamo che al centro dell’esperienza comunitaria ci sia la ricerca di stare alla sequela di Gesù (lettura della Parola, celebrazione dell’Eucarestia e impegno coerente nelle nostre vite quotidiane) e che nessuno di noi vada posto al centro, ma ciascuno/a stia in cerchio con gli altri e le altre.

Nella comunità, ad esempio, ci sono sensibilità diverse su come viene vissuto il ruolo di Franco Barbero: c’è chi lo vive come presbitero della comunità, un ruolo non sostituibile se non in momenti di breve assenza; c’è invece chi lo vede come un fratello che ha una grande ricchezza personale, ma che, come ogni fratello o sorella della comunità, dà il suo contributo perché la comunità viva, ciascuno come può e come sa.

Ecco perchè, dopo alcuni scambi di idee e riflessioni, si è pensato di ampliare l’approfondimento per far circolare le idee ed arricchire il confronto all’interno della Cdb e poi, in seguito alla ricerca fatta nei gruppi ed avendo letto alcuni documenti di convegni e seminari nazionali di anni fa, in cui più volte è stato affrontato lo stesso tema, ci è sembrato importante allargare il confronto con altre Cdb.

 

2 – Le cdb, figlie del ’68, si sono sempre caratterizzate per un aperto spontaneismo ed una mancanza di strutture “forti” al loro interno; non pensate che parlare adesso di “ministeri”, funzioni, servizi, ruoli e di come esercitarli nelle comunità sia andare contro corrente rispetto a questa prassi consolidata?

Quando parliamo di ministeri, servizi ecc. non pensiamo ad una struttura rigida e con ruoli ben definiti, bensì alla necessità, secondo noi, di avere uomini e donne come punti di riferimento, che condividono in modo collettivo la costruzione di una esperienza comunitaria, che affrontano eventuali situazioni problematiche, che tengono i contatti verso l’esterno, cioè verso altre realtà di base, vicine o lontane...

Il fatto di volerne parlare non implica quindi che si senta il bisogno di strutturarsi con regole che tolgano lo spazio alla spontaneità, ma in questo modo si esprime il desiderio che ogni servizio, ogni impegno, ogni compito... non venga situato in una struttura gerarchica, determinando funzioni più importanti e altre meno, ma soprattutto che la comunità nel suo insieme di donne e uomini li riconosca come funzionali alla sua vita comune.

È proprio dal confronto su come è organizzata la comunità o da come la si vorrebbe, che le persone che la frequentano e la compongono possono crescere e sentirsi più partecipi, invece che solo fruitrici di un servizio.

 

3 - Rispetto ai compiti che vengono svolti nella vostra comunità, quale ruolo hanno le donne? Sono ancora presenti discriminazioni di funzioni rispetto agli uomini?

Da tempo nella nostra comunità c’è un riconoscimento per tutto quanto viene svolto dalle donne, senza che ci siano discriminazioni. Non vediamo niente che ci faccia percepire alcuna discriminazione da parte degli uomini, ma non si può limitare la questione ad atteggiamenti o situazioni che discriminano. A volte avvertiamo la resistenza ad affrontare alcuni argomenti più legati al percorso delle donne, e questo non solo da parte degli uomini, ma da parte delle stesse donne. Sappiamo anche che ogni esperienza è abitata da differenze e che i percorsi hanno dei tempi e dei modi individuali.

Rispetto ai ruoli, bisogna precisare che, se pur con ruoli diversi, sono molte le donne coinvolte in prima persona nella vita della cdb: sono animatrici di gruppi biblici, fanno parte del servizio di direzione, della redazione di Viottoli, ecc…

 

4 - Nel suo intervento introduttivo al seminario, Franco Barbero non ha riproposto il tema della struttura all’interno delle cdb ma ha invitato le comunità alla “provvisorietà” e ad aprirsi verso la intera “chiesa di base”. Cosa pensate di questo apparente “andar fuori tema” di Franco?

Condividiamo la proposta di Franco Barbero per quanto riguarda l’apertura verso la chiesa di base, ma non vorremmo che, concentrandoci verso gli altri, lasciassimo passare come meno importante la cura della comunità stessa.

Cerchiamo di spiegarci meglio. Avere l’attenzione a non chiudersi, a rapportarsi con altre realtà o gruppi o singole persone che cercano di vivere la loro fede con forte impegno, a costruire un mondo migliore, non solo è giusto, ma necessario e crediamo che questo già avvenga. Crediamo che una cosa non escluda l’altra.

Come è importante aprirsi verso l’esterno, altrettanto lo è verso il nostro interno. È importante riconoscere la specificità di ciascuna sorella e ciascun fratello, le diverse capacità che ciascuno/a ha. Proprio per questo è importante non dimenticare che non tutte/i vorranno o potranno fare le stesse cose, per diversi motivi, e quindi l’attenzione alla cura si rende necessaria per la crescita di ogni fratello e sorella perché si senta protagonista delle scelte che si fanno, perché la partecipazione attiva, lo studio e la ricerca comunitaria possono far acquisire maggiori strumenti, diversamente si potrebbe correre il rischio di creare delle dipendenze da certi ruoli…

Pensiamo la cdb come luogo di autoformazione e di formazione, attraverso l’autocoscienza e la ricerca collettiva, la pratica delle relazioni e del partire da sé, il riconoscimento e la valorizzazione delle differenze... Tutto della comunità dev’essere inclusivo, non solo il linguaggio che usiamo.

 

5 - Pensate che il seminario abbia contribuito a dare delle risposte agli interrogativi della vostra comunità e del vostro gruppo donne in particolare?

Non pensavamo che il seminario potesse dare delle risposte o fornire dei modelli, ma piuttosto che potesse portare altri contributi alla riflessione in corso, o che suggerisse altri stimoli ed altri punti di vista.

Crediamo che ripensare ai ruoli fissi che diventano facilmente personalismi, piuttosto che ad una circolarità ed interscambiabilità di certi servizi, possa aiutare tutti e non solo la nostra Cdb, ad acquisire una maggiore responsabilità, una corresponsabilità più adulta…

 

Maria Del Vento

Carla Galetto

 

(Intervista a cura di Stefano Toppi)


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