ELOGIO DEL SILENZIO E DEL VUOTO

 

Dopo l’elogio del nomadismomi appresto a fare l’elogio del silenzio, ripercorrendo alcuni percorsi spirituali.

C’è un tempo per parlare e uno per tacere, ci ricorda l’Ecclesiaste.

Cristo ha taciuto per trenta anni e non ha scritto nulla.

Comincerei dalla filosofa Maria Zambrano chenelle “ parole del ritorno” dopo 45 anni di esilio, distingue due poli del silenzio, uno negativo e uno positivo.

Nel polo negativo, la parolanon può sorgere trachi agisce e chi contempla, il silenzio sommerge l’azione, è inaccessibile, come la notte e il sogno, la morte transeunte.

Nel polo positivo, quello della veglia perfetta, il risveglio è un’azione che si compie pienamente, è uno stato dell’essere. La parola non è necessaria perché il soggetto è presente a sé e a chi lo percepisce.

E’ il silenzio diafano, la pura presenza necessaria.

E’ una presenza totale in cui il potere, il sapere e l’amore si fondanoe diventano inseparabili finché perdura questo stato detto di graziaeccezionale e transitoria.

Un’altra sollecitazione mi è venuta dal convegno nazionale delle donne

delle comunità di base, dal titolo intrigante “il divino :abitare il vuoto”. L’intenzione espressa dalle promotrici era quella riconfrontarsi sul divino, il divino come mancanza, come stimolo a dare senso alla vita e alla morte. C’è la morte e la malattia, la guerra, le violenze, la profondità dei dubbi di fronte alle certezze dogmatiche delle gerarchie maschili. C’è nel profondo di noi l’inconscio che ci richiama al ruolo materno di disponibilità con un utero vuoto, accogliente, e c’è la realtà della interruzione di gravidanza sempre dolorosa ma talvolta necessaria.

Se riscopriamo il divino a partire da noi e dalle relazioni con altre donne sappiamo che non è esperienza fine a sè stessama per diffondere una culturadella condivisione con tutti, uomini e donne di buona volontà.

Estata davvero illuminante la parola della pastora Elisabeth Geen che ha fatto l’elogio del VUOTO, e del SILENZIO.

Il vuoto è la pienezza dell’assenza, è abitare il divino a prescindere dalle immagini. Si può usare la metafora della conchiglia comecontenitore diverso ma la finalità è abitare il divino che è nel vuoto.

Le chiese, tutte le chiese stanno esercitando il monopolio delle immaginie difendono le loro impalcature di potere. Dio, Cristo, abbatte i confini e abita ai margini. Cristo, come ricordato nella Lettera ai Filippesi, si svuotae annuncia un nuovo mondo senza gerarchie in cui tuttisono uguali.

Gesù è la chenosis del patriarcato: enuncia un vuoto esistenziale, il silenzio, un vuoto come stile di vita da abitare.

Cristo ha detto: dai ai poveri tutto ciò che hai, sciogliti da ogni legame, trova nel deserto uno stato mentale vuoto, sospesotra la promessa e l’adempimento.

Occorre andare liberi, leggeri, fiduciosi nel mondo. Occorre liberarsi da tutto col silenzio.

Non avere nulla, non sapere nulla, non volere nulla.

Il divino e il vuoto si confondono, nella fiducia, nella pace, nella libertà, nell’amore, nel coraggio. Il vuoto va ricercato e abitato come Cristosi svuotò della sua divinità.

Il buddismo e lo zen ci hanno insegnato a liberarci dall’attaccamento ai beni, dalla iperattività, dal pensiero troppo concettuale, dalle parole e a fare esperienza del vuoto, a liberarci dalla vacuità dei dualismi.

C’è un potere rivoluzionario nel silenzio ma occorre scenderedalle impalcature chechiudono il vuoto.

C’è una molteplicità di strategie, tutte legittime. Occorre accettare le diversità senza competizioni e senza scomunicarsi a vicenda. Occorre ritrovareil senso del limitee la leggerezza, liberarsi dall’eccesso di cure e anche dall’eccesso di amore, dalla competizione che porta a perfezionare le impalcature. Occorre resistere alle impalcature, stare nel vuoto ricominciando dal desiderio, riscoprire l’abbraccio, la carezza, l’ascolto.

Secondo il filosofo Carlo Sini (Il gioco del silenzio) ci sono tante forme di silenzi. Silenzi sapienti e silenzi ignari, silenzi sublimi e silenzi insignificanti, voci e ore silenzioseche si annunciano come passidi colomba e portano tempeste.

Il silenzio più assordante è il silenzio di Dio: non c’è nulla di più rumoroso. L’assenza della sua parola crea un vuoto che per moltiè insostenibile. Sicché ne parlanoe argomentano di continuo immaginando innumerevoli ragioni e fantasiosi motivi. Alcuni gli prestano addirittura le proprie parole pretendendo che siano le Sue. Secondo Sini l’esorbitante riserbo di Dio avrebbe come scopo la salvaguardia della nostra libertà e quindi in fondo della dignità della nostra umana natura. Il suo silenzio è condizione e motivo di tutte lenostre considerazioni circa la bontà dei principi, i discorsi sul bene e il male, lagiustizia e l’ingiustizia, i premi e i castighi, l’al di qua e l’al di là.

Il silenzio di Dio è il prezzo della nostra libertà.

Al Papa che si chiedeperché Dio non ha parlatocontro la Shoa, bisognerebbe chiedere contonon del silenzio di Dio ma del silenzio dei cattolici tedeschi e della Chiesaai tempi dello sterminio degli ebrei.

Nel “Silenzio di Dio” Ramon Panikkar ci ricorda la risposta del Budda:

il silenzio.

... perchè il silenzio sia risposta

una richiesta silente lo deve precedere.

Ma ogni richiesta silente

Custodisce nel silenzio la stessa domanda.

E se non domanda

Allora non c’è risposta:

c’è uno sguardo

un sorriso

è amore,

è perdono

tutto

nulla

no

l’assenza …

Come dice il poeta Ricardo Molina

“ e se nella stessa domanda

si nascondesse la risposta?

E se il silenzio divino

Fosse celeste acquiescenza?

E se l’interrogare

Fossela nostra salvezza?”

 

Marta Ghezzi

Pavia 9 giugno 2006